Nani in giardino, effigie del neocapitalismo o cultura rétro?
Nel nostro immaginario collettivo nani e gnomi hanno sempre affascinato quel panorama di mistero e fantasia che sin dall’infanzia accompagna il nostro vissuto, abituati alla loro presenza costante scaturita dalle fiabe e dalle favole narrate nel corso di tutti i tempi. E da sempre essi accompagnano le scenografie più disparate dei nostri giardini, piccoli o grandi che siano, a volte addirittura trovano spazio negli appartamenti adombrati al di là di una voluminosa tenda o a ritroso di un vaso imponente, ma abituati a distogliere l’attenzione dei curiosi che di tanto in tanto si imbattono in questi minuscoli corpuscoli di terracotta lavorati a regola d’arte riproducenti le vere fattezze corporee di codesti esseri fantastici che, secondo il folclore, vivono nel mondo accanto a noi, ma costantemente celati alla vista dell’uomo. Un fenomeno di massa o semplice delizia della fantasia? Considerati una forma kitsch negli anni Cinquanta, i nani da giardino hanno attecchito in tutte le case di coloro che abbiano amato almeno per una volta le figure nerborute, deformi, aggraziate o grottesche di questi piccoli esseri fantasiosi, spesso partoriti dalla mente di abili scrittori e narratori di racconti favolistici e fiabeschi, già esistenti in epoca ellenica e poi romana, oltrepassando le credenze celtiche e germaniche fino a cimentarsi con il bizzarro periodo medievale per approdare nel Rinascimento, varcando finalmente la soglia del Ventesimo secolo con l’avvento della rinascita.
Lo stesso Goethe collezionava nel suo amabile giardino minuscole statuette di nani, gnomi e folletti dei quali amava esibirne le fattezze. Le prime produzioni industriali in terracotta provengono dalla Turingia intorno al 1880, di realizzazione artigianale e prive di quelle forme tipicamente disneyane di cui tutti conoscono i connotati.
In epoca moderna si assiste alla produzione in plastica o altri materiali a basso costo, ma di migliore durevolezza, che consentono uno sviluppo sistematico delle produzioni, specie durante gli ani 50’ e 60’ considerati un elemento kitsch da introdurre nel proprio giardino. In seguito si riscontra il fenomeno di rivalsa dai livelli di una cultura prevalentemente medio-bassa ad un livello culturale di maggiore rilevanza, approdando nel mondo del cinema, del design e della musica, quali elementi propriamente di culto o di ispirazione. Lo stesso Philip Starck ne ha realizzato ammennicoli da esibire in casa come veri oggetti d’arredo.
Nel 1995 in Francia si diffonde addirittura il Fronte di Liberazione dei Nani da Giardino, un movimento associativo che si prefigge lo scopo di raccogliere tutti quei nani di gesso dispersi e rinchiusi nei parterres privati per disporli in piena libertà in spazi più aperti e quindi più conformi allo spirito di rappresentanza. Quindi non più piccole ed insignificanti statuine di gesso o terracotta, ma veri esseri animati adatti ad assolvere un compito ben preciso, quello di preservare e aiutare il naturale decorso della Natura.
Comunque sia, la figura emblematica del Nano da Giardino é un’immagine simbolica del nostro secolo, effigie inverosimile delle nostre antiche credenze nascosta a ritroso del nostro neocapitalismo incalzante che ci spinge verso nuovi bagliori della tecnologia e dell’evoluzione consumistica, ma che ugualmente ci pone dinnanzi a piccoli bagagli introspettivi che aiutano a porre dei legami incontrovertibili con il nostro passato e le tradizioni ad esso associate, come piccole anime votive tramandate da un credo fantastico a cui si é abituati sin dall’inizio dei tempi.
a cura di Marius Creati




















