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Sloughi, dono di Allah
E’ rapido come una freccia. Alla velocità della luce blocca la sua preda e attende con calma l’arrivo del suo padrone. E’ quest’ultimo che ucciderà il selvatico, perchè è così che vuole il Profeta. Anche il poeta arabo Abu Nuwas (757-815 d.C.) rese omaggio allo Sloughi dopo essere stato ospite di una tribù di Beduini, dove questi cani godevano di un trattamento di favore. Dieci secoli dopo, il generale di divisione francese Eugéne Dumas, direttore degli Affari dell’Algeria e console di Francia dal 1837 al 1839, a lato dell’emiro Abd-el-Kader, divenne testimone del ruolo tenuto da questi levrieri nella vita dei Beduini. “Nella tenda, lo Sloughi dorme vicino al suo padrone sotto una coperta che lo protegge dal freddo. Al collo, indossa collari preziosi e portafortuna“. Nelle tribù, questi animali ricevono i migliori alimenti disponibili e, se necessario, le donne allattano i cuccioli in difficoltà. Alla morte di uno Sloughi tutti piangono come se avessero perso uno dei loro famigliari. Un beduino era considerato un uomo ricco, di successo, quando possedeva tre cose: un falco potente, un cavallo nobile e uno Sloughi. Gli uomini attraversano il deserto a cavallo, i loro cani sistemati sulla sella e il falco appollaiato sul braccio. Un flebile fischio del cavaliere e il falco si invola alla ricerca dei una preda: gazzella, lepre, volpe del deserto. Dopo che il rapace individua il selvatico e lo abbatte con i suoi artigli giunge il momento di lasciare il cane. Quest’ultimo si lancia in una corsa irrefrenabile mentre il falco tenta di fermare il selvatico attaccandolo alla testa. Se il falco fallisce, il cane solo prosegue la sua corsa, anche per ore, sino a raggiungere ed abbattere la preda stremata. Con la sua anatomia, forgiata nel deserto, nessun animale di quei luoghi è più rapido e più perseverante di uno Sloughi. Mentre i cani, considerati come dei bastardi di strada, non hanno vita facile nei paesi islamici (se un credente ne tocca uno dovrà lavarsi le mani per sette volte ) gli Sloughi beneficiano di un aura particolare. Sono considerati degli animali puri e nobili: “Il levriero è un dono di Allah, è la nostra ricchezza, toccandolo ne siamo onorati“, dicono i beduini. La sua reputazione ovviamente è dovuta alle sue doti straordinarie di cacciatore, che permette ai beduini di mangiare carne malgrado le difficoltà di vita presenti nel deserto (oltre i 60° di giorno e 0° la notte). Ma il principale motivo della sua estrema popolarità è riferita alla sua leggenda, che si tramanda da secoli. Si dice infatti nel Corano che uno Sloughi, chiamato Kitmir, vegliò 309 anni il sonno dei sette martiri dormienti (Efeso). Per aver compiuto questo dovere, Maometto accordò al levriero di entrare nel Paradiso. “Ecco perchè lo Sloughi è considerato come il cane di Maometto“, concordano diversi allevatori marocchini. Ed ecco perchè in Africa del nord, lo Sloughi resta un cane difficile da acquistare. Tre Sloughi vivono a Palazzo con il re Mohammed VI e quando il sovrano dorme, i cani vegliano il suo sonno nell’anticamera e neppure le guardie del corpo possono a quel punto entrare, racconta un allevatore marocchino: ” Il contatto millenario con gli uomini ha sviluppato in loro il dono di poter leggere nel pensiero degli umani; si ha quasi l’impressione che questi cani sappiano quando qualcuno ha delle cattive intenzioni”.
Fonte: Sloughi Marocco
Sloughi, cronaca di una scomparsa annunciata
Ho tradotto questo articolo apparso il 2/06/2016 sul quotidiano economico L’Economiste, a firma di Yassine Jamali, agricoltore e veterinario, grande appassionato e il maggiore esperto di Sloughis in Marocco. Altri suoi articoli relativi allo Sloughi e al cavallo arabo sono presenti sul blog.
Meknès, maggio 2016. E’ il Salone Internazionale dell’agricoltura marocchina detto anche SIAM 2016, splendida vetrina dell’agricoltura marocchina, dove l’allevamento la fa da padrone. I numerosi visitatori si accalcano per ammirare i più bei rappresentanti di tutte le specie domestiche allevate in Marocco. tutte…fatta eccezione per due razze canine nazionali: lo Sloughi e il pastore dell’Atlas. E non è la prima volta. Successe nella penultima edizione del 2015 dove le due razze canine erano assenti pur essendo incontestabilmente parte integrante del patrimonio zootecnico e culturale del Marocco. Inoltre, i loro standard (descrizione delle caratteristiche della razza) e il loro Libro delle Origini, una sorta di stato civile, sono stati consegnati al Marocco dalla Federazione Cinologica Internazionale (FCI) e il nostro paese è quindi il nucleo ufficiale e il principale responsabile della preservazione e dello sviluppo dellle due razze canine nazionali. Per lo Sloughi, questa assenza deplorevole è l’esito di un inesorabile degrado della situazione, nel Maghreb e all’estero. La legge coloniale imposta dai francesi interdisse la caccia tradizionale con lo Sloughi ed è tutt’ora in vigora; cacciare con uno Sloughi è passibile di una pesante ammenda, oltre 10.000 Dh (ndr: circa 10.500 euro). L’assorbimento dello Sloughi meticciato con il galco spagnolo, tocca ancora oggi tutti i luoghi reputati allo Sloughi, dal Gharb al Souss-Massa. Gli Sloughis di pura razza sono nettamente inferiori come numero in Marocco rispetto ai galco e incroci galco!. Ad oggi stabilire un numero esatto di presenze di Sloughi in Marocco è difficile se non impossibile: i raduni regionali organizzati dal Club marocchino dello Sloughi sono cessati senza spiegazioni, cosa che permetteva di valutare la popolazione sul piano qualitativo e quantitativo oltre a permettere l’iscrizione dei soggetti più importanti nel Registro Iniziale Marocchino (ndr: RIM – equivalente del nostro LIR). Per gli allevatori era anche l’occasione di reperire soggetti promettenti per un futuro da stalloni o fattrici selezionate. I raduni sono la pietra angolare per la salvaguardia dello Sloughi. Per sopperire la mancanza dei raduni alcune associazioni locali si sono organizate e diversi “Moussem” sono nati raccogliendo, tra il 2009 e il 2014 a Meknès, a Chemmaia, a Sidi Mokhtar, a Ouled Dellim, oltre 100 esemplari per ogni singola manifestazione. Punto dolente: nessun giudice abilitato era presente. Ora, un raduno,se non è accompagnato da una iscrizione del giudice al RIM per i soggetti validi presenti è totalmete inutile dal punto di vista della preservazione della razza, qualunque sia l’impegno profuso dagli organizzatori.
Da notare che in Marocco esistono solo due giudici abilitati per gli sloughis (a titolo di comparazione in Francia sono undici). Nelle esposizioni all’estero, da molti anni, vengono presentati Sloughi con tacche bianche sul petto che sono accompagnate da unghie bianche, grave difetto ereditario che deve essere penalizzato. Molte polemiche su questo argomento si sono alzate in Europa, in primis in Francia, e le associazione e i club di razza si sono rivolte verso il paese che detiene lo standard, il Marocco, chiedendo un giudizio arbitrario. La questione resta in sospeso nell’attesa di una decisione finale e ufficiale del paese detentore dello standard. Alla fine del 2004, una carovana organizzata da una associazione per la salvaguardia dello Sloughi e alcune associazioni locali poterono iscrivere al RIM circa 130 Sloughis, su circa 1.000 soggetti presenti. Queste azioni dovrebbero essere ripetute regolarmente per catalogare e registrare gli ultimi soggetti presenti in purezza e arricchire la genealogia della razza. Tutte le esposizioni canine in Marocco dovrebbero cercare di migliorare la visibilità delle due razze nazionali ma in realtà lo Sloughi è rappresentato da una dozzina di soggetti ogni anno di cui la metà originaria dell’Europa. Eccezionalmete la carovana del 2015 ha visto la presenza di un centinaio di Sloughis, fatto che inspessisce la speranza per questa razza ma purtroppo l’edizione 2016 ha visto la presenza di solo 15 soggetti. Per affrontare questa problematica è necessario organizzare altre carovane ed esposizioni di razza, formare giudici preposti alla conferma alfine di aumentare le iscrizioni al RIM, sotto la responsabilità di almeno due giudici abilitati. Un altra prospettiva da offrire ai Club dello Sloughi o a tutte le altre strutture cinofile desiderose di operare per lo Sloughi è una riscrittura dello standard. La suaprima versione è datata 1938, redatta da alcuni cinofili francesi…lavorando per osservazione diretta dei soggetti da loro presentati (non sempre di pura razza)…nè praticando la caccia tradizionale e senza consultare l’immensa riserva umana di sapere empirico creata da millenni di pratica e di osservazione quotidiana dello Sloughi. Qualche correzione è stata apportata ma nessuna di questa ha integrato il sapere tradizionale. Inoltre si possono trovare notevoli divergenze tra lo standard moderno, ufficiale, e il suo equivalente tradizionale, ancestrale, orale.
Prima differenza: protuberanza occipitale esterna. E’ un bozzo sulla nuca che i cacciatori attendono lo sviluppo con impazienza. Lo standard ufficiale la descrive al contrario come cancellata, estinta. E’ generalmente sviluppata in alcuni razze canine come i bracchi, alcuni levrieri e sopratutto…i canidi selvaggi. Si tratta di un carattere anatomico arcaico, volutamente conservato dall’empirismo dei cacciatori, non senza ragione certamente.
Seconda differenza: la coda, chiamata “fouet”. I cacciatori tradizionali verificano la sua lunghezza e la portano tra le cosce per farla risalire verso le anche, dove deve oltrepassare o al più attestarsi. Inoltre, deve presentare sulla sua sommità un anello terminale chiamato tradizionalmete “sfenja” (bignet) o khatem (anello). Secondo lo standard moderno” è presente una curva accentuata”. Questo famoso “anello” terminale ha la sua ragione di esistere: rivela una forte tonicità dei legamenti della coda e di tutto il corpo, garanzia di solidità delle articolazioni.
Fonte: Sloughi Marocco
Sloughi, il deserto è la sua casa
Splendida razza di cani, antica e rara, nobile e gentile, che con fierezza estrema vive ancora oggi in condizioni disagiate, nel deserto, per fornire il sostentamento alle ancora numerose tribù di nomadi che si dedicano alla pastorizia, transumando durante i periodi di siccità, percorrendo migliaia di km. Questo superbo animale, il levriero arabo o Sloughi, è un cacciatore e un corridore estremo. La sua velocità calcolata supera gli 80 km all’ora ed è impressionantevederlo correre nel deserto rincorrendo piccole prede come conigli o le gazzelle. Lo sloughi ha una storia antica che parte dall’Asia e che arriva nel nord dell’Africa con l’invasione musulmana, la guerra santa! Si è affinato con il sole d’Oriente e il vento del deserto, questo levriero di suprema eleganza, questo atleta leggero, potente, è stato impiegato nei millenni per la guardia e la caccia, senza ombre di infedeltà e di rinniego. Questa razza canina è stata riconosciuto dalla FCI nel gruppo 10, sezione 3, Standard n.188 e il Paese che ne vanta i natali è il Marocco. Si presenta come il modello perfetto di galoppatore con una testa fine, ammirabile, con cranio globoso e ben fatto. Gli occhi dello Sloughi raccontano di terre lontane, di una melanconia tipicamente araba, di una vita vissuta di ricordi, di lontananze. All’apparenza puo’ sembrare un cane fragile, di cristallo. Niente di più scorretto, l’apparenza inganna. La sua muscolatura lunga, secca, piatta e data dal deserto natale che si è sbarazzato di tutte le masse inutili, ingombranti, creando nel contempo eleganza, rapidità, forza e coraggio. Caratterialmente è un cane equilibrato, calmo e riservatissimo con gli estranei, ma all’occorrenza si difende ferocemente da chi lo attacca. I suoi melanconici occhi diventano allora cattivi e la sua mascella feroce. Nelle tribù nomadi del deserto lo Sloughi è considerato uno di loro, senza remore o gerarchie: se esistono delle situazioni di pericolo per i cuccioli durante l’allattamento questi vengono nutriti dai seni delle donne fin tanto che potranno provvedere a loro stessi, in autonomia. La notte, lo Sloughi è accolto nelle tende con i suoi padroni per riposare dopo una giornata di duro e lungo lavoro, vicino agli umani che da secoli lo hanno allevato, capito, amato, accudito e ringraziato per l’enorme contributo che ha fornito, e continuerà a farlo, al loro sostentamento e alla loro difesa. L’emozione più grande per me è stata durante una delle mie notti nel deserto; la tenda montata e il fuoco che ardeva illuminava lo spazio circostante. Il profumo del thè alla menta offertomi dai nomadi si mescolava a quello degli incensi e le stelle enormi nel cielo mi toccavano. Al moi fianco due sloughi color sabbia mi guardavano, senza curiosità, certi della loro forte presenza al campo. Al momento del riposo, sulla mia brandina, si avvicinarono e si sdraiarono “proteggendomi” per tutta la notte. Si chiamavano Abdor e Njiama.
Fonte: Sloughi Marocco
Caftano, tra charme e seduzione
Se Adriana Karembeu è salita sui podi più alti indossando il caftano marocchino e Susan Sarandon lo ha indossato alla premiazione del Festival del Cinema di Marrakech, quest’ultimo ha influenzato non poco il mondo delle nuove tendenze che sposa una moda che arriva da lontano, la tradizione che impone le sue origini tramandandole da secoli. Il caftano marocchino unito alla fantasia di bravi stilisti, accorpa la fantasia e il capriccio, allaccia la magia allo charme tutto orientale e coniuga la seduzione ad ogni epoca. La tradizione flirta con l’uptodate, l’audacia si mixa al modernismo orientale, i tagli sposano i corpi, i ricami si uniscono ai tessuti e i colori creano miracoli prodigiosi. Le donne sono entusiaste, gli uomini attratti. Ilcaftano è una eredità di generazioni fieramente indossato in tutte le cerimonie marocchine; fidanzamenti, matrimoni o ancora battesimi, sono occasioni dove l’indumento esprime al massimo la sua eleganza e la sua bellezza. I differenti tagli poi sono fonte di una gioia immensa per i sarti e per chi indosserà il capo. Si può scegliere il “laaroussa“, sublime la “nfissa“, sotto lo sguardo attento e preciso della “Khayata“. È l’abito di base della donna marocchina che soddisfa appieno la femminilità che si è impadronità, oramai da decenni, delle donne del Paese. Dal tempo dei Romani, il caftano ha percorso un lungo cammino ed elesse domicilio inMarocco; è oramai parte integrante del Patrimonio Nazionale e conferma giorno dopo giorno la sua posizione di leader quando si parla di eleganza e di maestosità orientale. Gli stilisti non centellinano sull’immaginazione e la creatività quando si tratta di creare nuove tendenze, tagli particolari e tessuti. Tessuti che spaziano dal satin duchessa, passando per taffetas, shantung di seta, organza, sino ad arrivare a preziose tessiture in oro damascate. Anche per i ricami vi è l’imbarazzo della scelta; è un mestiere antico, che si va perdendo e che richiede maestria, colpo d’occhio e un gusto eccelso per i particolari anche minimi. Oggi è chiaro un ritorno alle antiche “broderie“, sovente con ramages di fiori che si chiamano “Jarda” (giardini), ricamate quasi sempre a livello del decolletté e che necessità di una enorme combinazione dicolori e di toni. Se il caftano marocchino colpisce di meraviglia chi lo osserva, la sua creazione non è cosi’ semplice come sembra. Dal taglio alla couture, passando per i ricami, questa ottava meraviglia del mondo esige arte e mestiere. Per fare tutto questo i sarti devono essere minuziosi e l’applicazione e la perfezione sono strumenti indispensabili. In effetti lo “Izar“ che avvolgeva il corpo con un piccola cintura al tempo dei Romani non ha più niente a che vedere con l’industria attuale della alta sartoria tradizionale marocchina. Per la creazione è indispensabile una buona mano d’opera ma la scelta del tessuto è quella che decide il modello e la vestibilità finale. Nellamedina di Marrakech si trovano ancora dei bambini che aiutano i loro genitori durante la fase del ricamo; questa pratica che dura da anni implica questi giovanissimi ad apprendere il mestiere e, con le loro piccole dita possono facilmente aprire matassedi seta che si ingarbugliano e incrociare i fili di colori con una facilità estrema. Voglio ricordare il grande stilista algerino YSL, che ha presentato in tutte le sue collezioni caftani spettacolari prendendo spunto dai colori e dalla vita di Marrakech, città dove viveva e dove trovava l’ispirazione per le sue collezioni. Anche da uomo negli ultimi tempi sono sorte numerose griffes che presentano modelli veramente spettacolari, per le calde serate europee e perché no per una festa da mille e una notte dal taglio glamour. I prezzi di un caftano variano dai 600 Euro ai 1.500, secondo lo stilista. Tutto dipende dalla lavorazione e ovviamente dai ricami. Alcuni ricami sono eseguiti con fili in oro e argento quindi il prezzo aumenta notevolmente. Sono prezzi alti ma si possono trovare anche delle varianti economiche cucite dai sarti della medina, con cura eccelsa, a prezzi che variano tra i 100 e i 200 euro, quindi tutti hanno la possibilità di regalarsi un capo importante, un piacevole ricordo del Paese, uno stile di vita unico che riflette una cultura fatta anche di dettagli, di piccoli particolari, di ore passate a ricamare minuscoli fili per il piacere di guardare e farsi guardare!
Fonte: My Amazighen
Marrakech, percorsi turistici in Medina
La promozione dei circuiti integrati all’artigianato nella medina di Marrakech; un progetto che ha l’ambizione di promuovere l’artigianato marocchino attraverso le molteplici sfumature storiche, patrimoniali e civili, riflette la ricchezza eccezionale dell’identità culturale marocchina. Lanciato nel 2012, il progetto è parte di un vasto programma finanziato dalla Millenium Challenge Corporation (MCC) gestista dall’Agenzia del Patnerariato per il progresso (APP) e sviluppata dal Ministero dell’Artigianato. Questo progetto consiste nella produzione e nella messa in opera di panneli orientativi, di informazione e di interpretazione dei percorsi di questi nuovi circuiti, oltre alla indicazioni delle attrazioni culturali integrate a quelle dell’artigianato. Il progetto adotta un approccio partecipativo sia per il concetto e la validità degli itinerari e la carta grafica della segnaletica in stretta collaborazione con la Direzione Generale dell’Artigianato, del Turismo, della Cultura e le autorità locali nell’intento di federare l’insieme dei partecipanti implicandoli nella concretizzazione di questo ambizioso progetto. In effetti, 5 percorsi turistici che includono l’artigianato sono stati creati su di un percorso totale di 23 Km, di cui 4 circuiti nella Medinaintra-muro di 11 km. Questi ultimi sono dedicati alle coorporazioni dei mestieri dell’artigianato e poggiano su diverse tematiche : ” Del Ferro e dell’Argilla” per la scoperta delle filiere dei vasai e del ferro forgiato, ”Sulla strada dei conciatori ” per la filiera del cuoio, ”L’arte del Legno”, ”Dei fili nell’ago ” per i mestieri di ricamo e del tessuto, e ”Mille e una porta” per il circuito dedicato alle mura. Sono circa 4.440 i punti vendita di oggetti, di articoli vari o di servizi di artigianato recensiti nella medina che beneficiano delle ricadute economiche dell’attività turistica generata da questi nuovi circuiti. Il progetto è costituito da 241 pannelli che sono stati installati nella città di Marrakech ripartiti come segue :
Segnalazioni direzionali : 186 pannelli d’orientamento indicanti l’itinerario dei circuiti turistici dell’Artigianato.
Segnalazioni esplicative e interpretative : 21 pannelli d’interpretazione del patrimonio storico e culturale in tre lingue ; francese, inglese e arabo.
Segnalazioni informative : 7 pannelli d’informazione installati ad ogni ingresso e uscita dei circuiti turistici.
La cerimonia di inaugurazione dei ”Circuiti Turistici integranti l’Artigianato” è avvenuta il 18 marzo prossimo, un occasione servita a presentare e comunicare su queste realizzazioni e i suoi obbiettivi, per arricchire l’offerta culturale e turistica della città di Marrakech. Infine una bella notizia arriva dai principali souks della medina che, è il caso di dire finalmente, sono stati vietati alle motociclette e alle biciclette, purtroppo non tutti ma per iniziare questa svolta di civiltà sono i tre souks principali.
Fonte: My Amazighen
Fès, sos concerie dei tanneurs
Malgrado i suoi dodici secoli di vita e il suo indiscutibile appeal turistico, i centinaia di operai che la fanno vivere dichiarano che la conceria tradizionale di Fès è in piena crisi economica grazie alla concorrenza di fabbriche moderne e alla concorrenza sleale dei paesi asiatici. Situata nella medina, clasisficata come Patrimonio Mondiale dall’Unesco, la conceria tradizionale di Fès, 4 ettari di storie umane e colori, conosciuta sotto il nome di Chouara, si trova circondata da centinaia di case vetuste, dai terrazzi equipaggiati con gigantesche parabole e panni stesi al sole. Ripartita in quattro zone è dotata di 1.200 bacini, le kassrias. La difficoltà, legata alla sua gestione, non la rende meno fiera agli occhi della città, avendo contribuito in larga parte al successo turistico di Fès. Non esiste un solo turista che passando da Fès, non abbia in agenda una visita alle concerie, famose in tutto il mondo. Purtroppo, senza una adeguata ristrutturazione, i muri esterni e i bacini di tintura sono destinati a cedere sotto le incurie del tempo; gli artigiani sotto sotto-pagati e senza alcun tipo di copertura medica, niente pensione o indennità in caso di malattia. I conciatori (tanneurs) sono vittime di malattie croniche dovute all’uso di prodotti chimici (calce, estratto di corteccia di mimosa, coloranti) che si usano in grande quantità nella preparazione delle pelli. I tanneurs guadagnano mediamente 80 dh al giorno (circa 7 euro) ma a volte tornano a casa con le tasche vuote. Quest’anno poi, a causa della feroce crisi turistica in corso nel paese, le diare giornaliere si sono ridotte notevomente e i prodotti finiti sono in larga parte stoccatti nei magazzini. In Marocco esistono diverse industrie che conciano il cuoio marocchino ma vero è che la conceria tradizionale di Fès è la più antica del mondo, ancestrale e unica nel suo genere. Molti lavoratori lamentano il fatto che materie prime come la corteccia di mimosa (tannino) sono sotto il monopolio di due/tre aziende che detengono il mercato fissando il prezzo a sacco al prezzo inaccettabile di 80 dh. Il ministro dell’Artigianato, Abdessamad Qaiouh, ha affermato all’AFP che la richiesta d’aiuto dei tanneurs non cadrà nel vuoto evocando un piano di sviluppo regionale dal montante di 41 milioni di Dh per la storica conceria e altre due più piccole ma di importanza altrettanto rilevante. Il Marocco è conosciuto mondialmente per la sua esperienza in materia di trasformazione del cuio, grazie al savoir-faire dei suoi artigiani. Questa industria è dotata di filiere diversificate come le concerie appunto, a seguire la maroquinerie (che prende il nome dal paese) che trasforma il cuoio in accessori come scarpe, cinture, pelletteria in genere e abbigliamento. Gioca un ruolo importante nel reame assicurando il 7% di occupazione nazionale e il 4,5 di esportazioni industriali, secondo le statistiche ufficiale. Fondamentale è salvaguardare e preservare la conceria di Fès, unica e irripetibile, un luogo affascinate e carico di phatos, che ammalia e affascina le migliaia di persone che ogni anno si recano a visitarle.
Paolo Pautasso
Fonte: My Amazighen
Marrakech, scandali e uomini
A Marrakech, il summum, è il Royal Mansour, nel quartiere huppé dell’Hivernage, un palazzo più discreto del Mamounia e il solo, in fondo, che sa fare la differenza tra un milionario e un miliardario. Per il Capodanno 2011, Cécilia Ciganer-Albeniz e il suo nuovo marito, Richard Attias, sono scesi al Royal Mansour. La coppia è stata invitata da SAR Mohammed VI. Cecilia e Richard Attas non sono intimi del monarca, ma amici del Marocco. Sono stati ospitati, a carico del sovrano, nel riad d’onore, il più lussuoso dei cinquantre riad che compongono il Royal Mansour: quattro camere con vista sui magnifici giardini della proprietà, due piscine, una SPA, una palestra e un cinema privato. Il regalo reale: una notte nel riad d’onore è fatturata 34.000 euro. Una tariffa teorica. In realtà, dall’apertura del Royal Mansour nel 2012, i riad non sono mai stati affittati ma sistematicamente offerti. Il Riad d’onore è riservato agli amici di Mohammed VI e del Marocco. Bisogna prenderlo per quello che è: un presente reale, latestimonianza barocca del “bon plasir” di un sovrano. Il Royal Mnasour merita qualche approfondimento. Classificato nel 2011 come l’Hötel più straordinario del mondo, da Conde Nast Travel, la Bibbia dei viaggiatori fortunati, è in un certo modo il frutto di un regolamento di conti postumo. Tra un figlio e suo padre, tra due re, Mohammed VI e Hassan II. Quest’ultimo, come un sultano orientale, aveva fatto costruire a filo dei suoi trentotto anni di regno alcuni palazzi dai suoi architetti francesi feticci,Michel Pinseau e André Paccard, senza contare le residenze reali, le ville estive, le ville d’inverno nelle quali soggiornava al ritmo delle stagioni e del suo umore, trainando dietro di se un harem e armata di servitori.Mohammed VI si è staccato da questo patrimonio immobiliare. Il nuovo monarca ha voluto e vuole essere un costruttore come suo padre. Ha voluto i suoi personali palazzi e nello stesso tempo, a colpi di milioni di di dollari, trasformare in Hötels di lusso alcuni dei suoi beni ereditati dal padre. Il Royal Mansour è il primo plazzo griffato Mohammed VI. Quanto è costata questa follia condannata a non essere mai con un bilancio positivo? Le cifre sono segreto di Stato. Il Royal Mansour quindi appartiene a Mohammed VI o, più precisamente, alla Siger, la holding dove è investito l’essenziale della sua fortuna, attraverso una via lattea di filiali. Puòessere, nella prospettiva di declinare il Royal Mansour come un marchio, che la Siger abbia depositato il nome in tutti i paesi dell’Europa, negli Stati Uniti e anche nell’Iran dei mullah. Ultima chicca: nell’autunno 2010, Jaques e Bernadette Chirac soggiornarono qualche giorno al Royal Mansour e, azzardo della Storia, il giorno in cui i Chirac lasciarono il loro padiglione di lusso avrebbero potuto incorociare Nicolas Sarkozy e Carla Bruni, che arrivavarono a Marrakech dietro invito di Mohammed VI. Il tempo di cambiare le lenzuola, una spolveratina i mobili di lusso e il novo Presidente e madame occuparono senza saperlo la camera del loro migliore avversario politico. Dal 2005, i bassifondi di Marrakech ma anche i riad, si ripiegano su se stessi, nascondendo le loro fattezze ai più; i palazzi stellati, i bar fashion, i night-club barocchi, i ristoranti chic, le residenze sonnachiose e le ville fortificate, con i loro vigiliantes, hanno soppiantato Bangok, per lungo tempo destinazione faro del turismo sessuale. Oggi, la capitale tailandese è meno attraente. Troppo lontana dall’Europa, troppo esposta agli tzunami. E troppo turbolenta dal punto di vista politico. A Marrakech la tranquilla, qualsivoglia sia il luogo di uscita, il sesso tariffato è onnipresente e i prezzi variano secondo le prestazioni. Tariffe per serate in ambienti alla moda nei quartieri chic: 200 euro. In totale, sono oltre 20.000 le ragazze che si prostituiscono. Età: dai 16 ai 30 anni. Offrono i loro servizi con l’esprit di guadagnare sino a 15.000 euro al mese, per le più brave. Furtive, si negozia partendo dai 10 euro nei giardini attorno al minareto della Koutubia. Tariffe identiche nei giardini del centro città e sulla Jemaa el Fna, ribattezzata il “souk dei froci” dai marocchini. Non si scrive sui siti dei tours-operators che la sulfurea Marrakech è la terza destinazione mondiale gay-friendly. Un ricco settantenne svizzero, anziano dandy omosessuale, racconta ai giornalisti di passaggio le follie storiche che ha vissuto durante gli anni a Marrakech. Come quella della cena privata offerta da uno stilista parigino (defunto) in uno dei ristoranti più fashion della medina dove un adolescente nudo, portato su di un di un palanchino, venne offerto agli ospiti a guisa di dessert. “E’ stato come in un film di Pasolini”, ricorda il vecchio (aggiungo io depravato). E aggiunge: “Ho degli amici, dei conoscenti che vivono qui e che sono delle celebrità francesi , molto conosciute, che incrocio durante le mie serate”. Per le imprese del CAC 40invece, il Marocco è il paese della cuccagna, generoso e poco esigente. Attenzione: a condizione di non gettare ombre sul Palazzo; i benefici sono solidi, gli aiuti generosi e le parti di mercato facili da conquistare. I gruppi d’oltralpe l’hanno compreso e quasi tutti quelli quotati alla Borsa di Parigi si trovano solidamente inseriti e posizionati al top nel reame marocchino. Alcuni hanno preso piede in Marocco per hazard, con fortuna, comeVivendi, la cui storia merita essere raccontata. Nel 200, il gruppo francese diretto da Jean-Marie Messier, l’anziano “maître du monde”, aveva acquisito il 35% dell’operatore di telefonia marocchina con una transazione fuori norma. Il 35% di Maroc Telecom per 2 miliardi di dollari: lo Stato marocchino fece un buon affare. Ottenne il 10% in più del valore stimato dagli analisti finanziari. Fatto salvo che il “buon affare”non eran solamente uno. Una piccola clausola recitava che “lo Stato, legalmente maggioritario, cedeva il controllo effettivo di Maroc Telecom al nuovo venuto”. Ufficialmente, Vivendi era un azionario minoritario; in pratica era il solo capo. La gestione quotidiana di Maroc Telecom e della sua tesoreria era nelle mani del gruppo francese. Perchè lo Stato aveva abdicato, senza comunicarlo, senza dire che il suo status di azionariato maggioritario non esisteva più? Per una storia che parte da Rabat. La capitale era a corto di soldi, il budget di Stato in pericolo. La somma versata da Vivendi aveva il solo obiettivo di chiudere un grosso buco nelle finanze, di dare un pò di respiro ale casse rabatine. Confidenziale e destinato a restare nei cassetti, l’accordo venne rivelato quando le autorità borsistiche scoprirono che Vivendi Universal firmò il contratto nel 2000. Datato 19 dicembre, alla vigilia della privatizzazione, un corriere della direzione finanziaria di Vivendi spiegò che la manovra permetteva di consolidare i risultati di Maroc Telecom, avendo cura di far entrare nei conti della casa madre la totalità dei benefici della filiale marocchina. Padrino di tutta l’operazione? André Zoulay, consigliere del re per gli affari economici. Malgrado la concorrenza,Maroc Telecom occupa ancora oggi una posizione egemonica con tariffe tra le più alte del continente africano e del mondo arabo.
Credits: Ali’ Amar/Jean-Pierre Tuquoi
Paolo Pautasso
Fonte: My Amazighen
Fornarina, richiesta di scuse per le riprese alla Medersa Ben Youssef di Marrakech
La casa di moda italiana Fornarina chiede scusa e ribadisce il suo profondo rispetto ai valori religiosi del popolo marocchino e alla loro fede musulmana. Reagendo alla forte emozione che hanno suscitato le riprese della pubblicità per la collezione primavera-estate 2012 alla Medersa Ben Youssef di Marrakech, ha espresso tramite un comunicato il suo rammarico per l’effetto negativo che ha provocato sulla popolazione. La Fornarina assicura che ha rispettato la legge e richiesto tutti i permessi per l’uso di riprese alle autorità pubbliche del Marocco. La pubblicità, prevede una modella vestita con abiti leggeri in prossimità dei muri incisi con calligrafie coraniche nella scuola Ben Youssef, da decenni Museo aperto al pubblico. Questo è il risultato del nuovo governo islamista di Benkirane, intollerante a ogni minima apertura all’occidente e questo caso ne è la prova provata, arrivando sino in Parlamento con una interrogazione. Non vedo dove sia lo scandalo tirato in ballo dai fondamentalisti islamici in quanto l’ex scuola coranica è aperta al pubblico ( e non è una moschea) e al suo interno migliaia di turisti fotografano e visitano il sito, anche in abiti succinti, lasciando quotidianamente molti soldi che però, guarda caso, non vanno nella manutenzione (la scuola cade a pezzi, è vergognoso vedere un capolavoro del genere sporco, muri scrostati, lampadine bruciate, ecc..) ma chissà in quali tasche. Sicuramente Fornarina aveva chiesto tutti i permessi (non sono degli sprovveduti!) pagando profumatamente il giusto ( e anche di più). E poi mi domando: ma durante le riprese ci sarà pure stato un responsabile che ha dato il via libera, o no? Uno shooting del genere prevede fotografi, registi, luci, trucco, vestizione e quant’altro, non è che si può fare en passant!! La solita ipocrisia.
Fonte: My Amazighen
Mohammed VI, re fuori protocollo
Il re Mohammed VI è stato avvistato giovedi’ scorso a bordo di una Mercedes decapottata grigia, nelle strade della città di Khouibga, senza protocollo e senza guardie del corpo, in perfetta solitudine. Solitudine che è durata pochissimi minuti perchè dopo la sorpresa iniziale, i passanti si sono affollati ai bordi delle strade. Le donne hanno lanciato i loro youyou di gioia, gli uomini hanno scandito diversi slogans alla gloria di Sua Maestà e tantissimi applausi. L’apparizione del re è stata filmata con un telefonino da alcuni giovani che hanno immediatamente provveduto a pubblicare il video su Youtube. Venerdì scorso invece, nella città di Rabat, il re si è recato, sempre senza scorta e protoccolo, nella bidonville Douar Al Kora, nel quartiere popolare Yaâcoub Al Mansour. La visita nella bidonville è stata di fatto un controllo sugli avanzamenti dei lavori per rendere vivibile e sana la zona in questione, progetto voluto fermamente dal re. Durante questa “gita”, il re ha donato dei soldi ad un venditore ambulante e ad una giovane che si trovava sul suo percorso. Mohammed VI si reca sovente, con effetto sorpresa, in diversi cantieri da lui lanciati nel paese, alfine di controllare lo stato dei lavori ed eventuali problematiche nello sviluppo degli stessi (vedi ritardi, corruzione, ecc..). Qualche tempo fa, in piena notte e sempre senza alcun tipo di scorta, Mohammed VI si recò in anonimato presso un importante ospedale della città di Marrakech, passando dal Pronto Soccorso. In quell’occasione vide molte cose che non furono di suo gradimento e nel giro di pochi giorni dal fatto, diversi dirigenti vennero licenziati in tronco, per mancanza ai loro doveri di responsabilità. Quell’avvenimento divenne in seguito quasi storicizzato, e la figura del monarca mitizzata.
Paolo Pautasso
Fonte: My Amazighen
Sexy-toy e affini… piaceri (quasi) proibiti in Marocco
Vagine artificiali a 150 dh (14 euro), vibromassaggiatori a 2.000 dh (180 euro) e bambole a grandezza naturale al costo di 20.000 dh (1.800 euro) o ancora peni artificiali e prodotti erotici degni dei più grandi sex-shops del mondo, commercializzati clandestinamente in Marocco! E grazie ai cinesi che i marocchini possono accedere oggi agli oggetti erotici più insoliti per calmare gli appetiti sessuali segreti. Questi prodotti, proibitissimi in Marocco, sono introdotti nel reame di contrabbando e sono disponibili a Derb Omar, quartiere di Casablanca, ma anche a Marrakech o ancora nella capitale Rabat. La vagina artificiale è il best-seller, si apprende dal quotidiano arabofono Al Ahdat Al Maghribia, autore di un inchiesta sui sexy-shops clandestini. I sexy-shops marocchini sono infatti dei normali negozi di abbigliamento o di giochi per bimbi che propongono queste mercanzie, in funzione della richiesta del cliente. Questi negozi, che non fanno altro che aiutare le persone ad avere una buona armonia sessuale con se stessi, propongono veramente di tutto, compresa la lingerie più provocante, impossibile da trovare nei negozi “normali”. Anche le bambole gonfiabili hanno un forte riscontro in Marocco. Queste bambole, che si muovono e gemono, sono vendute a partire da 20.000 dh, quasi una follia da queste parti! Il top della categoria sono le bambole di silicone che “riconoscono” il loro proprietario dalla voce (o dalla forma del di lui pene!) e possono costare anche 35.000 dh (3.400 euro). Il bussiness dei sexy-toys va a gonfie vele e gli oggetti sono richiestissimi negli ambienti “huppe’s” marocchini, per intenderci i personaggi che sfilano il sabato sera con giganteschi fuoristrada e SUV nel triangolo della moda di Casablanca, meta incontrastata delle serate infuocate della jeunesse dorée del Marocco.
Fonte: My Amazighen