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Archive for the ‘Cultura, Scienza’ Category

Bob Dylan, alta onorificenza Usa con la Medal of Fredoom

La nomina è stata fatta direttamente dal presidente Barack Obama, un premio di particolare prestigio che va aggiunta alla sua enorme bachea. Bob Dylan, icona della cultura musicale degli anni 60 e finora ancora in attività, nominato dal presidente Barack Obama per la “Presidential Medal of Freedom”, la più alta onorificenza riconosciuta a chi negli anni ha contribuito alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, alla diffusione di ideali di fratellanza e di pace nel mondo o a significativi impegni a carattere culturale, insieme ad altri tredici candidati, a rendere noti i nominati  un comunicato ufficiale della Casa Bianca. Obama: “I destinatari nominati provengono da contesti e percorsi di vita diversi ed eterogenei, ma omogenei nell’aver contribuito alla salvaguardia e alla diffusione dell’immagine americana nel mondo”. Robert Allen Zimmerman in arte Bob Dylan classe 1941, è una delle figure più importanti negli ultimi  cinquant’anni nel campo musicale. Può vantare un Premio Oscar 2001  per la miglior canzone originale “Things Have Changed”, dal film Wonder Boys, e un Premio Pulitzer con menzione speciale nel 2008. Il premio sarà consegnato verso la fine della primavera.

 Emilio Di Iorio

Nevada, garage sotterraneo in villa di gran lusso

April 14, 2012 Leave a comment

Di auto e moto sportive e di lusso, non è la prima volta che se ne parla, ma quello che stiamo per vedere ora è un qualcosa di davvero inimmaginabile, tanto che sembra un vero e proprio effetto cinematografico, quando invece e pura realtà.
Esemplari di ogni genere, a dir poco si sprecano in questa mega-villa di lusso del Nevada, che oltretutto comprende ambienti di grande pregio e tutte le amenità che un uomo possa desiderare, allestiti in maniera fortemente lussuosa, con un pizzico di sfarzo che rende il tutto meno monotono allo sguardo.
Nel video di seguito, potrete infatti ammirare alcuni di questi ambienti e, come si può intuire dal titolo dell’articolo, potrete visionare con i vostri occhi questo assurdo garage di lusso, dal valore complessivo di 6 milioni di dollari; si tratta di una sorta di ascensore a scomparsa con un meccanismo molto ricercato che, secondo quanto rivelato dal proprietario, consuma 25 dollari di corrente ogni volta che viene attivato.

Fonte: GoLook.it

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Alessandro Caruana

October 16, 2011 Leave a comment

Alessandro Caruana si diploma in tromba nel 1996 presso il conservatorio Giuseppe Verdi di Torino e sempre presso il medesimo, nel 2008, consegue il biennio superiore di secondo livello con la votazione di 110 e lode. Dal 1998 inizia a partecipare ad audizioni e concorsi che lo portano a collaborare con orchestre e gli enti lirici quali: Orchestra Sinfonica di Savona, Filarmonica di Torino,  Filarmonica Italiana, Orchestra Guido Cantelli di Milano, Pomeriggi musicali di Milano, Orchestra Arturo Toscanini di Parma, Orchestra da camera di Mantova, Orchestra Nazionale della RAI, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Regio di Torino, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Carlo Felice di Genova, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra della Svizzera Italiana.

Dal giugno 2005 occupa il posto di prima tromba presso l’orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi.

È docente di tromba da diversi anni presso gli istituti civici A. Gandino di Bra (CN) e Baravalle di Fossano, presso quest’ultimo frequenta un corso di perfezionamento con Roberto Rossi, prima tromba dell’Orchestra Nazionale della RAI, suo insegnante da diversi anni.

Fonte: laVerdi

Evgeny Bushkov

October 13, 2011 Leave a comment

Una delle bacchette più interessanti degli ultimi tempi, Evgeny Bushkov si è imposto all’attenzione del mondo musicale innanzitutto come incredibile violinista, vincitore di quattro tra i maggiori concorsi violinistici al mondo – Wieniawski (1986), Queen Elizabeth (1989), Tchaikovsky (1990), ed il primo Henryk Szeryng Foundation Award (1992).

Evgeny Bushkov trasferisce con naturalezza tutta la straordinaria esperienza esecutiva e l’impeccabile gusto artistico nella sua direzione. Le notevoli capacità, così come l’integrità e la ricerca di una interpretazione autentica, hanno attratto l’attenzione di una rinomata bacchetta come Dmitry Kitajenko. Ha ricevuto inoltre una formazione negli USA (A. Brusilow a Dallas e V. Yampolsky a Chicago, tra gli altri).

Il debutto di Bushkov come direttore è avvenuto nel 1999 in Francia con la Festival Orchestra dell’International Festival di Luxeuil. Dopo il debutto, ha lavorato con le orchestre Sinfonica e da Camera di Novosibirsk, la ¨Neue Philharmonie¨ – Westfallen (Germania), la National Orchestra of Belarus, la State Academic Orchestra of Kazakhstan, la International Symphony Orchestra “Metro Philharmonic”, la Pan Asian Symphony Orchestra (Hong Kong), la Nizhny Novgorod Symphony (Russia), l’Orquesta Sinfonica de Venezuela, le orchestre da Camera di Minsk e “Musica Viva” di Mosca.

Dal 2002, Evgeny Bushkov copre l’incarico di Direttore della State Symphony Orchestra “Novaya Rossiya” (Yury Bashmet direttore artistico). L’applauditissimo debutto con l’orchestra nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca nel Febbraio 2004 è stato seguito da oltre 80 esibizioni in Russia ed oltre. Evgeny Bushkov ha collaborato con solisti dell’importanza di Eliso Virsaladze, Natalia Gutman, Barry Douglas, Debora Voigt, Vladimir Tchernov, Denis Matsuev, Alexey Liubimov, per menzionarne alcuni. Yury Bashmet regolarmente invita Bushkov a dirigere lavori di Kancheli, Bruch, Ledenev, e Felzer. Insieme, hanno tenuto la prima assoluta dei lavori per viola e orchestra di Karamanov e Gorelova.

Nel 2003 Bushkov ha fondato le “Educational Concert Series for children” che hanno incontrato un immediato successo. Mettendosi all’opera sia come direttore sia come lettore, Bushkov ha sperimentato programmazioni uniche ed innovative, culminate nella direzione delle prime russe delle due opere per bambini di G. C. Menotti e D. Krivitsky.

Tra i successi più importanti registrati nelle scorse stagioni, ricordiamo le applauditissime esibizioni alla Musikverein di Vienna, la prima russa del Requiem di Alemdar Karamanov nella Sala “Tchaikovsky” di Mosca, il tour italiano con la Orquesta Sinfonica de Venezuela, la direzione del Requiem di Verdi a Mosca con il celebre mezzosoprano Daniela Barcellona, così come il ritorno con la Novosibirsk Symphony Orchestra per il concerto “In Memoriam of Arnold Katz”.

Tra i successi della stagione 2008-09, vanno ricordati la partecipazione al Concerto di Gala “Tributo a Mstislav Rostropovich” a Mosca, il Concerto d’apertura del 2° Festival Musicale Internazionale a Sochi, il 2d International “Vera Lothar-Schevtchenco” Piano competition (Novossibirsk), il concerto “Moscow Easter Festival” di Gergiev e l’ “Andrew LLoyd Webber Gala” Project a Mosca.

Per le sue Children Series, quest’anno Evgeny Bushkov ha tenuto a Mosca la prima di “Polly e i Dinosauri”, fiaba musicale per due narratori, soprano, coro di bambini ed orchestra di Yury Falik.

Dal settembre 2009, Evgeny Bushkov è Direttore principale e Direttore artistico della Minsk Chamber Orchestra.

classical@studiomusica.net

Fonte: laVerdi

Boris Petrushansky

October 12, 2011 Leave a comment

Boris Petrushansky é nato a Mosca nel 1949 da genitori musicisti. A 8 anni viene ammesso alla Scuola Centrale presso il Conservatorio di Mosca. Nel 1964 il quindicenne pianista incontra uno dei piu grandi musicisti, Heinrich Neuhaus, e diventa il suo ultimo allievo. Quei mesi trascorsi nella classe di Neuhaus (il maestro mori nel ottobre del 1964) sono stati determinanti sotto molti aspetti per tutto il successivo sviluppo del giovane artista completandosi sotto la direzione del Prof. Lev Naumov, allievo ed assistente di Neuhaus, un musicista fine, fedele custode delle tradizioni romantiche della scuola che ha dato al mondo E.Gilels e S.Richter.

I tre concorsi (Leeds – 1969, Monaco – 1970, Mosca – 1971) sono seguiti da un`importante pausa, dovuta alla preparazione di un nuovo lancio qualitativo, terminato con la vittoria al Concorso “Casagrande” di Terni nel 1975 a cui fece seguito una tournee di concerti. Gli avvenimenti piu rilevanti di questo periodo sono rappresentati dal concerti tenuti algi festival di Spoleto, di Brescia e Bergamo, al Maggio Musicale Fiorentino (dove ha sostituito S.Richter), dai concerti a Roma, Milano, Torino etc.

Tra le orchestre con cui ha suonato bisogna ricordare l`Orchestra Sinfonica di Stato dell`URSS, Filarmonica di S.Pietroburgo, la Filarmonica di Mosca, della Cecoslovacchia, di Helsinki, la Staatscapelle di Berlino, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, KBS di Seol, Moscow Chamber Orchestra, New European Strings, Orchestra da Camera della Comunita Europea, ecc. Ha collaborato con i direttori d’orchestra come J.Ferencik, E.Bour, P.Berglund, E-P.Salonen, LuJia, D.Kitaenko, A.Lazarev, V.Fedoseev, M.Schostakovich, M. Atzmon, A.Nanut, V.Gergiev, R.Abbado, J.Latham-Koenig, V.Jurowsky.

Tra i partner di musica da camera spiccano i nomi di L. Kogan, I. Oistrakh,  D. Sitkovetsky, M. Maisky, C. Gasdia, , M. Brunello, Quartetto Borodin, Filarmonia Quartet Berlin.

Dal 1991 Boris Petrushansky vive in Italia, dove insegna presso l`Academia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola, continua una intensa attività concertistica in Italia, Russia, Germania, Austria, USA, Jappone, Francia, Svezia, Finlandia, Irlanda, Inghilterra, Spagna, Belgio, Slovenia, Polonia, Ungheria, Israele,  Egitto, Messico, Taiwan, Sud Africa, Corea del Sud…

Ha registrato per la Melodia (Russia), Art & Electronics (Russia-USA), Symposium (UK), Fone, Dynamic, Agora, Stradivarius (Italia).

Boris Petrushansky `e membro della giuria dei concorsi di Terni, Vercelli, Bolzano, Tongyeong, Orlèans, Warsavia, Parigi etc. Ha tenuto i masterclass negli USA, UK, Irlanda, Germania, Francia, Belgio, Giappone, Corea del Sud, Russia, Polonia.

Fonte: laVerdi

Steven Paul Jobs

October 10, 2011 Leave a comment

Steven Paul Jobs nasce il 24 febbraio 1955 a Green Bay, California da Joanne Carole Schieble e Abdulfattah “John” Jandali, i quali, essendo ancora giovani studenti universitari, lo danno in adozione quando è ancora in fasce; Steve viene adotato da Paul e Clara Jobs, della Santa Clara Valley, sempre in California. Qui trascorre un’infanzia felice, insieme alla sorella adottiva minore Mona e prosegue senza particolari problemi, denotando brillanti capacità scientifiche nel suo iter scolastico; si diploma a 17 anni (1972) alla Homestead High School di Cupertino, paese che diventerà il terreno dei quartieri generali della sua creatura futura: la Apple.
Nello stesso anno Steve Jobs si iscrive al Reed College di Portland, specialmente per rivolgere l’attenzione alla sua principale passione, l’informatica, ma la via accademica non viene percorsa per molto tempo: dopo un semestre abbandona l’università ed inizia a lavorare in Atari come programmatore di videogames, perlomeno fino a quando raggiunge il quantitativo di denaro necessario per poter partire per un viaggio verso l’India.
Al ritorno, nel 1974, coinvolge il suo ex compagno di liceo e caro amico Steve Wozniak (con il quale faceva parte dell’Homebrew Computer Club) nella fondazione di Apple Computer, società del tutto artigianale: con la “mela” i due muovono i primi passi verso la fama nel mondo dell’informatica, grazie ai loro modelli di microcomputer particolarmente avanzati e stabili, Apple II e Apple Macintosh; il costo iniziale viene sostenuto vendendo alcuni beni personali dei due fondatori, quali la macchina di Jobs e il calcolatore scientifico di Wozniak.
Ma la via per la fama spesso non si rivela tutto in piano e nemmeno facile da percorrere: Wozniak ha un incidente aereo nel 1983, dal quale si salva non senza ferite, ma sceglie di lasciare Apple per vivere la sua vita in altro modo; nello stesso anno Jobs convince John Sculley, presidente della Pepsi, a unirsi a lui: questa mossa gli sarà fatale poiché a seguito dell’insuccesso di Apple III nel 1985, Steve Jobs viene estromesso dal consiglio di amministrazione di Apple.
Il programmatore non si perde però d’animo e fonda la Next Computer con l’obiettivo di creare una nuova rivoluzione tecnologica. Nel 1986 compra la Pixar dalla Lucas Films. Next non funziona come il mercato richiederebbe, l’azienda produce computer migliori dei concorrenti, ma l’eccellenza viene annullata dai costi superiori delle macchine, tanto che nel 1993 Jobs è costretto a chiudere la sezione hardware della sua creatura. In altro modo si muove Pixar, la quale si occupa principalmente di animazione, sfornando nel 1995 “Toy Story – Il mondo dei giocattoli”.
Se Atene piange, Sparta non ride“, così si può tradurre la situazione che si crea nel frattempo in casa Apple: il Mac OS, sistema operativo delle macchine Apple è obsoleto, la dirigenza è quindi alla ricerca di un S.O. snello ed innovativo; in questo frangente Steve Jobs fa la figura del leone, riuscendo a far assorbire Next Computer da Apple, la quale fa rientrare le sue perdite finanziarie e fa ritornare Steve Jobs con il ruolo di C.E.O. (Chief Executive Officer). Jobs torna, senza stipendio, e rimpiazza Gil Amelio, licenziato per i suoi pessimi risultati: porta con sé NextStep, ovvero il sistema operativo che da lì a breve passa alla storia come Mac OS X.
Mentre Mac OS X è ancora in cantiere, Jobs introduce sul mercato l’Imac, l’innovativo computer All-in-one, che salva dal fallimento la casa americana; Apple riceve in breve tempo un ulteriore rilancio dall’introduzione dell’OS X, sviluppato su una base Unix.
Nel 2002 Apple decide di affrontare anche il mercato della musica digitale, introducendo sul mercato il lettore che ha rivoluzionato, più o meno consapevolmente, tale mercato: l’iPod. Legata a questo lettore, viene sviluppata anche la piattaforma iTunes, che diventa il più grande mercato virtuale di musica, creando di fatto una vera rivoluzione.
Negli anni successivi, dalla casa guidata dal CEO di Cupertino, vengono rilasciati altri modelli di successo: l’iBook (2004), il MacBook (2005) ed il G4 (2003/2004), che raggiunge la considerevole fetta del 20% di mercato del settore hardware.
La fervida mente del programmatore californiano non smette di rivoluzionare altri mercati: il nuovo prodotto si chiama iPhone, un telefono cellulare che, al di là della multifunzionalità, è di fatto il primo telefono completamente touchscreen: la vera grande novità è l’annullamento della presenza ingombrante della tastiera, che lascia così al dispositivo maggiore spazio alle immagini ed alle funzioni. Il prodotto, lanciato sul mercato il 29 giugno 2007, ha riscosso un enorme – benché previsto – successo, con più di 1.500.000 pezzi venduti nell’arco dei primi cinque mesi. In Italia arriva nel 2008 con la sua versione 2.0, più veloce, dotato di gps e ancora più economico: l’obiettivo dichiarato è quello di “essere ovunque“, replicando così il successo di diffusione dell’iPod. Con la diffusione delle applicazioni, rese disponibili sulla piattaforma online chiamata AppStore, e l’introduzione del modello “4”, l’iPhone non smette di macinare record su record.
Steve Jobs era stato colpito nel 2004 da una forma rara ma curabile di cancro al pancreas dalla quale si era ripreso. I segni di una nuova malattia si manifestano dopo quattro anni, così all’inizio del 2009 lascia i suoi poteri di amministratore delegato a Tim Cook, direttore generale di Apple.
Torna al lavoro e calca nuovamente il palco nel giugno 2009, quando presenta il rinnovo dell’intera gamma iPod. Appare in condizioni migliori rispetto all’ultima volta che si era mostrato al pubblico e nell’occasione ringrazia il ragazzo di vent’anni, deceduto in un incidente stradale, che gli ha donato il fegato, invitando tutti a diventare donatori.
Alla fine di gennaio 2010 presenta la sua nuova scommessa: il nuovo prodotto Apple si chiama iPad e introduce nel mercato una nuova categoria di prodotti, chiamata “tablet”.
Il 24 agosto 2011 cede definitivamente il ruolo di CEO di Apple a Tim Cook. Poche settimane dopo, la sua lunga lotta contro il cancro termina: Steve Jobs, una delle figure più importanti e significative dell’era digitale, muore il 6 ottobre 2011 all’età di 56 anni.

Fonte: Biografieonline

Mahmoud Darwich, una vita per la pace

September 28, 2011 Leave a comment

Mahmoud Darwich  è nato in Galilea (Palestina sotto il mandato inglese), il 13 marzo 1941, nel villaggio di Al-Birwah, ed è morto il 9 agosto 2008 a Houston, in Texas. Massimo esponente della poesia palestinese, erudito e filosofo, è stato sempre, profondamente, un attivista della lotta del suo popolo, senza mai smettere di sperare e credere nella pace. Ha pubblicato venti libri di poesie, sette opere in prosa ed è stato redattore di diverse pubblicazioni, come Al-Jadid (Il Nuovo), Al-fair (L’Alba), Shu’un filistiyya (Affari palestinesi) e Al-Karmel. La sua figura è riconosciuta universalmente dalla sua poesia che si concentra sulla nostalgia della patria perduta e le sue opere sono state tradotte in oltre venti lingue.  Negli anni ’60, Darwich si iscrisse alpartito comunista di Israele, ma è più noto il suo interesse in seno all’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). Venne eletto membro del comitato esecutivo dell’OLP nel 1987 lasciando poi l’incarico nel 1993, in protesta contro gli accordi di Oslo. Dopo oltre trent’anni di esilio, raggiunse la Palestina sotto condizioni, e si stabilì a Ramallah. Mahmoud Darwich è il secondogenito di una famiglia musulmana sunnita, proprietari terrieri, con quattro fratelli e tre sorelle.  Il suo villaggio venne raso al suolo nel 1948 e la famiglia fuggi’ in Libano, dove vi restò un anno, per rientrare poi clandestinamente in Palestina, scoprendo che sui resti dei loro villaggio fu costruito un nuovo villaggio ebreo. Si trasferirono dunque a Dair Al-Assad.  Il poeta iniziò  i suoi studi primari a Dair Al-Hassad, sempre in stato di allerta per non essere scoperto dalla polizia israeliana e più tardi, terminò gli studi secondari a Kufur Yasif. Poi partì per Haifa. La sua prima raccolta di poesie venne pubblicata quando aveva appena 19 anni (Asar bila ajnjha – Uccello senza ali). Nel 1964 sarà riconosciuto internazionalmente come la voce della resistenza palestinese grazie a Awraq Al-zaytoun (foglie d’olivi).  Questa raccolta raccoglie la poesia Carta d’Identità.  Alla fine dei suoi studi, Mahmoud iniziò la pubblicazione delle poesie e degli articoli in giornali e settimanali come Al-Itihad e Al-Jadid, diventandone poi il redattore. Nel 1961 raggiunse segretamente le fila del partito comunista d’Israele, il Maki. Sarà imprigionato diverse volte a causa dei suoi scritti e alla attività politica tra il 1961 e il 1967. In quel periodo Darwich sognava la rivoluzione e cantava la sua patria, la difesa dell’identità negata e la solidarietà internazionale. La poesia Identità (io sono arabo), la più celebre nella raccolta Rami d’olivo, pubblicata nel 1964, uscì dalle frontiere palestinesi per diventare un inno cantato in tutto il mondo arabo. Durante l’estate del 1982, il poeta è a Beirut, città che è oggetto di bombardamenti dal 12 giugno al 13 agosto. L’armata israeliana stava cercando di catturare i membri dell’OLP e Darwich guidò la resistenza palestinese nella sede israeliana del Qasidat Bayrut e Madih al-xill al’ali. In seguito si  auto-esigliò prima al Cairo, poi a Tunisi e infine a Parigi. Nel 1987 venne eletto nel comitato esecutivo dell’OLP. Un anno più tardi, nel 1988, una delle sue poesie, Attraversando le parole passanti, venne discussa alla Knesset : era accusato di incitare la fuoriuscita degli ebrei da Israele. Darwich si difenderà spiegando che dovevano uscire dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. La poesia esclamava: “Allora, lasciate la nostra terra. Le nostre rive, il nostro mare. Il nostro grano, il nostro sale, le nostre ferite”. Nel 1995 fece ritorno a Ramallah, con un visto per visitare l’anziana madre e riuscì in seguito ad installarsi in città. Ramallah divenne poi nel 2002 un campo di battaglia . Nel marzo del 2000, il ministro israeliano dell’Educazione propose di inserire nei testi scolastici alcune sue poesie,senza successo. Mori’ nel 2008, il 9 agosto, in seguito a diversi interventi chirurgici al cuore, in un ospedale di Houston, in Texas.  Le sue spoglie arrivarono dagli Stati Uniti e ricevette gli onori sia ad Ammam, in Giordania, che a Ramallah. I funerali videro la presenza delle più alte cariche dello Stato palestinese tra cui Abbas. E’ sepolto in un terreno adiacente il Palazzo della Cutura di Ramallah. L’opera di Darwich, essenzialmente poetica, è una vera difesa alla sua terra, al suo popolo, ad una cultura millenaria. Una sola idea, un solo corpo:la Palestina!  La solitudine dell’esilio esprime appieno l’accettazione nobile e coraggiosa della disperazione più profonda che generò arte, una carica poetica intensa e sofferente.  Il fantastico Trio Joubran ha accompagnato con il suono dei loroOud alcuni recitals di Mahmoud Darwish, di cui l’ultimo ad Arles nel luglio 2008. Nel 2002, la cantante Dominique Devals e la Compagnia Laccarrièremisero in musica “Undici astri sull’epilogo andaluso”, undici  poesie che evocavano la partenza degli arabi dalla Andalusia. La musica di questa produzione fu firmata da Philippe Laccarrière, contrabbassista jazz. In musica venne poi trasportato il discorso/poema in omaggio agli Indiani d’America del poeta, interpretato per la prima volta in presenza di Darwich nel novembre 2006 nella sede dell’UNESCO. Sulla sua lapide è inciso:

In questa terra,

 la signora di tutte le terre

 qualcosa che merita la vita

Fonte: My Amazighen

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Odette du Puigaudeau, cammelliera di lungo corso

June 15, 2011 Leave a comment

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Nata a Saint-Nazare, in Francia, da un antica famiglia di armatori bretoni, Odette du Puigaudeau è uno di quei personaggi singolari della storia che, giocoforza, diventano ambasciatori delle cause perse. Per lei fu quella del grande nomadismo cammelliero. Nel 1933, la Mauritania era stata appena pacificata, sconosciuta all’occidente e amministrata esclusivamente da uomini. Appassionata, tenace, un filo di arroganza, Odette realizzo’ quattro grandi viaggi in Africa che definirono gli usi e i costumi di una terra lontana. La sua storia. Odette de Puigaudeau (1894-1991) non è definibile con il genere “avventuriera in crinolina“. Era piuttosto un carattere forte, ben temprato, al limite del virile. Ci vuole coraggio per affrancarsi alle grandi carovane del sale di quell’epoca, a piedi o a dorso di cammello, su piste pericolose dove soccombero, prima di lei, numerosi nomi prestigiosi della società della geografia europea. Se la determinazione di Odette era a prova di bomba, a tutti gli effetti non viaggio mai sola ma con Marion Sénones, l’amica di tutta una vita e complice scientifica nella scoperta di un ovest sahariano appena cartografato. Di queste odissee Odette pubblicherà un opera, a volte contestata dal punto di vista accademico (era autodidatta) e le istituzioni cercarono sempre di marginalizzarla. Ma grazie alla superba biografia redatta da Monique Vérite e alla redenzione tardiva delle sue opere e articoli, sappiamo oggi riconoscere quale fu l’apporto dato da questa donna, fuori del comune, nella conoscenza delle società africane prima della colonizzazione. Odette era bretone e in primis oceanografa. Suo padre, pittore della scuola di Pont-Aven, e di sua madra, ritrattista, eredito’ il gusto del disegno e della vita bohèmienne. Pertanto, quando lascio’ la Bretagna, aveva compiuto 26 anni, pronta per farsi accogliere dalla sognata Parigi, dove mise a profitto il suo talento di disegnatrice lavorando su delle tavole di scienze naturali che l’avrebbero condotta, secondo lei, a partecipare alle spedizioni di Charcot nell’Antartico. La spedizione è misogina e la porta restò chiusa. Si indirizzo allora al mondo della moda, con la speranza di vedersi all’estero per seguire le collezioni (diresse con successo per un certo periodo l’atelier di disegno di Jeanne Lanvin). Dopo questa esperienza si diresse verso il naturalismo e saltuarialmente tornò in Bretagna per gravitare intorno ai luoghi di pesca, che la affascinavano. Nel 1928, ottenne un libretto di iscrizione marittima, passaporto indispensabile per imbarcarsi. Per tre stagioni la si vedrà al lavoro sulle imbarcazioni con diverse mansioni e in ultimo una campagna di pesca al tonno. La sua passione per l’oceano permetterà ad Odette di debuttare in una carriera di giornalista, perchè i diari delle sue intrepide avventure marittime conobbero un grande successo editoriale e di pubblico. Ma di grandi viaggi, Odette ha 40 anni, nemmeno l’ombra. Non sarà il mare ma il Marocco e la Mauritania, accostate per la prima volta a bordo di un veliero bretone, nel novembre del 1933, in compagnia dell’amica Marion, incontrata un anno prima. Le due dame riuscirono a farsi finanziare da diversi periodici (L’Illustration, Le Monde Colonial illustré, L’intransigeant) e guadagnare l’appoggio del generale Gouraud, che vide in quella spedizione il mezzo per valorizzare l’azione pacificatrice della Francia. Da Port-Etienne (Nouadhibou, Mauritania), uno dei primi avamposti creati dai francesi alla frontiera del Rio de Oro (Sahara marocchino), arrivarono a Nouakchott a dorso di cammello o a piedi, accompagnate da alcuni indigeni di cui adottò i costumi, visitando entroterra sconosciuti, accampamenti e saline, condividendo il quotidiano con le popolazioni locali.

Nessun ristorante alla moda, neppure letti comodi e tantomeno cibi saporiti. Qualche utensile in legno, sacchi di cuoio, mobili locali. “Viaggiare è vincere” recita un proverbio arabo. Immobilizzata diverse volte da gravi problemi di salute, riusciva sempre a ripartire per recarsi alla guetna (fiera dei datteri) che si teneva ogni estate nell’Adrar. Vinse anche sulle frequenti interdizioni lanciate dai militari degli avamposti francesi, dove era mal vista in quanto presenza femminile. Pur proibendo loro di spostarsi per andare a Fort Gouraud, per raggiungere alcuni gruppi nomadi e scoprire nuovi siti, trovò il modo di raggiungerli da Ouadine sino a Chinguetti, un inferno di 400 km percorsi in sei giorni sotto una tempesta di sabbia feroce. Dopo questa, un altra attraversata di nove giorni in un deserto di fuoco in direzione della baia di Saint-Jean, dove si imbarcarono per Nantes, nell’ottobre del 1934. La stampa, che durante la loro assenza aveva pubblicato alcuni reportages, le accolse in modo trionfale. Il mondo della scienza iniziò ad aprire loro le sue porte, con delle conferenze al Museo delle Colonie. Odette in quel periodo pubblicò il suo primo libro, ” A piedi nudi attraverso la Mauritania” con prefazione del generale Gourad, e premiato dall’Acadèmie Française. Dicembre 1936: Odette e Marion vengono incaricate, dal Ministero dell’Educazione Nazionale e delle Colonie, di completare le collezioni archeologiche e etnografiche del Museo di Storia Naturale. Il progetto è ambizioso, seguire le due piste carovaniere che, da secoli, ritmavano l’economia del Sahara. All’andata, la strada dell’ovest, Trik Lemtouni, che tracciava il sud del Marocco sino all’Adrar mauritano; al ritorno, la rotta dell’est, Trik el Djouder, che conduceva a Timboctou e a Tindouf (Marocco). Immobilizzate dalle pioggie invernali per diversi mesi a Tidjjka, capoluogo del Tagant, si impegnarono a raccogliere memorie orali, genealogie tribali, utensili preistorici e manufatti in terracotta. Dettagliarono le condizioni di vita dei mauri e catalogarono i siti rupestri già accennati nel Giornale della Società degli africanisti. Questo secondo viaggio, che si chiuse nel febbraio 1938, dopo 6.500 km di marcia al passo lento delle carovane, è salutato dall’Occidente come un exploit. La guerra metterà un freno alla curiosità delle due donne ma si imbarcarono nuovamente nel 1949. Caricate di alcune missioni scientifiche dal Ministero della Francia d’Outremer, non ricevettero però nessun tipo di sovvenzione. Le relazioni con i ricercatori del Museo dell’Uomo erano tese e molti i problemi irrisolti con i militari colonialisti. Durante i sei mesi di soggiorno nel sud marocchino vennero tenute in ostaggio dalla popolazione e dovettero rinunciare ad affrancarsi ad una carovana che partiva per la Mauritania, che la raggiunsero poi in camion nel giugno del 1950.

Dopo dodici anni di assenza da quei territori, Odette è rammaricata: i nomadi si stanno sedentarizzando, emigrano verso le città e le miniere presenti nelle zone. Consacro’ allora tutta la sua vita a difendere la causa dei valori tradizionali di una cultura minacciata, di cui si sentiva solidale. Il destino dei Mauri diventò il suo destino. Dopo dieci anni di lavoro d’ufficio a Parigi sulle arti e sui costumi dei Mauri, fece un ultimo viaggio in Mauritania nel 1960, l’anno del nucleare nel mondo occidentale. Poi, sollecitata dal governo marocchino per seguire delle ricerche archeologiche nel sud del Paese, si installo a Rabat dove venne nominata capo dell’ufficio di Preistoria del Museo delle Antichità. Quando arrivò l’ora di andare in pensione, a 84 anni (!), infaticabile, intraprese la redazione del quinto capitolo di una tesi che non concluderà mai. La sua morte avvenne a Rabat nel 1991, come Monod o Lothe, quasi centenaria.

La carovana Azalaî: Straordinaria carovana con migliaia di cammelli che partivano da Timbouctu in direzione delle miniere di sale di Taoudéni, assicurando la vitalità commerciale del Sahara. Si organizzava due volte all’anno, in aprile e in novembre. Dopo aver attraversato l’Azaouad, il convoglio si fermava presso i cento pozzi di Araouane dove, per circa due giorni e tre notti, i pastori abbeveravano sino a 3.500 cammelli caricando le sacche di migliaia di carovanieri. Di seguito la grande tappa sino a Taoudéni, durante la quale uomini e animali venivano messi a dura prova: una attraversata di otto giorni in pieno deserto sahariano senza nessun pozzo d’acqua per il rifornimento.

Fonte: My Amazighen

Xu Beihong, figura eccelsa dell’arte cinese

November 25, 2010 Leave a comment

Xu Beihong (cinese semplificato: 徐悲鸿; cinese tradizionale: 徐悲鸿; pinyin: XU Bēihóng) nacque a Yixing in Cina. Conosciuto soprattutto per i suoi shuimohua di cavalli e uccelli, dipinti a inchiostro cinese, e menzionato come uno dei primi artisti cinesi ad articolare il bisogno delle espressioni artistiche in modo da riflettere una nuova Cina moderna all’inizio del 20° secolo, é  considerato come uno dei primi a creare dipinti a olio monumentale con temi epici cinesi – un esibizione della sua alta competenza in una tecnica essenziale dell’arte occidentale.

Biografia

Xu iniziò a studiare le opere classiche cinesi e la calligrafia tradizionale con il padre Xu Dazhang quando aveva sei anni, mentre la pittura cinese all’età di nove anni. Nel 1915 si trasferì a Shanghai dove visse a spese del lavoro commerciale e privato. Si trasferì in seguito a Tokyo, nel 1917, per studiare arte. Quando tornò nuovamente in Cina, iniziò ad insegnare alla scuola d’arte Peking University Arts su invito del Cai Yuanpei. A partire dal 1919 egli studiò all’estero a Parigi presso l’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, dove apprese la pittura a olio e il disegno. I suoi viaggi in giro per l’Europa occidentale permisero di osservare e imitare le tecniche dell’arte occidentale. Tornato in Cina nel 1927, per due anni (dal 1927 al 1929) ottenne un numero di posti istituzionali, tra cui l’insegnamento al National Central University (oggi Nanjing University ) presso l’ex capitale Nanjing.

Nel 1933 Xu organizzò una mostra di pittura moderna cinese viaggiando in Francia, Germania, Belgio, Italia e Unione Sovietica. Durante la seconda guerra mondiale si diresse nel sud-est asiatico tenendo mostre a Singapore e in India. Tutti i proventi di queste mostre erano destinate ai cinesi, i quali stavano soffrendo la povertà a causa della guerra.

In seguito alla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, nel 1949, Xu divenne presidente della Accademia Centrale di Belle Arti (Central Academy of Fine Arts) e presidente del Chinese Artists’ Association.

Xu Beihong era un maestro di oli e di inchiostro cinese. La maggior parte delle sue opere, tuttavia, erano in stile cinese tradizionale. Nei suoi sforzi per creare una nuova forma d’arte nazionale, unì la tradizione del pennello cinese con le sue tecniche ad inchiostro con la prospettiva e i metodi di composizione occidentali. Egli operò una valida integrazione tra la pennellata solida e sfrontata con la precisa definizione della forma. Come insegnante d’arte sostenne la subordinazione della tecnica alla concezione artistica sottolineando l’importanza delle esperienze dell’artista durante la vita. Di tutti i pittori dell’epoca moderna, si può tranquillamente dire che Xu Beihong é l’unico pittore maggiormente responsabile per la direzione intrapresa nel mondo dell’arte moderna cinese. Le politiche innescate da Xu, all’inizio dell’era comunista continuano a controllare non solo la politica ufficiale del governo verso le arti, ma a dirigere la direzione generale adottata nei vari collegi artistici e nelle università di tutta la Cina.

Xu ha ricevuto il massimo sostegno da parte di collezionisti d’arte in tutta l’Asia. Tra il 1939 e il 1941, tenne mostre personali a Singapore, in India e in Malesia (Penang, Kuala Lumpur e Ipoh) per contribuire a raccogliere fondi per sostenere lo sforzo bellico a soccorso della Cina. In una mostra a beneficio della guerra nel marzo 1939, ottenne una mostra collettiva con la pittura ad inchiostro cinese con i maestri della pittura Ren Bonian (cinese semplificato: 任年伯; pinyin: Ren Bónián) e Qi Baishi (cinese semplificato: 齐白石; pinyin: Qi Baishi), ed espose in mostra 171 opere d’arte presso il Victoria Memorial Hall.

Inoltre incontrò luminari come Rabindranath Tagore e il Mahatma Gandhi durante la sua permanenza in India, ottenendo in tal modo le sue fonti di ispirazione che lo condussero alla creazione di opere iconiche come l’esteso 4.21m “Il vecchio uomo stolto che rimosse le montagne”, il dipinto in mostra presso il SAM. Opere come “Poema delle Sei Dinastie”, “Ritratto della signora Jenny” e “Posa il tuo scudiscio” sono state create anche durante il suo soggiorno nel sud-est asiatico. Il direttore del SAM Kwok Kian Chow sostenne che il nome di Xu era in cima alla lista nell’arte asiatica del realismo moderno e le sue connessioni con le varie parti dell’Asia e dell’Europa iniziarono un nuovo capitolo delle narrazioni storiche, di scambi e di influenze di estetica e di idee nell’arte.

Xu spinse costantemente i confini delle arti visive con le nuove tecniche e l’estetica prettamente internazionali nel tentativo di reinventare l’arte cinese. In realtà, la sua influenza si estese oltre la Cina nei primi anni del ventesimo secolo. Molti artisti pionieri di Singapore come Hsi Chen Wen, Lee Man Fong e Chen Chong Swee videro in lui un mentore e un meritevole alla pari, condividendo il suo sostegno per osservare da vicino la natura e iniettare il realismo nella pittura cinese.

Xu morì d’infarto nel 1953. Dopo la sua morte fu fondato il Xu Beihong Museum nella sua casa a Pechino.

Controversia

Nel 2008, due vasi in ceramica dipinta dal pittore cinese Xu Beihong furono al centro di un braccio di ferro legale, tra il promotore della mostra blockbuster dal titolo Xu Beihong In Nanyang, presso il Singapore Art Museum, e gli amici di famiglia di Xu. Nella loro dichiarazione, i discendenti dei recenti collezionisti d’arte Huang Man Shi e Huang Meng Gui, fratelli e buoni amici di Xu, diedero i vasi e alcuni dei dipinti dell’artista al signor Jack Bonn, un mercante d’arte di Hong Kong nel dicembre 2006, per essere venduti all’asta presso la casa d’aste Christie’s di Hong Kong nel maggio 2007. I vasi alti 18 centimetri furono realizzati nel 1940 e intitolati “Ballerini malese” e “Orchidee”. Questi oggetti dovevano essere restituiti ai discendenti se le aste non si fossero concluse con l’incanto. Invece, i vasi andarono in mostra presso il museo senza la previa autorizzazione dai proprietari originali. L’amministrazione del museo non era a conoscenza di eventuali implicazioni legali che circondavano i manufatti durante la preparazione della mostra Xu Beihong. Fu solo dopo la fine della mostra nel luglio 2008, che esso ricevette l’avviso del procedimento giudiziario per recuperare i vasi da Jack Bonn. Nel frattempo, il prestigioso museo ottenne la custodia  dei vasi fino alla fine del procedimento. Il 12 marzo 2009 i vasi sono stati debitamente trasferiti a Singapore presso lo studio discendente dei fratelli Huang.

Testo a cura di Marius Creati

Fonte: Wikipedia