Archive

Archive for the ‘Art de Vivre’ Category

Merry Christmas & Happy New Year 2020

December 24, 2019 Leave a comment

Happy Holidays 2020-fontAnglican Text2

Merry Christmas & Happy New Year 2020

Categories: Art de Vivre Tags: ,

April 11, 2016 Leave a comment

Most of us don’t like to think about death. But as the global population expands, the question of how to dispose of the deceased becomes more and more pressing. Some 55 million people die every year, and cemeteries are becoming ever more crowded. A growing number of designers and urban planners are tackling this issue with innovative concepts for cemeteries of the future.

Where the dead light the night

A recent contest, held by the Centre for Death and Society at the University of Bath in England, asked designers to envision what a cemetery of the future might look like. Columbia University designers submitted the winning entry. Called “Sylvan Constellation,” the design uses biomass (in this case, the gas from decaying human bodies) to illuminate lanterns, casting a shifting matrix of light beams throughout the cemetery. The team will now explore installing the project at Britain’s historic Arnos Vale Cemetery.

sylvan_constellation_cemetery.jpg__800x0_q85_crop

A floating cemetery island

In space-pressed Hong Kong, where cemetery crowding has been a problem for decades, many families keep the ashes of their dead loved ones in columbaria, or buildings and walls with niches for urns. But columbaria still take up space, and local residents often oppose the building of multi-story columbaria in their neighborhoods. That’s the background behind “Floating Eternity,” a concept for a floating columbarium “island” developed by Hong Kong design firm Bread Studio. The island would remain offshore in the South China Sea, reachable by ferry, for most of the year, and then dock at the city during annual ancestor worship holidays.

floating-cemetary.jpg__800x0_q85_crop

Spend eternity in a coral reef

Forget six feet under. How about 40 feet under? Under water, that is. The Neptune Memorial Reef, the largest manmade reef in the world, is an underwater mausoleum for cremated remains. The environmentally-friendly solution, off the coast of Miami, attracts a variety of sea life, helping restore some threatened species. The only downside is that you can only visit your loved one’s resting place if you’re willing to scuba dive.

reef.jpg__800x0_q85_crop

Skyscraper burial

There are already a number of multi-story cemeteries in existence, from Brazil’s 32-story Memorial Necropole Ecumenica to the 8-story Portland Memorial Mausoleum in Oregon. But this design concept, from French designers Fillette Romaric and Chandrasegar Velmourougane, is envisioned with beauty as well as practicality in mind. Their vertical cemetery has a skylight in the center, which allows sunlight to reflect on a pond at the ground level. A spiral walkway around the building allows for grave visits and offers stunning views of Paris. The idea was a finalist in the 2011 eVolo Skyscraper Competition.

skyscraper-collumbarium.jpg__800x0_q85_crop

GPS headstones

As “green” or “natural” burials, where bodies are buried in fields or other natural settings without being chemically embalmed, become more popular, the question remains: how will loved ones be able to visit the deceased, in the absence of a headstone. Several cities and cemeteries have come up with a potential solution: GPS. The deceased would be buried with a GPS unit, and families would be given a tracker to “find” them when they came to visit.

gps.jpg__800x0_q85_crop
by Emily Matchar

Fonte: Smithsonian

Categories: Art de Vivre, Life-Visions

Caftano, tra charme e seduzione

June 7, 2014 Leave a comment

amica caftano

Se Adriana Karembeu è salita sui podi più alti indossando il caftano marocchino e Susan Sarandon lo ha indossato alla premiazione del Festival del Cinema di Marrakech, quest’ultimo ha influenzato non poco il mondo delle nuove tendenze che sposa una moda che arriva da lontano,  la tradizione che impone le sue origini tramandandole da secoli. Il caftano marocchino unito alla fantasia di bravi stilisti, accorpa la fantasia e il capriccio, allaccia la magia allo charme tutto orientale e coniuga la seduzione ad ogni epoca. La tradizione flirta con l’uptodate, l’audacia si mixa al modernismo orientale, i tagli sposano i corpi, i ricami si uniscono ai tessuti e i colori creano miracoli prodigiosi. Le donne sono entusiaste, gli uomini attratti. Ilcaftano è una eredità di generazioni fieramente indossato in tutte le cerimonie marocchine; fidanzamenti, matrimoni o ancora battesimi, sono occasioni dove l’indumento esprime al massimo la sua eleganza e la sua bellezza. I differenti tagli poi sono fonte di una gioia immensa per i sarti e per chi indosserà il capo. Si può scegliere il “laaroussa“, sublime la “nfissa“, sotto lo sguardo attento e preciso della “Khayata“. È l’abito di base della donna marocchina che soddisfa appieno la femminilità che si è  impadronità, oramai da decenni, delle donne del Paese. Dal tempo dei Romani, il caftano ha percorso un lungo cammino ed elesse domicilio inMarocco; è oramai parte integrante del Patrimonio Nazionale e conferma giorno dopo giorno la sua posizione di leader quando si parla di eleganza e di maestosità orientale. Gli stilisti non centellinano sull’immaginazione e la creatività quando si tratta di creare nuove tendenze, tagli particolari e tessuti. Tessuti che spaziano dal satin duchessa, passando per taffetas, shantung di seta, organza, sino ad arrivare a preziose tessiture in oro damascate. Anche per i ricami vi è  l’imbarazzo della scelta; è un mestiere antico, che si va perdendo e che richiede maestria, colpo d’occhio e un gusto eccelso per i particolari anche minimi. Oggi è chiaro un ritorno alle antiche “broderie“, sovente con ramages di fiori che si chiamano “Jarda” (giardini), ricamate quasi sempre a livello del decolletté e che necessità di una enorme combinazione dicolori e di toni. Se il caftano marocchino colpisce di meraviglia chi lo osserva, la sua creazione non è cosi’ semplice come sembra. Dal taglio alla couture, passando per i ricami, questa ottava meraviglia del mondo esige arte e mestiere. Per fare tutto questo i sarti devono essere minuziosi e l’applicazione e la perfezione sono strumenti indispensabili. In effetti lo “Izar che avvolgeva il corpo con un piccola cintura al tempo dei Romani non ha più niente a che vedere con l’industria attuale della alta sartoria tradizionale marocchina. Per la creazione è indispensabile una buona mano d’opera ma la scelta del tessuto è  quella che decide il modello e la vestibilità finale. Nellamedina di Marrakech si trovano ancora dei bambini che aiutano i loro genitori durante la fase del ricamo; questa pratica che dura da anni implica questi giovanissimi ad apprendere il mestiere e, con le loro piccole dita possono facilmente aprire matassedi seta che si ingarbugliano e incrociare i fili di colori con una facilità estrema. Voglio ricordare il grande stilista algerino YSL, che ha presentato in tutte le sue collezioni caftani spettacolari prendendo spunto dai colori e dalla vita di Marrakech, città dove viveva e dove trovava l’ispirazione per le sue collezioni. Anche da uomo negli ultimi tempi sono sorte numerose griffes che presentano modelli veramente spettacolari, per le calde serate europee e perché no per una festa da mille e una notte dal taglio glamour. I prezzi di un caftano variano dai 600 Euro ai 1.500, secondo lo stilista. Tutto dipende dalla lavorazione e ovviamente dai ricami. Alcuni ricami sono eseguiti con fili in oro e argento quindi il prezzo aumenta notevolmente. Sono prezzi alti ma si possono trovare anche delle varianti economiche cucite dai sarti della medina, con cura eccelsa, a prezzi che variano tra i 100 e i 200 euro, quindi tutti hanno la possibilità di regalarsi un capo importante, un piacevole ricordo del Paese, uno stile di vita unico che riflette una cultura fatta anche di dettagli, di piccoli particolari, di ore passate a ricamare minuscoli fili per il piacere di guardare e farsi guardare!

Fonte: My Amazighen

Defacts, oggetti creativi in giro per Milano

April 3, 2014 Leave a comment

This slideshow requires JavaScript.

Noi non siamo al Salone del Mobile
e non siamo nemmeno al Fuori Salone:
noi siamo il Salone Mobile
Parteciperemo anche noi all’evento dell’anno!
Dal 9 al 12 Aprile dalle 18,00 alle 23,00 circa: dove? Essendo in movimento… seguiteci via Facebook o Twitter!
Porteremo in giro per Milano i nostri oggetti, creativi e pieni di sottile ironia o significato: POLLOCK, il porta trinciapollo a forma di Pollo (http://defacts.it/it/pollock.html) e GOOD: una croce (o un crocifisso?) che si mostra a chi crede. (http://defacts.it/it/credo-vedo.html)
Siamo designer in autoproduzione, la nostra forza è il sogno e la convinzione di potercela fare grazie a idee creative e originali.
100% Made in Italy.
Sinergia totale: dal produttore al consumatore.
Insomma: tante idee per strappare un sorriso!
E se qualcuno vuole unirsi all’idea è benvenuto: si munisca di cariola o carrello della spesa o passeggino e lo riempa delle sue creazioni: lo accoglieremo come un amico!
(A chi ci viene a incontrare gli spetteranno un cicchetto di vino e olive… 100% italiane! ;-D)
Le immagini sono scaricabili in alta definizione al seguente indirizzo: http://defacts.it/it/stampa.html
Seguiteci su Facebook per sapere dove saremo di minuto in minuto:
https://www.facebook.com/DefactsHouse
o su www.defacts.it (qui potrete trovare immagini ad alta risoluzione e foto cronaca del nostro peregrinare per Milano)
o Twitter:
twitter.com/DefactsHouse
Basta scrivere a: info@defacts.it

Categories: Art de Vivre, Life-News Tags:

Nomade… ignorante, poeta errante, tuareg… fascino di gioventù

March 18, 2013 Leave a comment

tende

Millenni fa qualcuno distinse il campo dalla pianura, scavò pozzi e canali, costruì città e templi, e diede vita allo Stato. Qualcuno invece scelse di continuare a vivere nelle tende, con gli animali, allevati e cacciati, sempre in movimento, sempre spostandosi cercando pascoli più verdi, terre più ricche in selvaggina – mercati più floridi. Il nomade scorre, lieve, sulla terra: tutte le carovane e i cavalli non pesano quanto un palazzo; è fluido nell’organizzazione, coglie la vita che gli serve per la vita – né più né meno responsabile di un qualunque animale, nella cura del mondo, sia egli il tuareg colorato d’indaco che traversa il Sahara a dorso di dromedario, mercante di sale, tè e gemme, sia il terribile cavaliere unno che mastica carne frollata sotto la sella e caccia il nemico umano come preda nelle steppe sterminate dell’est, frustate dal vento freddo. A un tempo il nomade resta più vicino alla saggezza preistorica della bestia intelligente che vive con la natura; ora ignorante, ora fine poeta, vive affogato in superstizioni che però sono un linguaggio, una rappresentazione simbolica di una realtà che pulsa di energia. È da queste osservazioni che un uso figurato od esteso dovrebbe connotarsi.
Quello del nomade, in due parole, è come un fascino di gioventù: pare poco serio, ma è di vitalità magnetica.

Fonte: My Amazighen

Categories: Art de Vivre

B.live, nuovo brand socialmente costruttivo da Fondazione Magica Cleme e Ass. Bianca Garavaglia

B.live

L’altra faccia della moda. Quella della passione, del lavoro, dell’orgoglio. Fatta non da professionisti ma da ragazzi che hanno le stesse capacità. Anzi. Forse questi giovani possiedono una marcia in più: hanno il coraggio di agire. Sono i piccoli pazienti dell’istituto dei tumori di Milano. B.live è il nome del nuovo brand. Una linea fresca, colorata e soprattutto costruita giorno dopo giorno con la forza di chi non si arrende. Il progetto è stato realizzato dalla Fondazione Magica Cleme in collaborazione con l’associazione Bianca Garavaglia. Adolescenti malati che da “pazienti-modello” incollati ai letti dell’ospedale si sono trasformati in sarti e stilisti di successo. Hanno abbandonato la vita sedentaria per alzarsi a studiare la passerella, le luci, le modelle. Hanno disegnato tutto ciò che avevano in mente. Si sono messi su un tavolo a tagliare e cucire. E ce l’hanno fatta. A dicembre scorso sono riusciti ad organizzare una vera sfilata. Stilisti, un make artist ed imprenditori del settore li hanno guidati con laboratori e corsi di formazione, ma lo straordinario successo della collezione viene dalla loro forza. Continuare a vivere, a sognare. Questo è il messaggio che gli adolescenti malati di cancro vogliono far arrivare a tutti. E ci stanno riuscendo molto bene. Più di mille le persone erano presenti alla sfilata e dal 23 aprile gli abiti saranno in vendita insieme ad un libro che racconta la loro avventura. Credere e vivere. Credere per vivere. B.live rappresenta il coraggio di andare avanti, di lottare anche nelle situazioni più difficili. B.live è la voglia di credere in se stessi senza filtri, senza dover pensare, un giorno, di smettere.(Giulia Pezzolesi)

Fonte: VM-Mag

Fouta, lenzuolo da Hammam must sulle spiagge chic francesi

March 13, 2013 Leave a comment

fouta

Il lenzuolo da Hammam, più conosciuto come « fouta » tra gli iniziati, è diventato un must sulle spiaggie chic francesi nella rovente estate 2012. Più pratico dell’asciugamano e multifunzione, la “fouta” ha sedotto con glamour i fashion-victims giovani e meno giovani, grazie anche al suo peso piuma e alla sua taglia XXL. La “fouta”, originaria della Tunisia poi introdotta in tutto il Maghreb, può essere utilizzata come asciugamano ma anche come telo da spiaggia, pareo o maxi foulard. A Parigi si vede spesso nei bagni d’autore e nelle immagini di adv patinate che promuovono ceramiche e sanitari uptodate. Si trova in vendita su Internet o in qualche selezionato negozio; il lenzuolo costa tra i 18 e i 60 euro secondo l’origine, la qualità del materiale e la taglia. Da sfoggiare assolutamente nei tanti colori disponibili anche se l’originale è bianco/grigio in uno spettacolare cotone egiziano, magari ricamato con le proprie iniziali.

Fonte: My Amazighen

Categories: Art de Vivre Tags: ,

Bellezza, maschera uovo per una pelle splendente e luminosa

February 25, 2013 Leave a comment

tuorlo-uovo-600x466

Per una pelle splendente e luminosa
Non ci siamo ancora lasciati alle spalle cattivo tempo e neve, ma già le giornate si sono allungate e non sono mancati i giorni di sole. La primavera è alle porte!
Volete preparare il vostro viso al cambio di stagione? Basta una semplice maschera fai da te con tuorlo d’uovo da applicare una volta alla settimana per nutrire la pelle e renderla pronta per il periodo caldo.
Un nutriente tuorlo d’uovo va sbattuto con un cucchiaio di olio d’oliva e va messo su viso e collo per circa mezz’ora. Il mix va tolto poi con acqua tiepida. Per una pelle splendente e fresca, potete aggiungere un cucchiaio di latte al composto.

Fonte: Olfatto Matto

Categories: Art de Vivre

Tempo libero, vivi l’estremo…

February 25, 2013 Leave a comment

sport_estremi

L’uomo per sua natura ricerca emozioni forti. Da sempre. L’emozione che più frequentemente viene cercata (e trovata) è il pericolo, la scarica di adrenalina. Portare il proprio corpo al limite è la passione e molto spesso il lavoro di questi uomini di cui vi voglio parlare. Uomini fuori dal comune che si dedicano totalmente agli sport estremi, i più pericolosi che abbiate mai visto.
C’è un po’ di vento
Gli sport estremi per antonomasia sono quelli che hanno a che fare con l’altezza, in cui il grado di difficoltà è dato dalla possibilità più o meno alta di precipitare in caduta libera da quote considerevoli. Tuttavia, proprio per questa loro caratteristica sono i più affascinanti e, fornendo alla persona che li pratica un punto di vista assolutamente sconosciuto, ai più regalano spettacoli mozzafiato.
Base Jumping
Partiamo subito con le definizioni: il Base Jumping consiste nel lanciarsi nel vuoto da una superficie ferma, che non sia un velivolo. Le basi di lancio possono essere le più disparate, dal classico e illegale (ma molto scenografico) grattacielo di Manhattan fino ai peggiori dirupi di montagna che potete immaginare. Il Base Jumping però non si chiama così perchè il salto viene fatto da una “base”. In realtà bisognerebbe scrivere B.A.S.E. Jumping poichè Base è una sigla che sta per Buildings (edifici) Antennas (antenne) Span (ponti) Earth (rilievi naturali). Chiaramente dopo la caduta, che può durare diversi secondi o addirittura minuti se vi chiamate Felix Baumgartner, l’atterraggio viene effettuato dopo l’apertura del paracadute. Tuttavia questo passaggio non è così scontato come potrebbe sembrare. A qualche pazzo scatenato è infatti venuta la brillante idea di lanciarsi dopo una caduta di 45 metri su una pila di scatoloni di cartone alta circa 4 metri alla folle velocità di 30 m/s che sembrano pochi, ma sono sempre quei 100 km/h che sulle nostre automobili ci fanno tanta paura. Il Base Jumping però non va confuso con il paracadutismo. A differenza di questo, infatti, il Base Jumping si effettua da quote notevolmente più basse, aumentando la difficoltà. Il tempo di caduta medio di un paracadutista infatti è di circa 3 minuti, mentre per il Base Jumper è di pochi secondi, cosa che può fare la differenza nell’apertura del paracadute.
Parapendio
Il parapendio è la versione progressive (usando un termine musicale) del paracadute. E’ una forma di paracadutismo acculturata, cerca sì il pericolo e l’adrenalina, ma si abbandona molto spesso alla contemplazione pacifica dello spazio circostante approfittando di delicate correnti ascensionali per mantenere il volo più a lungo possibile. L’attrezzatura è formata fondamentalmente da un‘ala rettangolare collegata all’imbrago dai cosiddetti fasci funicolari, i fili che collegano i due elementi. Il decollo si effettua da terra (a differenza del paracadutismo) facendo gonfiare la vela dal vento correndo in direzione opposta oppure esponendo l’ ala alla corrente e aspettando il momento esatto dello stacco. La caratteristica fondamentale del parapendio è, come dice il nome stesso, l’estrema vicinanza della persona al terreno, al pendio, appunto, e questo lo rende lo strumento perfetto per osservare il paesaggio circostante; considerando poi che la posizione dello sportivo è praticamente sdraiata, non è sbagliato definirlo lo sport estremo più comodo e al tempo stesso più suggestivo. Questo non deve però far pensare che sia meno pericoloso: situazioni anomale come chiusure improvvise del paracadute o stalli con conseguente perdita di portanza, che è la forza che tiene su la vela, sono sempre dietro l’angolo e vanno prevenute adottando tutte le regole di sicurezza imposte dalla legge e facendo regolari controlli di manutenzione.
Scoiattoli volanti? No, Wingsuit!
Arriviamo al sodo: questo è lo sport più pericoloso che l’uomo abbia mai inventato. L’ idea di far volare l’ uomo non è certo cosa nuova e le origini di questo sogno realizzato con secoli di fatiche è riconducibile a basi mitologiche con la figura di Icaro e le sue ali di cera. Tuttavia negli anni novanta al signor Patrick de Gayardon venne in mente di creare una tuta alare che permettesse all’ uomo di volare senza dover salire su un aereo. In sostanza vengono applicate alla tuta delle membrane del tutto simili a quelle degli scoiattoli volanti che con un flusso d’aria adeguato si gonfiano generando portanza. Il principio è semplicissimo, la cosa sconvolgente sono le modalità di applicazione. A metà strada tra il Base Jumping e il parapendio, l’utilizzo delle wingsuit fa raggiungere al praticante velocità di 363 km/h (Guinness World Record) ad altezze del pendio del rilievo da cui ci si è lanciati dell’ordine di pochi metri, al massimo 20/30.
La pericolosità dello sport si sente a pelle. A quelle velocità, e soprattutto a quelle altezze, un errore anche minimo nel posizionare il corpo rispetto al flusso dell’ aria ci farebbe fare una bruttissima fine senza neanche accorgercene. L’atterraggio si effettua regolarmente con un paracadute come quelli per il Base Jumping. Abbiamo capito però che quando si tratta di rischiare, l’ Umanità non conosce limiti. Anche qui infatti un paracadutista di nome Gary Connery è atterrato su degli scatoloni senza l’ausilio del paracadute uscendone perfettamente illeso. Data la sua recente nascita la disciplina del Wingsuit è ancora in fase di evoluzione e ogni tanto vengono proposte delle varianti a reazione molto interessanti: Visa Parviainen, finlandese, applicandosi 2 motori a reazione alle caviglie è riuscito a mantenere un volo perfettamente orizzontale per ben 30 secondi, cosa straordinaria visto che in questo sport la componente verticale del moto viene a mancare molto raramente e per brevissimi periodi.
Dall’alto in basso: l’acqua a livelli estremi
Il 75% del nostro pianeta è sommerso da acqua, noi siamo fatto per la maggior parte di acqua, se l’acqua allo stato liquido non esistesse sulla Terra non saremmo qui a parlarne. Possibile che l’acqua sia solo un liquido da bere per noi? Vediamo di coglierne gli aspetti più giocosi, pericolosi ed estremi.
Kitesurf
Farsi trasportare dal vento per spostarsi è un’idea che nacque già in Cina intorno al 1200, tuttavia il Kitesurf per come lo conosciamo oggi è un’invenzione che risale agli anni novanta, quando Bruno e Dominique Legaignoux resero l’idea di collegare una tavola da surf a un aquilone una cosa sicura e accessibile a tutti. Il Kitesurf è stato da poco nominato come il natante mosso da vento più veloce al mondo ma ci sono notevoli margini di miglioramento per le prestazioni. Chiaramente, proprio per queste sue elevate velocità, il Kitesurf non è certamente uno di quegli sport in cui si può rimanere ” passivi” come nel parapendio. Esso richiede un notevole sforzo da parte del surfer che deve riuscire a utilizzare il vento compreso tra gli 8 e i 40 nodi per compiere quelle acrobazie spettacolari che qualche volta vediamo mentre siamo al mare. Gli stili di Kitesurf però sono diversi, tra cui possiamo individuarne due principali: il wavestyle che consiste nello sfruttare le onde per divertirsi e, perchè no, far divertire più facilmente, e il wakestyle: il surfer si lascia semplicemente portare dal vento decidendo autonomamente come eseguire i salti che saranno prodotti da un salto, appunto, del surfer.
Immersioni in apnea
Penso proprio che in questo sport si raggiungano davvero i limiti fisiologici dell’ uomo. Un solo respiro per raggiungere il massimo risultato, niente iperventilazioni con bombole d’ossigeno come succede nei programmi televisivi, niente di niente: aria e polmoni. Le origini di questo sport si perdono nella notte dei tempi; sin dall’antichità l’uomo ha sempre voluto esplorare i fondali marini per motivi vari: dalla pesca alla raccolta di conchiglie e altri oggetti. Per quanto però la tradizione sia molto antica, l’apnea rimane uno sport ad altissimo rischio: se infatti l’aria all’interno dei polmoni si carica troppo di anidride carbonica (ipercapnia) o al contrario l’ossigeno scende a livelli troppo bassi (ipossia) se non si viene recuperati immediatamente l’immersione potrebbe avere conseguenze spiacevoli. Occorre quindi seguire dei corsi preparatori, valutare seriamente il grado di difficoltà di quello che si sta andando a fare e, importantissimo, essere sempre accompagnati da qualcuno che è almeno al nostro stesso livello di esperienza. Ma se state pensando che l’apnea è uno sport noioso, che in fin dei conti più che blu a 360 gradi non ci fa vedere vi sbagliate di grosso. Sono numerosissime infatti le competizioni che si svolgono in ambienti caraibici in fondali meravigliosi. Tuttavia, anche se fatto nei posti più belli del mondo, l’apnea rimane comunque uno sport statico, di pura concentrazione. Sbagliato di nuovo! C’è quest uomo, Guillaume Nery, che si immerge in cavità molto profonde, a dir poco terrificanti e ne esce autonomamente, senza alcun sistema di risalita all’infuori dei propri muscoli, il che rende il tutto più difficile perchè muovendosi, chiaramente, si consuma ossigeno.
Piano terra, sport estremi terresti
Siamo finalmente alle quote che più ci si addicono, sport che di estremo hanno molto di meno rispetto a quelli che abbiamo mostrato fino ad ora. Tuttavi questo non li priva del loro fascino e dei loro elementi più divertenti.
Skateboard e possibili applicazioni
Visto che saltare più in alto di 2 metri ci risulta piuttosto difficile, e visto che non possiamo andare sottoterra, non ci rimane altro da fare che scivolare. Non bisogna cadere nell’errore, però, di limitare lo scivolamento a quello su ruote e sull’asfalto tipico dello skateboarding, dobbiamo ampliare le nostre vedute.
Snowboard
Famosissimo, divertentissimo, relativamente facile da praticare, magnifico da vedere. Lo Snowboard si esalta senza dubbio nella sua modalità fuori pista. Lasciati da un elicottero nei posti più inaccessibili ci si lancia verso valle a velocità considerevoli con altissimi rischi di valanghe proprio per il fatto che si è fuori pista e non c’è nessun tipo di controllo sulle condizioni del manto nevoso. Molto spesso si è anche portato a dover compiere salti di diverse decine di metri a causa di improvvise sconnessioni del terreno sottostante che tra l’altro sono la principale causa di lesioni agli arti inferiori data la caratteristica improvvisa di queste insidie. C’è poi la variante freestyle dello snowboard che di estremo ha molto poco data la sua pratica in condizioni di sicurezza adeguata, ma che è comunque molto affascinante.
Sandboard, lo sport che non ti aspetti
Perchè non scivolare sulla sabbia? Il 30% delle terre emerse è costituito da deserti (che spreco eh?) di cui il Sahara è notoriamente il più esteso. Ed è sabbioso. Nove milioni di km quadrati di sabbia a nostra disposizione per praticare questo magnifico sport. Funziona tutto come per lo snowboard solo che questo si può praticare tutto l’anno data la temperatura costante (ed estrema) dei deserti. Ovviamente il Sahara non è l’unico luogo in cui si può praticare. Non sono infatti rari i vulcani dalle pendici sabbiose che offrono scenari fantastici per i sandboarders che potranno vivere un’esperienza unica surfando su sabbia nera di origine vulcanica. Questo sport si può praticare sia in piedi, “indossando” regolarmente la tavola ai piedi, oppure da sdraiati, infilando le mani negli agganci destinati ai piedi. Ovviamente quest’ ultima variante è consigliata alle persone meno esperte che lo praticano fondamentalmente come attività turistica: son sempre di più i villaggi vacanze, per lo più in posti esotici, che propongono il Sandboard come attività ludico ricreativa.

Roberto Collorafi

Fonte: Tasc

Categories: Art de Vivre, Tempo Libero

Mercedes-Benz Classic, 125 anni prime esportazioni di automobili

February 13, 2013 Leave a comment

 

This slideshow requires JavaScript.

Mercedes-Benz Classic
125 anni fa le prime esportazioni di automobili
1888: a due anni dall’invenzione, l’automobile si avvia alla conquista del mondo
Francia: mercato chiave per Daimler e Benz
Stoccarda – L’automobile iniziò ad essere esportata nel 1888: Carl Benz e Gottlieb Daimler commercializzavano i loro prodotti anche e soprattutto all’estero, ponendo così le basi per una storia di successo a livello internazionale. All’epoca però erano ancora concorrenti. Nel 1886, indipendentemente l’uno dall’altro, inventarono entrambi l’automobile. Solo nel 1926 ci fu la fusione tra le aziende Benz & Cie. e Daimler-Motoren-Gesellschaft che diede vita a Daimler-Benz AG.
In un primo momento, nel 1888, due erano i mercati chiave. Sia Benz che Daimler commercializzavano i loro prodotti in Francia mentre Daimler puntò anche sulle vendite negli USA. Entrambe le nazioni si rivelarono molto ricettive nei confronti del nuovo prodotto tecnologico. È l’inizio di una nuova era: la vendita dell’automobile, prodotto nuovo e tecnologicamente sofisticato, richiedeva un’organizzazione completamente nuova. Inizialmente i prodotti venivano venduti direttamente in fabbrica. Presto però iniziarono a diffondersi agenzie di vendita sia in Germania che all’estero gestite in parte dai produttori ed in parte da privati. Al volgere del XX secolo, le automobili erano presenti già in ogni parte del mondo. In molti
Paesi le prime automobili in circolazione furono proprio le nuove vetture di Benz e Daimler.
A fronte del grande successo, la produzione aumentò, le vetture vennero perfezionate e la gamma dei modelli ampliata. Già agli esordi iniziarono a svilupparsi gli stessi fattori che ancora oggi caratterizzano il settore automobilistico e che lo hanno reso in tutto il mondo un forte settore economico.
Svolta internazionale per l’automobile
La “Patent-Motorwagen” (veicolo a motore brevettato) di Benz è considerata la prima automobile del mondo. Il 29 gennaio 1886, Carl Benz depositò il brevetto del suo “veicolo con motore a gas”. Mentre i giornali locali di Mannheim parlavano del nuovo veicolo profetizzandone il brillante futuro, Benz era inizialmente più cauto. Quest’ultimo riteneva infatti che non potevano o non dovevano essere vendute automobili, finché gli esperti come lui non fossero stati in grado di gestirle pienamente.
Tuttavia, cambiò opinione due anni dopo, quando Bertha Benz effettuò ad agosto del 1888 il primo viaggio sulla lunga distanza con il veicolo a motore, recandosi con i suoi figli da Mannheim a Pforzheim e ritorno. Questo viaggio convinse perfino l’inventore che il suo prodotto era affidabile e pronto per il lancio sul mercato. Benz presentò il veicolo a motore a settembre del 1888 alla mostra “Munich Power and Work Machine Exhibition” facendo così conoscere l’automobile ad un pubblico più vasto.
La Francia creò le basi per la svolta della produzione in serie. Nel 1888 Carl Benz spedì il primo esemplare del veicolo a motore brevettato Benz nella versione più sviluppata, nota come Modello 3, all’ingegnere francese Émile Roger che gestiva un’officina a Parigi e che già da alcuni anni vendeva i motori stazionari Benz a due tempi. “Venne, vide ed acquistò prima un’automobile, poi alcune ed infine molte”, scrisse Benz nelle sue memorie. Del Modello 3 vennero prodotti complessivamente 25 esemplari.
Fu grazie a tale successo in Francia che si decise di andare avanti con la produzione. In Germania infatti le automobili di Benz all’epoca non avevano riscosso grande successo da parte del pubblico, come scriveva l’inventore stesso nel 1914 in una lettera al South Kensington Museum di Londra. Il direttore gli aveva chiesto informazioni di prima mano su un veicolo a motore brevettato Benz del 1888, appena entrato in possesso del museo. “Solo dopo che [Émile] Roger diffuse questa innovazione a Parigi e dopo che furono introdotte e vendute alcune automobili in loco […], siamo stati in grado di avviare la produzione vera e propria e, da quel momento in poi, abbiamo avuto veramente tanto lavoro”, scrisse Benz.
La suddetta vettura appartiene oggi al Science Museum, Londra, e dal 2009 si trova come prestito provvisorio nel Museo dell’Automobile Dr. Carl Benz a Ladenburg. È la più antica automobile al mondo completamente conservata.
Émile Roger non si occupò solo del concessionario Benz a Parigi, ma anche delle vendite a livello internazionale, avendo ottenuto diritti di esclusiva per la Francia ed il resto del mondo. Roger non solo divenne quindi il primo rappresentante di automobili Benz, ma riuscì anche a vendere la maggior parte delle auto durante questo primo periodo: tra queste anche la vettura che oggi è di proprietà del Science Museum. Fino al 1893 l’azienda Benz produsse solo 69 veicoli, ma oltre il 60% di loro andarono a francesi. Per l’inizio del XX secolo, Benz & Cie. aveva consegnato circa un terzo di tutta la produzione pari a ben 2.300 automobili in Francia. I veicoli Benz potevano essere ordinati in qualsiasi parte del mondo. Oltre a Vienna, Bruxelles, Basilea, Milano, Mosca e Londra, erano presenti agenti a Barcellona, Budapest, Buenos Aires, Bucarest, Ginevra, Il Cairo, Città del Capo, Madrid, Melbourne, Città del Messico, Nimega, Oporto, Pretoria, Singapore, Stoccolma, Torres Vedras, Vevey e Varsavia.
Daimler: vendite tramite partner commerciali amici
Anche per Gottlieb Daimler l’estero rappresentò inizialmente il mercato più importante. Da quando era Direttore Tecnico della fabbrica di motori a gas Deutz negli Anni Settanta del XIX secolo, Daimler curava rapporti amichevoli e commerciali con l’avvocato parigino Edouard Sarazin. Il co-proprietario della “Compagnie Française des Moteurs à Gaz et des Constructions mécaniques” seguiva le attività di Daimler con particolare interesse. Quando l’inventore tedesco negli Anni Ottanta del XIX secolo iniziò a sperimentare a Cannstatt il veloce motore a benzina, l’avvocato si recò a trovarlo e rimase subito colpito dalle sue idee. I due amici concordarono che, una volta completati, Sarazin avrebbe introdotto i nuovi motori in Francia: con una stretta di mano acquisì i diritti a commercializzare tutte le future invenzioni di Daimler sul territorio francese.
In base all’accordo, Sarazin avrebbe protetto anche in Francia i brevetti di Daimler registrati fino al 1886 in Germania. Nel 1887, Sarazin parlò con l’imprenditore Émile Levassor della possibilità di costruire motori Daimler in Francia; conosceva Levassor ed il suo partner René Panhard per aver studiato insieme all‘“L’Ecole centrale”. Sarazin morì alla fine del 1887 a causa di una malattia renale, ma non prima di aver pregato la moglie di proseguire la commercializzazione delle invenzioni di Daimler in Francia. Louise Sarazin scrisse quindi a Gottlieb Daimler offrendosi di continuare il lavoro di suo marito in Francia. L’inventore accettò “di cuore”, come scrisse lui stesso, e definì gli accordi con la nuova partner commerciale per l’utilizzo dei brevetti Daimler in Francia. Come previsto, Levassor si occupò della produzione dei motori Daimler su licenza.
L’Esposizione Universale di Parigi, che si tenne da maggio ad ottobre 1889, rese famoso in Francia il veloce motore a benzina. Un rapporto pubblicato nel 1890 sull’Esposizione Universale definì il motore della vettura Daimler il “progetto maggiormente degno di nota”. Sembra che anche gli altri imprenditori la pensassero allo stesso modo: dopo l’esposizione, alcune fabbriche francesi di macchine si offrirono infatti di costruire i prodotti Daimler su licenza. Tuttavia Gottlieb Daimler rimase fedele alla parola data. Il 5 febbraio 1889 aveva già concordato con Louise Sarazin che solo lei avrebbe potuto utilizzare tutti i brevetti francesi e belgi ponendo solo due condizioni: “Tutti i miglioramenti ed i perfezionamenti realizzati da entrambe le parti devono andare a vantaggio di entrambe le parti; tutti i prodotti devono portare il mio nome e Lei non mi farà concorrenza in altri Paesi.”
Poco tempo dopo Louise Sarazin trasferì tutti i diritti di produzione all’azienda Panhard & Levassor in cambio del pagamento di una tassa di licenza del 20%: il 12% della quale sarebbe spettato a Daimler. “Su questi accordi tra Gottlieb Daimler e la sig.ra Sarazin da un lato e tra la sig.ra Sarazin ed Emile Levassor dall’altro si fonda l’intera industria automobilistica francese”, si legge in una pubblicazione celebrativa redatta nel 1950.
Gli inizi in America nel 1888
Già nell’estate del 1888 Gottlieb Daimler fondò con William Steinway, proprietario dell’omonima fabbrica di pianoforti a New York, la “Daimler Motor Company” come joint venture con sede a Long Island, New York, ed affidò contrattualmente a Steinway l’utilizzo dei suoi diritti di brevetto sui motori e le vetture negli Stati Uniti ed in Canada. Inizialmente il costruttore di pianoforti con la propensione per i motori a scoppio si occupò soprattutto di marketing. Iniziò ad inviare dépliant ed esibire le invenzioni di Daimler in una mostra permanente. Nel 1891, ad Hartford, Connecticut, su ordine di Steinway vennero “prodotti per la prima volta negli Stati Uniti d’America i motori a benzina per automobili” come si legge in una targa commemorativa installata successivamente nelle fabbriche Underwood di Hartford, e nello specifico, “secondo i piani originari di Daimler”. Si dice che, nello stesso anno, Henry Ford, dopo aver visto questo motore a benzina, abbandonò l’idea di alimentare i propri veicoli con motori a vapore.
Lo sapevate?
Classe S sarà al centro degli stand fieristici di Mercedes-Benz Classic durante la Retro Classics 2013 a Stoccarda
(dal 7 al 10 marzo 2013) e la Techno Classica ad Essen (dal 10 al 14 aprile 2013).
Ulteriori informazioni su: media.mercedes-benz.it e www.media.daimler.com

Categories: Art de Vivre Tags: