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Le meravigliose pareti illuminate del Grand Canyon (parte III)
La luce voluminosa del giorno inizia dignitosamente il suo brillante percorso in discesa verso la cruda notte, lungo il passaggio ripido delle vaste aperture rocciose, sopra la coppa del maestoso monumento, tinteggianti variopinti bagliori dorati sotto l’influenza dei minuti colpi solari, versando l’ombra dell’oscurità sui ciglioni più in basso al calar della tenebra vespertina. Alzando lo sguardo al fulgore invitante della tiepida stella infuocata ancora rovente si nutre una sensazione di rinnovamento durante il lento cammino di risalita lungo la nuda penombra assiepata intorno al sentiero dirupato.
Osservare le pareti del Canyon mentre si viene illuminati dal percorso incantato incombente diviene pressoché umiliante e non si può fare altro che sentirsi sottomessi dal grandioso complesso architettonico strutturato direttamente dalla mano di Dio. Lo stallone purosangue mira la testa con la medesima consapevolezza mentre, riacquistando la sua formidabile resistenza dopo una meritata sosta rinvigorente, si proclama nuovamente paladino della radura riordinando il suo gruppo massiccio già pronto al galoppo al suo impavido comando, preannunciando favolosamente l’ebrezza di una nuova meravigliosa avventura nella catena frastagliata e scoscesa dell’El Dorado, mentre da lontano tentennano ancora rari suffumigi serali che annunciano l’ascesa del vespro nel ricordo di remote tradizioni mai dimenticate.
a cura di Marius Creati
Le meravigliose pareti illuminate del Gran Canyon (parte II)
Scendendo il bordo della gola a picco, imbavagliati con cura sotto un hackberry Stetson da vero cowboy, si raccoglie l’erto sentiero sulla strada che conduce verso il basso attraverso la gola profonda ricca di frastagliature ingannevoli che, con un semplice passo falso, potrebbero provocare una tragedia irrimediabile. Accompagnati dal grazioso nitrito dei cavalli si avverte il gonfiore lacerante dei tricipiti al di sopra del gambale dei Durango, anche la faretra sembra appesantire le spalle sotto il peso costante della calura, mentre il pensiero naufrago si annida sull’idea di arrivare in fretta alla prossima baita cercando di esaurire quel dolore secco dei piedi sostenuti entrambi dall’estasi del circondario. L’arrivo sul fondo scuro del terreno, imbrunito dall’ombra dei colossi montani, scorge la sensazione di essere avviluppati nell’umido.
Muovendosi attraverso i dirupi scoscesi del Canyon germogliano improvvisamente nuovi sentimenti di gratitudine per essere giunti lì da soli nel cuore del suo paradiso terrestre, immedesimati nel notevole spazio ricorrente, sterminato e solitario, idoneo per il riposo e il ringiovanimento. Un soffio improvviso stravolge la cute al di sotto del mantice di tessuto, necessario per non rimanere escoriati dai raggi del sole sovrastante l’espansione del territorio che illumina coriacemente le longeve scoperte geologiche solcate dall’erosione. Quel temporaneo isolamento si trasforma improvvisamente in una prelibatezza incommensurabile; l’avvento, il desiderio di voler raggiungerne il cuore pulsante verso l’interno per avvertirne l’amenità dal di dentro diventa una necessità insostituibile.
a cura di Marius Creati
Le meravigliose pareti illuminate del Gran Canyon (parte I)
La luce del mattino disegna giochi di colore attraverso le scanalature della gola profonda mentre il sole fulgente si esprime verso il basso sulle pareti ripide del Canyon. Nella valle sorge una radura verdeggiante che alimenta la fantasia, ricca di scenari suggestivi, osservando dall’alto delle cime lo sterminato riflesso boschivo che infrange sulle nude rocce rossastre solcate pesantemente dall’erosione del tempo. In prossimità delle dune più basse é possibile scorgere una piccola mandria di cavalli autoctoni mentre brucano e si rincorrono liberamente sui percorsi forgiati dalla natura incontaminata mentre uno stallone purosangue dal temperamento nobile sorge dal gruppo con grande maestosità e dalla fiera bellezza si intuisce che sia il capobranco. Le ripide pareti rocciose mordono il cielo tagliando l’aria a guancia. Il vento soffia freddo e lievi bobine d’aria attraversano le lunghe cavità pietrose lasciando sospiri e richiami incomprensibili che danno l’impressione di essere parte integrante di un meraviglioso componimento poetico di ineguagliabile stima.
Il Canyon riesce a fissare l’osservatore attraverso l’immensità di cui correda il suo immenso habitat e, spostando lo sguardo verso l’alto, si immedesima nel suo vasto insieme risucchiando in esso tutto l’ecosistema, come se si appartenesse per incanto all’altro lato del mondo. Si nutre l’impressione di essere cuori in diretta dinnanzi al volto scoperto della natura… Il galoppo rigoglioso della mandria scorge frastuoni in lontananza miscelando brevi sentori che provengono dalle crude forze dell’universo circostante e l’eco dei nitriti moltiplicati all’infinito riemergono sottoforma di vaghi suoni suggestionanti. In un breve istante il battito cardiaco evince la sua presenza trasmettendo di riflesso rapide pulsazioni energiche susseguite a scialbe palpitazioni emotive statane lungo la scia del trotto fabuloso dei destrieri mentre corrono, tutti insieme, in prossimità della morte, sorretti dall’ambio perfetto che tiene il passo sul bordo dei burroni scoscesi. Una realizzazione mozzafiato che lascia attoniti e attorniati da un fulgido silenzio corroborante.
a cura di Marius Creati






















