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Apple, sono gli anni della verità
Solo dal 2001, grazie alla presentazione dell’iPod, Apple è cresciuta e si è fatta conoscere in tutto il mondo. Grazie all’iPhone, all’iPod ed alla strategia di marketing che tutti conosciamo, Apple ha superato ogni record, ogni aspettativa negli ultimi anni. Al momento la sua popolarità è massima e ancora in crescita. Ora però, per vari motivi potrebbe cambiare qualcosa. Con l’abbandono “parziale” di Steve Jobs e con una concorrenza sempre più insistente, Apple si troverà di fronte ad un bivio: diventare ancora più popolare arrivando ad un monopolio, oppure iniziare un periodo di declino. Scopriamo come e perché…
L’impatto di Steve Jobs
Steve Jobs si può riassumere in una sola frase: l’uomo che ha avuto il più grande impatto di sempre su una azienda. E questo è un dato di fatto, ha risollevato Apple dalla crisi a partire dal suo ritorno nel ’96. Fino a quell’anno Apple faceva l’errore di presentare troppi prodotti, anziché pochi prodotti e fatti bene. Dopo aver presentato l’iMac, nel 2001 presentò l’iPod e nel 2007 l’iPhone. Steve Jobs non solo ha risollevato Apple dalla crisi, ma:
- È diventata una delle aziende più ricche al mondo, in grado di fatturare 76 miliardi di dollari con nessun debito e con un tesoretto da quasi 30 miliardi di dollari, pronti per essere investiti
- Ha creato un’immagine grazie all’attenta ed innovativa strategia di marketing basata sull’hype e sulla presentazione di pochi prodotti ma fatti bene, con un design semplice e diverso da tutti i concorrenti
- Ha presentato prodotti che non solo hanno avuto un enorme successo, ma sono diventati, per molte persone, fondamentali nella loro vita quotidiana
Io certamente non ho le abilità per descrivere al meglio l’importanza e l’impatto che Steve Jobs ha avuto sull’economia e sullo stile di vita, ma se mastichi un po’ di inglese di consiglio di leggere un articolo di un giornalista di Fobes David Martin, figlio di un ex dipendente di Apple assunto nel 1976 direttamente da Steve Jobs. Nel suo articolo David si chiede più volte come Steve sia riuscito a capire cosa fosse importante e cosa non lo fosse nelle strategie di Apple, con una determinazione e “chiarezza” (come dice il titolo: “Jobs and the Impact of Clarity”) che nessun CEO ha mai avuto. Poi è ovvio, non è stato certamente il mago della situazione, è riuscito a fare tutto questo però grazie alle sue capacità di accerchiarsi di collaboratori “perfetti”, in grado di aiutarlo a far crescere Apple.
Certa gente crede che Steve Jobs non debba essere “santificato” in questo modo, io credo sia difficile non venerare un uomo che, senza ombra di dubbio, ha trasformato un’azienda in crisi nera all’azienda più invidiata al mondo.
Il bivio: monopolio oppure declino
Tempo fa avevo scritto già un articolo riguardo il futuro di Apple senza Steve Jobs. Non avrei mai creduto che il cambio di successione fosse così vicino. In ogni caso è arrivato il momento della verità per Apple. Bisogna solo capire se questo momento della verità arriverà entro 1-2 anni o ci vorrà ancora parecchio tempo per smaltire tutti i residui delle idee di Steve Jobs. In ogni caso, nei prossimi 5 anni Apple è destinata a raggiungere il bivio che la condurrà ad affermarsi l’azienda più potente del mondo diventando quasi un monopolio negli smartphone (e forse, in un futuro lontano, anche nei computer), oppure la condurrà verso un periodo di declino. D’altronde Apple è già molto potente, se riuscisse a continuare a crescere e conquistare fette di mercato resterà ben poco ai concorrenti.
L’iPhone economico
Andiamo più a fondo. Come farà Apple a conquistare quella fetta di mercato che gli manca per dare un colpo letale alla concorrenza negli smartphone, in particolar modo ad Android? Semplice, eliminando l’ultimo ostacolo che allontana ancora molti potenziali e futuri possessori di iPhone: il prezzo. Nel sondaggio recente di Skimbu.it dal titolo “Che effetti avrebbe un iPhone economico sulla concorrenza?“, il 44% dei votanti (la maggioranza) crede che un eventuale iPhone economico avrebbe un’effetto veramente devastante sulla concorrenza. C’è poi però un 43% che crede non sarà presentato, un 23% pensa che molti utenti Android passeranno ad iPhone mentre la restante percentuale (5%) non crede che un iPhone economico avrà successo. Se Apple non è stupida, presenterà al più presto un valido iPhone economico, che sarà un dispositivo dalle caratteristiche interessanti e diverse da qualsiasi altro iPhone (non sarà quindi il modello precedente di iPhone con il prezzo ribassato, come è sempre accaduto). Sarà dunque un iPhone pensato appositamente per chi non spende più di 200-300 euro per uno smartphone.
Sicuramente, con un iPhone da 200-300 € fatto bene Apple conquisterà un’ulteriore fetta di mercato, costituita da privati ma soprattutto anche da aziende che fin ad ora utilizzavano come smartphone aziendale Blackberry. Negli ultimi anni infatti Blackberry ha perso parecchio nei confronti dei concorrenti, e per ora a RIM (l’azienda che sviluppa Blackberry) rimangono solo le aziende. Con iOs 5 però Apple ha reso l’iPhone uno smartphone in grado di soddisfare finalmente anche le imprese, e se mai producesse anche un iPhone in grado di soddisfarle economicamente, allora l’era di RIM potrebbe finire.
Per concludere, non dimentichiamo che oltre all’iPhone economico (che potrebbe avere un nome particolare del tipo iPhone Nano?) Apple presenterà l’iPhone 5, che sarà ancora più potente e sottile dell’iPhone 4 e che potrà conquistare altri consumatori.
Mac, tablet e iPod
Come avrai capito, il futuro di Apple ruota soprattutto nel campo degli smartphone, dove c’è la concorrenza più agguerrita e dove basta poco per vedere calare vertiginosamente i propri profitti, basta vedere che è successo a Nokia e Motorola negli ultimi anni.
Mentre con i Mac, tablet e iPod cosa succederà? Nel campo dei tablet Apple è sicuramente più avvantaggiata, così come accade con gli iPod. Per un semplice motivo: se qualcuno nomina la parola tablet pensa subito all’iPad come miglior scelta. Così come accade esattamente con i lettori MP3. Per mantenere ed accrescere la propria popolarità nei tablet e negli iPod Apple dovrà semplicemente continuare il lavoro che sta facendo in questi anni, aggiornare i propri prodotti aggiungendo quelle piccole novità necessarie per mantenere la popolarità, e stare soprattutto attenta al design, che è ciò che l’ha portata ad avere tanto successo con gli iPod e con l’iPad.
Riguardo ai Mac, è difficile prevedere cosa succederà. La concorrenza con Windows, nonostante si sia attutita negli ultimi anni, continuerà ancora per molto. Windows 7 ha rivitalizzato le vendite e la popolarità del sistema operativo più comune al mondo, e sarà difficile per Apple rubare grandi fette di mercato ai PC, salvo grandi colpi di scena e novità inaspettate. Una cosa è certa: Apple sta guadagnando campo nell’hardware, non molto nel software. Mentre Microsoft ha sempre puntato sul vendere a tutti il proprio OS, Apple ha mantenuto una strategia chiusa, in cui Mac OS X viene installato solo sui computer Apple. Questa è la grande differenza che separa Windows da Macintosh. Apple può contare sulle proprie potenzialità per migliorare i propri computer, Microsoft deve per forza affidarsi a terzi (HP, Dell, Sony…) per accrescere le vendite dei PC. Se un giorno i produttori di PC inizieranno a “cedere” di fronte alle novità dei Mac, allora Windows e Microsoft si troverebbero in seria difficoltà.
Nuovi prodotti: la vera incognita
Ciò che ha fatto Apple un’azienda ammirata è la capacità di innovare e inventare. Ed è proprio qui che interveniva Steve Jobs. Lui era ed è un grande ideatore. Molte idee dei nuovi prodotti Apple provenivano da lui. Sicuramente, nonostante non sia più CEO, contribuirà a proporre nuove idee e molti Apple-fan si aspettano nuovi prodotti in arrivo, tra cui la cosiddetta Smart TV, la televisione targata Apple. In ogni caso già da ora il suo contributo è inferiore e presto toccherà a Tim Cook avere le nuove idee per mandare avanti Apple. Ed è questa la vera incognita, nessuno può sapere se Tim Cook sarà in grado di inventare quanto Steve Jobs, nessuno può sapere quanto l’assenza di Steve Jobs si farà sentire sui nuovi terreni, dove, metaforicamente, non ha ancora seminato.
Alberto Ziveri
Fonte: Skimbu
Wim Vandekeybus
Wim Vandekeybus
Regista, coreografo, attore e fotografo, Wim Vandekeybus nasce nel 1963 a Lier, Belgio. Cresciuto in un ambiente rurale, vive a stretto contatto con gli animali nel loro habitat naturale. L’esperienza ha un forte impatto emotivo sul regista che include spesso nella sua arte riferimenti agli animali, con i loro movimenti, le reazioni istintive e la fiducia nella propria forza fisica. Iniziati gli studi in psicologia, li interrompe perche irritato dall’eccesso di “scienza oggettiva“. I suoi interessi gravitano infatti attorno alla relazione tra corpo e spirito. Si avvicina al teatro tramite il regista Paul Peyskens. Segue quindi lezioni di danza (classica, moderna, tango) per poi orientarsi verso il cinema e la fotografia. In 1985, fa un’audizione per Jan Fabre. Vandekeybus fu scelto e durante i due anni successivi viaggia in tutto il mondo con The Power of Theatrical Madness, interpretando uno dei due re nudi. Durante il tour con Jan Fabre, incontra il pittore e fotografo Octavio Iturbe a Madrid, che successivamente diventa un importante collaboratore artistico. Intraprende la sua strada, fondando la compagnia Ultima Vez, che, fin dagli esordi, ha sviluppato le proprie attività come compagnia internazionale di danza contemporanea con la propria base a Bruxelles. Mentre, durante i primi anni, Ultima Vez si è focalizzata principalmente sulla produzione, promozione e distribuzione del lavoro artistico di Wim Vandekeybus (danza, teatro, film). Ultima Vez ha sempre funzionato come una struttura autonoma e indipendente, contando però su una rete di co-produttori e partner per realizzare i propri progetti. Gli attori e danzatori, per le creazioni di Wim Vandekeybus, sono reclutati attraverso innumerevoli audizioni in tutto il mondo. Gli artisti sono partner a pieno titolo nel processo creativo per Vandekeybus. Nella selezione dei suoi esecutori, la formazione di danza o l’ esperienza non sono i più importanti criteri. Perché pone l’accento sulla personalità degli interpreti, che portano con sé un mondo molto personale di linguaggio e di movimento.
La sua prima opera What the Body Does not Remember del 1987 non solo è diventata un successo internazionale, ma ha anche vinto il prestigioso Bessie Award (the New York Dance and Performance Awards). Nel 1989 ha vinto un secondo Bessie per Les porteuses Mauvaises de nouvelles (1989). Dal 1993 al 1999, Vandekeybus ha lavorato il Teatro Reale Fiammingo. Ha realizzato 16 spettacoli con Ultima Vez, tra cui Blush (2002) e Sonic Boom (2005). Le sue creazioni sono caratterizzate da vere e proprie esplosioni di film, foto, video, musica dal vivo e, in combinazione con il testo teatrale, di danza, anche acrobatica.
Fonte: Biennale di Venezia
Eija-Liisa Ahtila
Eija-Liisa Ahtila
Eija-Liisa Ahtila è una video-artista e regista cinematografica finlandese. Dopo aver compiuto studi cinematografici e sui formati multimediali sia a Londra che a Los Angeles, dalla fine degli anni ’80 lavora in diversi campi della creazione audio-visiva come la fotografia, le performance e le installazioni. Al momento, la sua attività si concentra principalmente su opere cinematografiche e installazioni video. Coi suoi lavori esplora tecniche narrative sperimentali, quali la connessione tra spot pubblicitari e cortometraggi, le tecniche di split-screen e le possibilità derivanti dalla narrazione su più schermi. I suoi film sono stati presentati in importanti festival internazionali tra cui Rotterdam, Miami, Hong Kong, Helsinki e il Sundance Film Festival, e sono stati trasmessi su diversi canali televisivi, sia in Europa che in Australia.
Nei suoi primi lavori la Athila ha trattato gli sconvolgenti drammi umani che stanno al centro delle relazioni personali come ad esempio la sessualità giovanile, i rapporti familiari, la disintegrazione mentale e la morte. I suoi ultimi lavori, tuttavia, toccano questioni artistiche più profonde e basilari in cui esamina i processi di percezione e di attribuzione del significato, a volte alla luce di temi culturali ed esistenziali di più ampio spettro come il colonialismo, la fede e il post-modernismo. La sua abilità nel raccontare attraverso le immagini e nel tratteggiare toccanti ritratti umani, ha catturato l’interesse del pubblico e le ha consentito di ottenere l’apprezzamento della critica internazionale. I film di Eija-Liisa Ahtila hanno vinto importanti premi internazionali e molti tra i più importanti musei di arte contemporanea le hanno dedicato una retrospettiva. La Tate Modern di Londra le ha dedicato una mostra monografica nel 2002, mentre il MoMA di New York ha presentato nel 2006 la sua installazione video The Wind. Nel 2008, il centro espositivo di Parigi Jeu de Paume le ha dedicato una retrospettiva. Il British Film Institute ha pubblicato in DVD The Cinematic Works of Eija-Liisa Ahtila, garantendo così l’accesso al suo lavoro ad un pubblico più vasto. L’artista finlandese ha partecipato due volte all’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Nel 1999 era presente con il video Lohdutusseremonia (Consolation Service), grazie al quale ha ottenuto una menzione d’onore. E’ tornata alla Biennale nel 2005, dove ha presentato The Hour of Prayer, opera che indaga sul senso di perdita e sul dolore derivante dalla morte del proprio cane. Tra i suoi lavori, Plato’s Son (1990), un cortometraggio di stampo filosofico nel quale un alieno giunge sulla terra, The Trial (1993), Me/We, Okay, Gray (1993), If 6 was 9 (1995/96), un film in split screen sul mondo degli adolescenti e sul loro rapporto col sesso, Love is a Treasure (2002) e Where is Where (2009), un’installazione video su più schermi che tratta il tema della guerra e dei suoi effetti traumatici sui i civili. Eija-Liisa Ahtila ha ottenuto una serie di importanti riconoscimenti nell’arco della sua carriera, tra i quali il Young Artist of the Year Award in Finlandia (1990), l’AVEK Award per gli importanti risultati ottenuti nel campo dell’audio-visivo (1997), l’Edstrand Art Prize (1998) e il Vincent Van Gogh Bi-annual Award for Contemporary Art in Europe (2000). L’artista finlandese è stata inoltre premiata con l’Artes Mundi Prize a Cardiff (2006) e col Prince Eugen Medal for outstanding artistic achievement in Svezia, nel 2008.
Fonte: Biennale di Venezia
Lav Diaz
Lav Diaz
E’ nato nel 1958 a Datu Paglas, Maguindanao, nell’isola di Mindanao, nelle Filippine ed è conosciuto come il padre ideologico del Nuovissimo Cinema Filippino. La sua monumentale trilogia, Batang West Side (West Side Kid, 2002), Ebolusyon ng isang pamilyang pilipino (Evolution of a Filipino Family, 2005) e Ikalawang aklat: ang alamat ng prinsesang bayawak (Heremias, 2006), è l’archetipo di un cinema privo di compromessi ed esteticamente rigoroso e omogeneo. I tre film sono considerati capolavori moderni del cinema filippino. Ostinato e indipendente, autore dalla messa in scena radicalmente anti-holliwoodiana, Lav Diaz ha studiato cinematografia al Mowelfund Film Institute (Filippine), dopo una formazione in economia (Ateneo de Manila, Ateneo de Davao, Notre Dame University). Tra le sue opere si ricordano Serafin Geronimo: kriminal ng Baryo Concepcion (The Criminal of Barrio Concepcion, 1998), Burger Boys (1999), Hubad sa ilalim ng buwan (Naked Under the Moon, 1999), Hesus rebolusyunaryo (Jesus Revolutionary, 2002). Lav Diaz, che ora vive tra Manila e New York, ha sempre ricercato la coerenza stilistica e contenutistica nel proprio lavoro, facendosi cantore della lotta dell’umanità e del popolo filippino per la redenzione. Ha vinto numerosi premi internazionali come quelli per il miglior film ai Festival di Bruxelles e di Singapore e quello come Miglior Film dal premio della critica Gawad Urian, con il suo film d’esordio, di oltre 5 ore, Batang West Side (West Side Kid, 2002). Anche il successivo Ebolusyon ng isang pamilyang pilipino (Evolution of a Filipino Family, 2005) riceve il premio della critica Gawad Urian, mentre e Ikalawang aklat: ang alamat ng prinsesang bayawak (Heremias, 2006) ottiene il premio speciale della giuria al Festival di Friburgo. Entrambi gli ultimi due suo lavori sono stati presentati e premiati alla Mostra del Cinema di Venezia: Kagadanan sa banwaan ning mga engkanto (Death in the Land of Encantos), 540 minuti di montato sulle conseguenze apocalittiche del tifone Reming, che il 30 novembre 2006 si è abbattuto sulle Filippine, ha ottenuto la Menzione Speciale Orizzonti 2007, mentre il successivo Melancholia, nuova impresa titanica di 450 minuti in cui Diaz si interroga sull’essenza della felicità, arrivando a definire la vita stessa come un modo per misurare il dolore dell’uomo, ha vinto il Gran Premio Orizzonti 2008. Nel 2010 Lav Diaz è stato membro della giuria Orizzonti, presieduta da Shirin Neshat, mentre da gennaio di quest’anno è membro del consiglio direttivo della Cine Foundation International.
Fonte: Biennale di Venezia
Ezio Greggio
Ezio Greggio
Nato a Cossato (Biella) il 7 Aprile 1954, segno zodiacale Ariete con ascendente Ariete.
Mezzo busto storico di Striscia la Notizia, Ezio Greggio è giornalista iscritto da venticinque anni all’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Nell’ottobre del 1978 prende parte a “La sberla” al fianco di Gianfranco D’Angelo, Enrico Beruschi e Gianni Magni. Nel nel 1981 è tra i protagonisti di “Tutto compreso” su Rai Due; il suo vero debutto televisivo arriva nel 1983 con la prima edizione del “Drive in”, il varietà più popolare e innovativo di tutti gli anni ’80. Nel 1984 con “Drive In” arriva anche il primo dei 26 Telegatti che ha collezionato nella sua carriera. Il 7 novembre 1988 conduce al fianco di Gianfranco D’Angelo la prima edizione di “Striscia la notizia”, il TG satirico con il quale Greggio, “che incarna meglio di chiunque altro lo spirito del programma” (Aldo Grasso) ha già vinto una marea di Telegatti e Oscar Tv. Volto storico di Striscia, tra le edizioni di maggior successo, quelle degli ultimi anni condotte da Ezio con a fianco Enzo Iacchetti e Michelle Hunziker. Sempre in televisione è protagonista di alcune fiction che ottengono ottimi riscontri di pubblico, come “Anni ‘50” e “Anni ‘60” ma anche “Benedetti dal Signore” (2003), film tv in quattro puntate che Ezio ha interpretato e scritto con Enzo Iacchetti e che nel 2004 ha vinto il Telegatto come miglior fiction breve, senza dimenticarci di “O la va o la spacca” (2004) e “Occhio a quei due” (2009). Come attore Greggio ha interpretato anche numerosi film ed è stato diretto dai più importanti registi della comicità italiana come Carlo Vanzina, Castellano e Pipolo, Enrico Oldoini e Neri Parenti. Ha inoltre lavorato in produzioni internazionali come autore, regista e produttore (insieme a Julie Corman) del film “The Silence of the Hams” (1993) e di “The Good Bad Guy” (1997) e come attore nei film “Dracula: Dead and Loving It” (1995) di Mel Brooks e “2001 – A Space Travesty” (2000) di Allan Goldstein, con Leslie Nielsen. Nel 1999 ha prodotto, scritto e diretto la commedia “Svitati”, recitando al fianco del grande attore Mel Brooks. Dal 2001 Ezio Greggio è presidente ed organizzatore del Monte-Carlo Film Festival “de la Comédie”, rassegna cinematografica internazionale interamente dedicata alla commedia che nel novembre 2010 ha compiuto 10 anni. Come autore ha scritto 5 libri di grande successo “In una certa manieeera”, “Presto che è tardi!”, “Chi se ne fut-fut”, “E’ lui o non è lui?”, “E su e giù e Trik e Trak”. Con le royalties dei libri ha costituito “l’Associazione Ezio Greggio per l’aiuto ai bimbi nati prematuri”, con la quale – in collaborazione con l’Associazione “Un calcio al bisogno” – in 16 anni di attività ha donato apparecchiature ai centri neonatali ad oltre 60 ospedali italiani. Nel dicembre 2005 per i 10 anni della sua associazione, è stato insignito “Neonatologo ad Honorem” dalla Soc. Italiana di Neonatologia. Gli ultimi anni si sono rivelati anni molto importanti per Ezio Greggio, in quanto pieni di soddisfazioni professionali. La svolta in un ruolo drammatico ne “Il papà di Giovanna”, film di Pupi Avati in concorso alla Mostra di Venezia del 2008, venne accolto con calorosi applausi sia da critica che pubblico. Per questo ruolo si è infatti aggiudicato,vari prestigiosi riconoscimenti cinematografici: il Nastro d’Argento del Sindacato dei Giornalisti italiani di cinema, il Globo d’Oro dell’Associazione della Stampa estera in Italia, il premio Ennio Flaiano e premio al Festival del Cinema di Taormina. Recentmente ha ricevuto il prestigioso premio culturale “Gentile da Fabriano” e il premio “Festival del cinema di Giffoni”.
Fonte: Biennale di Venezia
André Téchiné
André Téchiné
Nato nel Sud-ovest della Francia, in luoghi in cui tornerà per ambientare alcuni dei suoi film, Téchiné è uno dei maestri del cinema francese post-Nouvelle Vague. Film dopo film, ha saputo affermare tutta la propria forte autorialità, affrontando ogni storia con stile assolutamente personale. Non si è rivelato soltanto eccelso direttore di attori – e soprattutto di attrici, dal momento che ha saputo far rendere al meglio, tra le altre, interpreti del calibro di Catherine Deneuve, Isabelle Adjani, Juliette Binoche, Jeanne Moreau ed Emmanuelle Béart, ma anche appassionato e coraggioso sperimentatore. Nei suoi film ha spesso raccontato le inquietudini dei giovani ed ha saputo alternare grandi storie romantiche con racconti più intimisti, affrontando argomenti quali il rapporti familiari, la prostituzione, l’omosessualità, la delinquenza, e mettendo sempre in evidenza l’importanza dei sentimenti e delle passioni.
Dopo aver lavorato come critico cinematografico per i “Cahiers du cinéma”, inizia a cimentarsi dietro la macchina da presa lavorando come aiuto regista di Jacques Rivette, Luc Moullet, Marc’O. Negli anni ’70 si cimenta anche come attore ne La maman et la putain di Jean Eustache. Nel 1969 realizza il suo primo lungometraggio, Pauline s’en va, commovente ritratto dell’attrice Bulle Ogier. Il film uscirà nel 1975, ragione per cui Téchiné considera come suo vero esordio Souvenirs d’en France, un lungometraggio influenzato da Bertolt Brecht che gli vale gli elogi di Roland Barthes (il quale apparirà in Les Sœurs Brontë del 1979). Nel 1976 esce Barocco con Isabella Adjani, cui segue nel 1981 Hôtel des Amériques, con Patrick Dewaere e Catherine Deneuve, che da quel momento diventa una delle sue attrici-simbolo. Nel 1985, anno della definitiva consacrazione, il regista riceve a Cannes il premio per la regia con Rendez-vous, film sceneggiato da Olivier Assayas. Il cineasta mette in scena il mondo delle emozioni, delle relazioni, degli amori con una sensibilità che nel tempo si è fatta sempre meno letteraria e sempre più realista. In Niente baci sulla bocca (1991) racconta una vicenda di prostituzione, mentre la famiglia e l’amore sono al centro di Ma saison préférée (1992), presentato al Festival di Cannes nel 1993. Nel 2004 realizza I tempi che cambiano e due anni dopo Les Témoins (2006), nel quale tratta il tema dell’AIDS con grande equilibrio e sensibilità. Téchiné non disdegna poi la televisione ed è sorprendente la grazia con la quale dirige una produzione televisiva come L’età acerba (1993), storia di quattro adolescenti ambientata durante la guerra di Algeria. Una versione del film è uscita al cinema riscuotendo grande successo e vincendo tre César, tra cui quello per la regia e per la sceneggiatura. Nel 2001 ha presentato in concorso a Venezia Lontano, film girato in digitale, con cui mette in luce il talento di alcuni giovani attori tra cui Lubna Azabal, nel ruolo di una ragazza ebrea residente a Tangeri. Nel 2003 esce Les égarés, con Emmanuelle Béart e Gaspard Ulliel, che viene presentato in competizione al Festival di Cannes. Nel 2009, il regista è tornato sugli schermi con La Fille du RER, ispirato alla storia vera della ragazza che qualche anno fa si finse vittima di un attacco antisemita su una linea della RER parigina. Nel film, Catherine Deneuve recita accanto a Michel Blanc e a Emilie Dequenne. Sempre nel 2009 la Cinémathèque Française di Parigi ha dedicato a Téchiné una retrospettiva di tutti i suoi film. Nel 2011 il regista ha presentato a Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs il suo ultimo film, girato interamente a Venezia, Impardonnables con protagonista André Dussollier nei panni di Francis, scrittore affermato giunto sull’isola di S. Erasmo per dedicarsi con calma al suo prossimo romanzo.
Fonte: Biennale di Venezia
Francesco Pasinetti
Francesco Pasinetti
Nipote di Guglielmo Ciardi, uno dei grandi della pittura veneta dell’800, Francesco Pasinetti ha dedicato la breve ma intensa vita alle “nuove” immagini, quelle del XX secolo: la fotografia e il cinematografo. Laureatosi primo in Italia (1933) con una tesi nella quale la X Musa entrava a far parte del novero delle arti, ha poi ampliato e corretto lo scritto (1939), che è diventato quella “Storia dal cinema dalle origini ad oggi” che è stata la prima trattazione organica apparsa nel nostro paese. Contemporaneamente aveva cominciato anche a collaborare come critico e polemista su quotidiano e riviste, a costruire con il Cineclub prima e il Cineguf poi, opere largamente sperimentali, arrivando, nel 1934, fondata una sua casa di produzione, a girare Il canale degli angeli, il suo unico lungometraggio. Perché poi, per quanto ci abbia provato, non è riuscito a realizzare che straordinari cortometraggi. In parte dedicati alla sua Venezia (tra gli altri nel 1942 Venezia minore, La Gondola, I piccioni di Venezia e nel 1947 Piazza San Marco e Il Palazzo dei Dogi), ma anche attenti a valori sociali (Nasce una famiglia, 1943) al mondo dell’arte (I pittori impressionisti e Arte Contemporanea, alla Biennale del 1948) e all’industria (Lumiei e Piave Boite Vajont, 1947). Si è cimentato con il teatro e la lirica (lavorando con Gian Francesco Malipiero). Ma, soprattutto, dopo aver fondato con il fratello Pier Maria il trisettimanale “Il Ventuno”, ha identificato e aiutato a imporsi giovani talenti negli ambiti più diversi: Glauco Pellegrini e Michelangelo Antonioni, Pietro Ingrao e Renato Guttuso, Alida Valli e Carla del Poggio… Insomma era già un maestro conclamato quando, stabilitosi a Roma come Direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia morì stroncato da un aneurisma aortico nel 1949: non aveva ancora compiuto 38 anni. Il primo giugno u.s. a avrebbe compiuto 100 anni. Un comitato regionale inizia con la preinaugurazione della Mostra del Cinema la programmazione degli eventi che celebreranno il centenario della sua nascita.
Fonte: Biennale di Venezia
Marco Brambilla
Marco Brambilla (regista, video-artista)
Nato a Milano nel 1960, vive fra Los Angeles e New York. La sua carriera spazia dall’arte al cinema alla pubblicità. Il suo lavoro è stato presentato in mostre personali alla Projectraum Kunsthalle di Berna (2000), al New Museum of Contemporary Art di New York (2003), al Contemporary Art Forum di Santa Barbara (2004) e quest’anno al Santa Monica Museum of Art, oltre a far parte delle collezioni permanenti dei più prestigiosi musei internazionali, fra cui il Guggenheim Museum di New York e la Fondazione ARCO di Madrid. Il New York Times ha scritto delle sue opere: “sono talmente avvincenti e delicate da restituire la fiducia in questo mezzo espressivo”. Brambilla crea le sue installazioni utilizzando spezzoni poi montati, rielaborati stratificandoli e ricuciti sino a creare nuove avvincenti narrazioni e stupefacenti mosaici visivi. I tableaux multi-strato creati da Brambilla con immagini interconnesse e video in loop attraverso l’utilizzo di tecnologie avveniristiche, si fondono in un paesaggio grandioso che è segno distintivo del suo lavoro. Quest’anno ha presentato il suo lavoro nella mostra collettiva Neoludica, evento collaterale alla 54. Mostra Internazionale d’Arte della Biennale. L’esordio al cinema avviene negli anni ’90, con Demolition Man (id., 1993) in cui dirige Sylvester Stallone. In seguito è ancora dietro la macchina da presa in Excess Baggage (Una ragazza sfrenata, 1997) con Alicia Silverstone, Benicio Del Toro e Christopher Walken, e nel controverso Destricted, opera collettiva presentata a Cannes nel 2006 e diretta con lui da Marina Abramovic, Matthew Barney, Larry Clark, Gaspar Noé e Richard Prince e Sam Taylor-Wood.
Fonte: Biennale di Venezia
Zapruder Filmakersgroup
Zapruder nasce dal sodalizio tra David Zamagni e Nadia Ranocchi; a loro si unisce nel 2001 Monaldo Moretti e risale al 2006 l’inizio della collaborazione con il musicista Francesco “Fuzz” Brasini. Dal 2005 il gruppo esplora ed applica i principi delle tecniche stereoscopiche per la produzione di film e installazioni che recuperano le tecniche del cinema 3-D, progettando e costruendo sia i dispositivi di ripresa stereoscopica sia quelli di visione realizzando ciò che il gruppo definisce “Cinema da Camera”, sorta di cinema incarnato e tattile ma anche forma di teatro incorporeo. Nel gennaio 2011 ha inaugurato zapruderie.com, galleria on line completamente anaglifa con estratti della produzione stereoscopica di Zapruder.
Oltre a una costante presenza in autorevoli festival e sedi espositive internazionali (fra cui Centre Pompidou di Parigi, Museo Reina Sofia Madrid, Triennale di Milano, Rencontres Internationales Paris/Berlin/Madrid, StadtKino Wien, Biennale de l’image en mouvement Ginevra, Milanesiana, Steirischer Herbst Graz, Kunsten Festival des Arts Brussel) contributi significativi del lavoro di Zapruder sono legati alla collaborazione con compagnie di spicco del teatro di ricerca italiano quali Motus Fanny&Alexander Romeo Castellucci/Societas Raffaello Sanzio. Tra i riconoscimenti: Werkleitz Award al 48° Oberhausen Short Film Festival 2002, Premio Iceberg 2002, Premio Riccione TTV Performing Arts on Screen 2006, nel 2010 Zapruder ha ricevuto il Premio “Lo Straniero” 2010, riconoscimento attribuito dall’omonimo mensile fondato e diretto da Goffredo Fofi, per “la natura ibrida e anti-commerciale del suo ‘cinema da camera’ che rende questa esperienza un importante esempio di resistenza e radicalità nel panorama nazionale ed internazionale”.
Zapruder ha base a Roncofreddo (FC); collaboratori assidui ai progetti del gruppo sono il sound designer Mattia Dallara, Andrea ‘Mario’ Marini, web e digital effects, ed Elena Biserna.
Dopo aver presentato alla 66. Mostra i film sperimentali e tridimensionali Cock-Crow e Daimon, Zamagni e Ranocchi sono stati presenti anche alla 67. Mostra, Fuori Concorso, con il loro primo lungometraggio in 3D, All Inclusive (Italia/Austria).
Fonte: Biennale di Venezia
Cristiana Capotondi
Cristiana Capotondi (attrice – Italia)
Cristiana Capotondi è una delle più note e apprezzate attrici italiane della sua generazione. Nonostante la giovanissima età, vanta già un’esperienza pluriennale, grazie alle numerose partecipazioni in progetti televisivi e cinematografici. Protagonista di una carriera precoce e in costante crescita, l’attrice romana ha già avuto modo di confrontarsi con i più svariati generi cinematografici, dalle commedie romantiche ai film drammatici, e di lavorare con importanti autori del cinema italiano.
Nata a Roma nel 1980, Cristiana Capotondi esordisce a dodici anni nella serie televisiva Amico Mio. La prima apparizione sul grande schermo arriva quando è ancora molto giovane, nel 1995, quando partecipa al film Vacanze di Natale ‘95. Negli anni successivi recita in numerose serie televisive, tra cui Anni ’50 e Anni ’60 (1998/1999), Piovuto dal cielo (2000), Angelo il custode (2001), Compagni di scuola (2001). Nel 2004 fa parte del cast di Luisa di Sanfelice (2004) dei fratelli Taviani. Successivamente per il grande schermo, è stata la protagonista di Volevo solo dormirle addosso (2004) di Eugenio Cappuccio, presentato alla 61 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Mezzanotte. Grazie alla sua interpretazione viene candidata come migliore interprete non protagonista ai Nastri d’Argento del 2005. Recita successivamente in Christmas in love (2004) di Neri Parenti ed in Notte prima degli esami, uno dei grandi successi italiani della stagione 2006. Il film riceve 11 nomination ai David di Donatello di quell’anno, inclusa quella per Cristina Capotondi come migliore attrice protagonista, e il regista Fausto Brizzi vince il premio come migliore esordiente. Per la sua interpretazione ottiene a Venezia il Premio Diamanti al cinema ed il prestigioso Premio Biraghi.
Nel 2007 recita in Come tu mi vuoi, ruolo grazie al quale ottiene una candidatura ai Nastri d’argento come migliore attrice protagonista, in Scrivilo sui muri e ne I Vicerè di Roberto Faenza. Nel 2008 viene premiata a Venezia con il premio L’Oréal Paris per il Cinema, riconoscimento al talento, alla bellezza e ad una performance cinematografica particolarmente brillante, assegnato dal pubblico e dalla stampa specializzata. Torna a lavorare con Fausto Brizzi nel 2009 col film Ex. Nel 2010 torna in televisione interpretando l’imperatrice Sissi. Il grande successo televisivo internazionale le fa ottenere il Premio Romy Schneider. Nello stesso anno al cinema è la protagonista di Dalla vita in poi, film che ottiene al festival di Montreal il Premio speciale della giuria e grazie al quale Cristiana vince il premio come migliore interprete femminile al Festival di Taormina. Sempre nel 2010, recita in La passione di Carlo Mazzacurati, film presentato in concorso alla 67. Mostra del cinema di Venezia e nel corto The Wholly Family diretto da Terry Gilliam. Quest’anno ha invece girato La kryptonite nella borsa, esordio alla regia di Ivan Controneo e La peggior settimana della mia vita, opera prima di Alessandro Genovesi.
Fonte: Biennale di Venezia




























