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Mali, i cacciatori dell’Impero Keita
A volte le immagini riescono a metterci in comunicazione con un mondo completamente inaccessibile e che, pertanto, è reale. L’armata resuscitata dei cacciatori del Mali arriva da lontano: questi uomini coperti di amuleti, di talismani e armati, sembrano arrivare a noi da mondi lontani e vivono da sette secoli. Sono l’eredità dei corpi d’élite dell’impero del Mali. Si vestono allo stesso modo e obbediscono alle stesse leggi dei cavalieri e dei soldati del re Soundjakata Keita (1190-1255), quando l’impero si estendeva dal Sahara sino alla foresta equatoriale, dall’Atlantico alla bocca del fiume Niger. Questi cacciatori sono usciti dall’ombra dopo sette secoli, costituendo una sorta di fiume sotterraneo e transnazionale che ha irrigato con i suoi valori una grande parte dell’Africa attuale. Uomini atavici, primitivi, sanguigni, che con le loro iene ci trasmettono una forza palpabile, violenta, che ci viene lanciata a forza con delle immagini. Si rimane assolutamente affascinati da questi visi, da questi corpi, che ci osservano dalla penombra delle loro capanne e ci parlano silenziosamente.
Fonte: My Amazighen
Mali… d’Africa
Quando si entra in Mali il primo chiaro segnale di essere entrati nell’Africa nera sono i baobab… a centinaia, maestosi, torri di legno che vigilano sul bush, cattedrali nel nulla, custodi del tempo. Cavalieri di altri tempi appaiono in questo straordinario territorio, non su dromedari come ci si abitua a vedere entrando in Mauritania. Cavalieri neri su splendidi cavalli arabo-berberi ovunque: nelle strade polverose, accompagnano e custodiscono le loro mandrie, sui pochi pascoli erbosi. E’ uno spettacolo primordiale, emozionante,una discesa verso il passato ammirando questi uomini che cavalcano a pelo, agili e scattanti, in un tutt’uno con il loro animale. Un emozione forte che ti accompagna nei km che ti separano dalla capitale, lontani anni luce dalle nostre certezze. Poi, all’improvviso si intravedono le prime capanne con i tetti in paglia, corti arse dal sole, pallido fieno per i momenti di carestie sopra i tetti, sorrisi e colori che annebbiano i contorni. Mali da amare, da possedere, da capire e sognare. Qui il mal d’Africa ti prende, ti solleva, ti danna l’anima, ti soffoca e ti ammalia. L’arsura del sole allo zenit spacca la pelle, gli occhi tremano guardando l’orizzonte. Un bush arido dove improvvisamente apre a squarci di azzurro: acqua preziosa, bene primario per uomini e animali. Sorrisi di bambini, di donne nei loro splendidi teli arcobaleno, pelle ebano e sguardi di fuoco. Uomini che ti ricordano come eravamo, scaltri nelle loro azioni, sessuali nei loro movimenti, pantere che accendono remoti accadimenti, dannate e maledette scelte perse.
Fonte: My Amazighen




















