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Archive for the ‘Art de Vivre’ Category

Saluto, importanza del primo approccio

December 2, 2011 Leave a comment

Il saluto è il primo approccio concreto con il prossimo. E’ vostro biglietto da visita,la prima impressione che rimarrà legata all’immagine che l’altro si farà di voi. Il saluto è una porta che si apre: non si può mai essere certi di quello che si troverà dall’altra parte. Ricordate che nel momento cui salutate vi state rapportando con qualcun altro servendovi di segnali ben precisi.In ogni caso,un sorriso cordiale sarebbe il massimo,ma non sempre si è nello stato d’animo adatto.
Quindi come salutare?
Quando vi presentano o vi presentate a qualcuno rivolgete come prima cosa lo sguardo a quello della persona che state salutando,possibilmente accompagnando il gesto con un sorriso di simpatia e dicendo il vostro nome e cognome.
Vi consiglio di evitate di rispondere con formule del tipo:”Piacere” , ”Onoratissima/o”, ”Fortunata/o” sono antiquate e vuote.
La persona presentata non porge la mano per prima,ma attende “l’accettazione” da parte dell’altra.Se invece incontrate un amica/o e avete fretta come avviene frequentemente,potete anche rivolgergli un semplice cenno con la mano e un sorriso. Come sempre vale la regola della spontaneità e del garbo.
La stretta di mano,comunica la disponibilità e l’entusiasmo che l’incontro con un’altra persona suscita.
Una stretta di mano energica e calorosa trasmette contentezza,porgere la mano lasciandola afflosciare in quella dell’interlocutore darà, al contrario, una sensazione di diffidenza. Così come il porgere, solo la punta delle dita susciterà diffidenza.
Diciamo che la stretta di mano dovrà essere rapida,vigorosa accompagnata da un sorriso di simpatia.
CIAO , HALLO, SALUT è una forma di saluto confidenziale valida a tutte le ore.
BUONGIORNO, si augura dal mattino al tramonto.
BUONASERA, dal tramonto fino all’ora considerata discreta per ritirarsi.
BUONANOTTE a tarda sera.
SALVE, che in lingua latina augurava “stai bene”,ha un tono amichevole e familiare.
ADDIO in passato aveva una valenza augurale: ”ti raccomando a Dio”. Si è poi trasformato in formula di saluto per i commiati di tono sia formale sia confidenziale. La poignée de main (i.e., l’acte de serrer la main à quelqu’un) est bien plus habituelle en France que dans les pays anglo-saxons par exemple. En arrivant au bureau le matin, il est fréquent que les Français lancent un “Bonjour, ça va?” ou …un “Salut Elenoire!” en se serrant la main, même s’ils se sont vus la veille. Le soir, en se quittant, il n’est pas rare qu’on se serre la main une nouvelle fois. Serrer la main est ainsi un rituel d’ouverture et de fermeture de la rencontre, l’acte de se saluer et de se quitter est fortement marqué par ce geste. Une rencontre de moins de cinq minutes – dans la rue par exemple – peut être introduite par une poignée de main et terminée par une autore.

Eleonora Miucci

Fonte: Il Galateo di Madame Eleonora

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5 consigli principali per scattare una buona foto

October 17, 2011 Leave a comment

Di solito un fotografo può adottare una di due mentalità: la mentalità“scatta e basta”, che si basa solo su poche regole principali, e la mentalità “attenta“, che si basa sull’esecuzione rigida delle regole che si apprendono nei corsi, libri, dagli altri fotografi ecc. Io seguo la prima, ma per entrambe le mentalità c’è comunque sempre qualche regola da seguire. E vedremo 5 consigli/regole che tutti noi dovremmo sempre seguire.

La regola dei terzi

La regola dei terzi è probabilmente la regola più importante, che deriva persino dalla pittura. La regola è semplice: mai porre il soggetto della foto al centro. Nella maggior parte delle foto in cui c’è un soggetto, la foto può essere molto più dinamica se tale soggetto si trova a destra o a sinistra della foto. Ad esempio può essere molto utile nei ritratti, se ad esempio io fotografo un prete, sarebbe perfetto fare un ritratto del prete alla sinistra o alla destra della foto, in modo che dietro posso mostrare la sua chiesa. In questo modo avrò un ritratto perfetto del prete e del suo ambiente “di vita”. Poi è ovvio, ci sono delle eccezioni, ci sono ritratti in cui il soggetto è meglio che sia perfettamente al centro, specialmente nei ritratti in cui si vede solo il viso. Il mio consiglio comunque è di stare sempre attenti a posizionare il soggetto, nella maggior parte dei casi, la posizione del soggetto può cambiare completamente la bellezza e il significato che vuoi dare alla foto.

L’orario della foto

Un’altra “regola” importante da seguire è l’attenzione all’orario in cui si faranno le foto. Tutti sappiamo che all’alba e al tramonto si catturano foto più belle. E non solo perché c’è il sole che sorge e tramonta, ma anche perché i colori dei raggi del sole sono diversi. Nelle ore in cui il sole sorge e tramonta la foto assumerà delle tonalità di colore che la renderanno più bella. In poche parole, qualsiasi cosa tu fotografi (animali, panorami, persone), la foto sarà più bella se scattata all’alba o al tramonto che nel primo pomeriggio.

Bellezza e significato

Certe volte, soprattutto tra i giovani, c’è secondo me troppa ricerca della foto simbolica e artistica. Ovviamente qui si tratta di gusti, ma il mio consiglio è sempre quello di cercare significato e bellezza al tempo stesso. Ad esempio quante foto ho visto delle gocce che si infrangono nelle pozzanghere, possono sembrare simboliche e belle, ma in realtà, riflettendoci, non hanno alcun significato e forse non sono nemmeno troppo belle. La foto qui sopra che ho scattato del mio cane personalmente mi piace molto, in quanto c’è un soggetto e ci sono dei colori che la rendono una foto discreta, e al tempo stesso l’espressione del cane conferisce un significato alla foto, che può essere quello della solitudine di un cane d’appartamento o qualsiasi altra cosa. Quindi, sempre che tu non sia in contrasto con la mia opinione, cerca sempre di portare sia significato che bellezza nei tuoi scatti. Per bellezza intendo che la foto deve avere un soggetto, dei colori (a meno ché non stia meglio in bianco e nero), un bell’ambiente e a volte anche una piccola post-produzione (con Photoshop e con altri programmi di grafica).

La massima qualità

Privilegia sempre la qualità che il numero delle foto. Nella macchina fotografica imposta sempre la qualità massima. Quindi per ogni foto controlla sempre attentamente che il fuoco venga fatto accuratamente e controlla sempre l’apertura. Questi due controlli ti servono per trovare sempre la massima nitidezza. Una volta che hai scattato la foto, riguardala bene dal display, che può ingannare (quante volte mi sono ritrovato foto bellissime sul display della macchina che poi, una volta caricate sul computer si sono scoperte una delusione). Nel display fai sempre zoom sui dettagli, per capire se la foto sia venuta nitida al 100%. E soprattutto devi avere un buon occhio per i colori, nel display piccolo una foto di un tramonto può sempre apparire molto più bella che sul computer.

L’angolatura giusta

Normalmente frontalmente una foto viene sempre bene. Quando scatti una foto però, prova a muoverti anche di pochi centimetri attorno al soggetto, orizzontalmente e verticalmente. La foto assumerà un significato completamente diverso. In teoria non dovresti aver paura di accovacciarti e persino coricarti per scattare una foto, d’altronde il motivo per cui i fotografi più famosi sono tali è proprio per questo: perché cercano sempre nuove angolature. E per cercare nuove angolature, nuovi punti di vista, devi poterti posizionare in qualsiasi modo e luogo per scattare la foto. Come ho detto, i principianti variano l’angolatura al massimo orizzontalmente, tu prova a cambiare anche verticalmente.

Alberto Ziveri

Fonte: Skimbu

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Musée de l’Art de Vivre, art de vivre chiamata Giardino

September 9, 2011 Leave a comment

Nel calendario delle sue esposizioni temporanee, il Museo dell’Art de Vivre di Marrakech apre la sua nuova stagione culturale con un esposizione consacrata all’arte del giardino in Marocco. Essendo un grande appassionato di giardini, cactacei in primis, scrivo con enorme piacere su questo argomento, sempre più attuale anche in Marocco. L’uomo, dalla sua sedentarizzazione ha lavorato e modificato i paesaggi. E ne ha creati altri. Sul filo del tempo, le tecniche agricole e le diversificazioni delle culture e la creazione di nuove varietà di piante con tecniche di ibridazione e di biotecnologie hanno prondamente modificato ed arrichito la flora in tutto il mondo. Se la creazione di un giardino dipende dal sole e dal clima, deve molto anche al terreno culturale sul quale si sviluppa e all’epoca storica di appartenenza. Si può affermare che un giardino è una sintesi di fisicità, di quadri naturali, geografia, storia e cultura. I giardini sono il riflesso delle civiltà che li hanno visti nascere, non è importante nell’esempio i nomi dei territori e le culture che li hanno creati: giardini islamici, andalusi, giapponesi, inglesi, francesi, italiani. Così fragili, i giardini conosciuti già dalle civilizzazioni antiche nelle differenti epoche, sono riusciti alle volte ad attraversare i tempi e testimoniare i geni che hanno creato questi capolavori. I giardini dell’Agdal, Majorelle, Versailles, Medici,  e tanti altri sono eccellenti illustrazioni della grandezza dei loro creatori. Il Marocco, crocevia tra il Mediterraneo e l’Atlantico, si caratterizza dalla diversità paesaggistica e dali suoi differenti climi. Foreste dense nel Rif, dune nel Sahara, cedraie nel Medio Atlas, i visitatori del Marocco scoprono differenti situazioni, naturali e coltivate dall’uomo. Grazie a queste diversità, in primis quella climatica, il giardiniere trova sempre numerose opportunità per dare libero sfogo alla sua immaginazione creando dei giardini per sognare, per rapportarsi e amare. Si arriva al punto di vedere due tipi di giardini coesistere, mixandosi in una fusion straordinaria, creando una nuova forma di movimento. I fotografi che partecipano all’esposizione, Nourddine Tilsaghani, Hassan Nadim, Abdellah Mahmoud e Abderrazzak Benchaâmane, hanno viaggiato per tutto il reame marocchino fotografando sia i giardini pubblici che quelli privati. Il loro obiettivo è quello di rivendicare il giardino come patrimonio ecologico e naturale , esaltando un arte di vivere in armonia con la natura del Marocco. L’esposizione sarà visibile sino al 30 novembre 2011.

Informazioni : 00212 -0 5 24 378 373 –0 6 10 408 096
Contatto : muséeartdevivre@gmail.com
Credits: EMarrakech – Museo dell’Art de Vivre di Marrakech – Jardin du Maroc

Fonte: My Amazighen

Hennayat, tradizione della Place Jemaa el Fna

July 21, 2011 2 comments

Naima è una “Hennaya“, lavoro ancestrale tramandatogli da sua madre ed ereditando questa passione osservandola  sin da quando era bambina. Tutte e due le donne hanno fatto della Place Jemaa el Fna il loro luogo di lavoro quotidiano e imprescindibile. Dalle loro abili mani si compone il “Naqch beldi“, una ramage che ricorda ricami di altri tempi che le donne “Fassie” apprendono dalla più tenera infanzia; lo stesso motivo e decoro che viene utilizzato anche nell’architettura tradizionale o dai maestri artigiani che lavorano il cuoio, il legno o ancora il gesso. Matisse, durante il suo soggiorno in Marocco, restò fortemente impressionato dalla bellezza di queste vere e proprie opere d’arte. Molte delle sue opere dipinte in Marocco rappresentano paesaggi mediterranei molto colorati come “I Paraventi moreschi” o “Zorah” e in queste opere sono ben rappresentati i lavori delle Hennayat. Ma quello che sorprende ancor più di queste donne è l’impressionante velocità a creare un vero quadro sulla pelle con una semplice mistura di foglie verdi scuro. Queste piccole foglie di henné (una varietà di sedano), seccate e trattate con del succo di limone e acqua calda producono una materia untuosa dove il colore puo’ essere intensificato aggiungendo altri ingredienti: segreto custodito gelosamente da ogni tatuatrice. Da secoli, la cerimonia di posa dell’henné è festeggiato come si deve dalle donne marocchine. Questa piccola festa dà luogo ad inviti ai parenti, agli amici e, durante il lavoro, si offre the e pasticcini agli invitati. Il rituale è accompagnato da canti, da poesie e tanta musica, secondo tradizione: un reale piacere che distende gli animi. Purtroppo però i tempi sono cambiati e anche le donne (nelle metropoli) non hanno molto tempo a disposizione e quindi i tatuaggi con l’Henné devono essere rapidi e belli; si rinuncia alla festa ma non al tatuaggio, simbolo profondo di seduzione femminile. Gli utensili usati dalle Hennayat si sono ugualmente evoluti.Jadis, un artista dell’henné utilizza dei bastoncini di legno sottilissimi che creano, con la sua bravura, linee , finissime croci e geometrie. Oggi la maggiorparte delle tatuatrici usa ancora delle siringhe di calibro diverso e, con una precisione incredibile, tracciano i loro disegni. I piedi e le mani sono mantenuti sospesi, sino al momento in cui il prodotto secca. Poi, con un tessuto inbevuto di succo di limone, aglio, pepe e zucchero, il tatuaggio viene tamponato e il giorno successivo viene rimossa la crosta con dell’olio di oliva. E’ quindi con grande precisione che Naima e le sue consorelle tatuatrici abbelliscono la pelle femminile utilizzando diversi motivi come animali, piante e fiori, specialmente nelle feste come matrimoni, battesimi oppure pellegrinaggi o semplicemente la vigilia di un Aïd (festa). IlRamadan è  in egual misura un mese di lavoro impegnativo, in particolare laNotte del destino. Le Hennayat non sono solo sinonimo di festa ma anche durante i momenti tristi sono presenti con il loro lavoro. Se non può essere applicato alla vedova durante il periodo del lutto, dal 7° al 40° giorno, l’henné in pasta, circola nelle assemblee, tra i familiari, affinchè tutti lo possano toccare, segnale finale dell’autorizzazione alla vedova ad utilizzarlo nuovamente. Altro luogo di henné sono i Santuari o i Mausolei. Questi ultimi lo propongono come una sorta di rituale necessario prima dell’ingresso per rendere onore al santo e può essere svolto nello spazio sacro della Koubba; in questo caso l’henné è un legame spirituale, profondo, un vero atto di fede. La maggioranza di queste visitatrici sono persone con problemi, disperate, e cercano un conforto, pensando che il Marabout (Santo) gli darà un sostegno morale. Nel momento che la Hennaya procede alla posa in opera del tatuaggio, decorando le mani e i pedi, gratifica il morale, donando momenti di serenità. Dopo questo rito sarà possibile toccare il santo sino al momento dell’ispirazione, della risoluzione del problema. E’ dentro a questi luoghi sacri che gli uomini e le donne possono coabitare, senza nessun tipo di interdizione e tabù. Nella Koubba ci si dimentica delledifferenze e si pensa solamente a pregare e a raggiungere l’anima. Un riposo spirituale e una beatitudine che parte dall’henné, applicato dalle mani esperte di una Hennaya, con gesti mirati e precisi, rinnovando, nel tempo, un arte e una tradizione che resiste ai tempi e alle mode.

Fonte: My Amazighen

Broadway Market, mercato di qualità nei pressi di London Fields

I venditori ambulanti danno il benvenuto ai clienti dello storico Broadway Market a Hackney sin dal 1890, proponendo tutta una serie di prodotti tipici e atipici, barattando, si fa per dire, dalla pancetta ai fagioli, frutta e verdura sul mercato competitivo di una metropoli moderna a volte anticonformista scambiando articoli, oggetti e prodotti della terra attraversando, nonostante tutto, anche il crollo economico dagli anni Ottanta ad oggi, riuscendo con successo a far rivivere nuovamente il fulcro del mercato del Sabato, incarnando così i principi di un tempo tuttora legati alla qualità, alla specialità e alla varietà delle merci fornite.

Cento bancarelle possono elargire una lauta accoglienza, mentre non tutti cercano di armonizzare i prezzi competitivi, offrendo l’opportunità di un prodotto speciale liberamente mediante un caloroso sorriso di benvenuto.

Generalmente aperto dal 9 del mattino fino alle 5 del pomeriggio, Broadway Market il sabato si trasforma in un caleidoscopio di sapori e culture: bancarelle, negozi, pub, ristoranti e caffè offrono alcuni delle migliori vettovaglie e vestiario, per lo più originale, in una Londra che si scopre letteralmente stipata in una piccola via dell’East End tra Regent’s Canal e London Fields.

Alcuni clienti sono interessati a carne, frutta, verdura, pesce fresco, salmone affumicato e ostriche, non che al delizioso pane, torte e formaggi. Altri setacciano e rastrellano abiti per occasioni d’epoca, per poi dirigersi verso la lingerie o qualcosa di piccolo e costoso da indossare per un’occasione particolare.

Ma la vera bellezza di Broadway risiede nella possibilità di poter acquistare una qualità elevata di prodotti alimentari a prezzi ottimali, o meglio, da supermercato. Forse è per questo motivo che oltre il 90% della gente che vive nelle vicinanze, specialmente al sabato, si dirige a piedi o in bicicletta al mercato, e la trafila si ripete settimana dopo settimana tornando perentoriamente per effettuare nuovi acquisti regolari. Inoltre uno spazio extra predisposto nel cortile della scuola di London Fields consente un armonioso relax per genitori e bambini, i quali possono giocare con estrema tranquillità in un luogo assolutamente sicuro e piacevole.

by Marius Creati

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Tendenze Marocco, nuovi nomadi on the roads

June 8, 2011 Leave a comment

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Si  chiamano Marco, Zacaria, Joshua, Nelly, Tony, Isabella…e si incontrano sempre più spesso sulle  strade marocchine,  nei  loro camions/caravans di ogni tipo, immatricolati in Europa e adattati per viverci, belli o trash, a seconda dei mezzi  economici a disposizione. Ma chi sono questi nuovi nomadi con tende d’acciaio e pneumatici? Il gipsy roads sta prendendo sempre più piede come nuova filosia di vita, alternativa, bohemienne, ecologica  e smart. La maggioranza di questi viaggiatori-nomadi sono persone tra i 20 e i 50 anni,  provengono  da ogni paese dell’Europa, ma principalmente dalla Francia, dall’Inghilterra e dalla Germania. Hanno scelto una  vita diversa, una vita fatta di libertà, una vita nomade. Quando un angolo, un panorama, un ritaglio di spazio, piace, si fermano per un po’ di tempo; un ora, un pomeriggio, qualche giorno, forse per mesi.  Viaggiano spesso in convogli per condividere i più spettacolari panorami che si susseguono nei loro spostamenti con gli amici. Ma cosa fanno in Marocco?Fuggono dal freddo e dalla pioggia, scendono nel sud per trovare un sole immenso, una vita meno dispendiosa che in Europa e una libertà perdutaoramai nel vecchio continente. Le autorità europee non permettono campeggi ovunque, e si è obbligati a parcheggiare nei campings attrezzati per mobilhomes; ci si sente sorvegliati, malvisti a volte,  e le quote giornaliere sono realmente care. In Marocco, è tutto il contrario! I nomadi del terzo millennio sono accolti nelle regioni rurali, la popolazione li apprezza e possono campeggiare ovunque. Il Marocco, per questi spiriti liberi, è il paese della libertà. Qui ci sono ancora i veri nomadi, è un modello di vita che è ammesso dalla società, uno stile di vita che non soprende e che non fa paura. Quindi i nuovi nomadi si sentono a casa, con un cielo come tetto, e una duna sull’oceano  come finestra sul mondo.  Zacaria è un fotografo norvegese free lance; è più di trenta anni che girovaga nel mondo con la sua inseparabile macchina fotografica. Negli anni ’90 ha percorso le strade verso la Cina, in America Latina e in Alaska. Per definizione, il suo lavoro e la sua vita sono sempre in parallelo con il viaggio.E chi dice  viaggio (non vacanza) dice nomadismo. Il fotografo ha scoperto l’affascinante mondo dei trucks e la sua avventura ora è l’Africa, per reportage mozzafiato, collaborando a volte con differenti giornali. Il suo universo fotografico è vasto, ma oggi si concentra sugli incontri con le persone. Ama fotografare la vita quotidiana nei luoghi più sperduti. Ogni tanto, quando le casse sono vuote,  si produce in piccoli lavori, come la raccolta della frutta, per mantenersi dignitosamente e rimanere un nomade tout court. Il fatto di vivere in un camion permette di essere mobile e di spostarsi dove ci sono degli avvenimenti che interessano, cosa che in una casa stabile è impossibile. Pagare un affitto, spese correnti come la bolletta dell’acqua e dell’elettricità, è fuori dalla visione nomade. Si è liberi, si vive di poche cose, si fanno incontri sempre nuovi e ci si reca dove la voglia e l’entusiamo ti portano, questa la filosia nomade. Quando un luogo non piace ci si sposta e si scoprono altre culture, si condividono altre esperienze e si entra, quasi senza accorgersene, nel mondo della solidarietà. Quando si decide di partire verso paesi lontani, i camions sono quasi sempre stipati di abiti, di biciclette, di forniture scolastiche, che verranno distribuiti on the road, in cambio di un tajine, di un fumante cous cous e, cosa più importante, di amicizie sincere con famiglie che si incontrano sul cammino.  E ci si spinge sempre più a sud, nel Sahara, in Mauritania, in Senegal, in Mali, nelBurkina Faso.  Da non dimenticare che i viaggiatori in camions rappresentano una certa economia, certo non come il turismo di massa, ma in generale dispensano moneta corrente nei luoghi di commercio  e tra gli artigiani. E poi ci sono i meccanici, i carrozzieri, i gommisti,  che sono sempre presenti nelle strade di percorrenza verso l’Africa centrale.

Dietro la loro apparenza  beat e chip, i nuovi nomadi sono promotori di  tendenze fashion etno-eclettiche e monitorati dai fashion-victim, e nei loro camions, con decorazioni a volte discutibili ma sempre originali, si nascondono delle persone rispettose della natura e dei  luoghi che visitano, eco-friendly dunque. Vivono vicino alle popolazioni, frequentano gli hammam  del posto, il bar del villaggio,  cercando di comprendere la cultura delle persone che incontrano.  A volte sono le stesse Autorità che segnalano  ai viaggiatori- nomadi la zona dove accamparsi, per passare una notte in luoghi sicuri, e le consegne sono sempre rispettate, tenendo conto che tutte queste segnalazioni sono per il loro bene. Joshua, 22 anni, di Londra, si è installato per diverse settimane in un quartiere di Tarroudane, davanti alla casa del meccanico che stava riparando il suo camion in panne. Le riparazioni sono state lunghe e laboriose e Joshua si è visto costretto a condividere le sue giornate con i residenti. L’ultimo venerdì, prima della sua partenza, è stato invitato a mangiare in tre case differenti il cous cous. Poi è ripartito, verso l’ovest della Spagna, per la raccolta degli asparagi, con in testa il solo pensiero  di ritornare velocemente in Marocco.  I suo amici, Tony, Nelly, Elisabetta, sono scesi verso Tafraoute, per visitare Ourzazate,  arrivando a Zagora giusto in tempo per  un Festival di musica etnica. Infine, nuovamente verso il nord, inventandosi nuovi lavori, per racimolare i soldi sufficienti per ripartire ancora una volta verso la libertà, che si chiama Marocco.

Fonte: My Amazighen

Il Ghassoul, dalla terra la bellezza

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La Società del Ghassoul è una impresa familiare e detiene in Marocco il monopolio internazionale, essendo il solo giacimento (27.000 ettari) di questo minerale conosciuto nel mondo, situato ai bordi del Medio Atlas, nella provincia di Boulemane, a 200 km da Fès. Questa argilla, utilizzata da oltre 12 secoli dalle popolazioni dell’Africa del nord e del Medio Oriente, oggi viene esportata nei quattro angoli del mondo al ritmo di 1.800 tonnellate annue per una cifra d’affari che supera i 4 miliardi di dh. La Tunisia è in testa ai paesi importatori con il 50% del prodotto, il resto è ripartito tra il Giappone, la Thailandia, il Canada, gli USA e ancora gliEmirati Arabi e l’Arabia Saudita. Il Ghassoul viene fatto saltare in aria dalle mine e appena raccolto vienelavato per eliminare tutte le impurità e trasformato in un mattone di terra chiamato “toba per essere poi inviato a Fès  e ancora trattato per eliminare gli ultimi residui. Il Ghassoul sotto forma di toba è venduto esclusivamente in Marocco mentre per l’esportazione viene triturato e ridotto in polvere o in piccoli pezzi chiamati M’siek, preventivamente messi a seccare per una settimana al sole cocente. Il Ghassoul (pronunciaRassoul) deriva dalla parola araba “ghassala” che significa lavare. E’ una roccia naturale al 100% ecologica, di formazione sedimentaria dell’era terziaria e di origine lacustre. Il giacimento esistente in Marocco è datato nell’era giurassica e la sua origine geologica proviene dalla alterazione di rocce vulcaniche instabili. Il Ghassoul è già menzionato per le sue virtù rigeneratrici, protettrici e cicatrizzanti nei papiri egiziani e i greci e i romani la utilizzavano per mantenere la bella splendente e per guarire diverse malattie. In Africa del nord è utilizzata da secoli sia dagli uomini che dalle donne orientali, principalmente marocchini, per pulire, purificare, tonificare nutrire in dolcezza la pelle e i capelli. E una cura insostituibile durante il rito dell’Hammam. Tra tutte le argille dermatologiche il Ghassoul è quella il cui tenore in ossido di alluminio e ossido di calcio è più leggero. Questa caratteristica unica permette di utilizzarla anche come maschera per il contorno occhi. Il Ghassoul contiene anche del silicio, acuni carbonati e sali minerali. La sua capacità di assorbire l’acqua è largamente superiore alle altre argille e in effetti puo assorbire 1,66 volte il suo peso in acqua, questo significa che 15 gr di Ghassoul possono assorbire 25 ml dacqua. Questa caratteristica rafforza il suo potere pulente e permette una buona idratazione degli strati superiori dell’epidermide. Naturalmente saponosa il Ghassoul deterge la pelle cosi’ come i capelli e assorbe l’eccesso di sebo senza aggredire il cuoio cappelluto. L’argilla Ghassoul, tante virtù per un prodotto antico che si perde nella notte dei tempi, da sempre compagna per la cura della pelle, continua il suo viaggio nel mondo tecnologico ricordandoci che è dalla natura, dalla terra, che provengono gli ingredienti migliori per il benessere dell’uomo.

Fonte: My Amazighen

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La tenda nomade e la magia del deserto

May 4, 2011 Leave a comment

La Khaima, la tenda dei nomadi berberi, è disposta sopra un armatura formata da due pilastri in legno alti circa 2 mt, che sotengono una barra scolpita, l’Ahammar. Questo portico in legno è poi ancorato con una banda di tessuto a dei picchetti per mezzo di robuste corde. La tenda è realizzata dall’assemblaggio di bande di lana scure (marroni o nere) di 40/60 cm di larghezza per 6/10 mt di lunghezza (eccezionalmente anche 20 mt). Queste bande in pelo di capra o di cammello, le Flijs, sono tessute dalle donne con un telaio orizzontale. Una tenda media, di circa 25 mq necessita di una decina di Flijs, cucite una all’altra dagli uomini. Intorno, dei picchetti tendono la tela a 80 cm dal suolo, lasciando circolare l’aria in estate. In inverno invece si aggiungono tappeti, stuoie e quant’altro per fermare il vento e la sabbia. Il portico centrale divide l’interno in due parti: quella delle donne, sovente nascosta agli sguardi da una tenda, e lo spazio della vita quotidiana, con il focolare e tutti gli utensili. La parte adibita agli uomini è aperta ai visitatori e in inverno il suolo è coperto da spessi tappeti in lana che isolano dal freddo pungente del deserto. L’atmosfera che si respira al loro interno è di grande pace e armonia; un nido dove rifugiarsi nei momenti di fatica, per condividere un tajine o per giocare qualche ora a carte con gli amici. Le donne si raccolgono al loro interno per cucinare e incontrare le amiche. Dormire in una di queste tende, in pieno deserto, tra le dune del Sahara, è una esperienza unica ed irripetibile che vale la pena di provare (non con gruppi organizzati pero’!.. si perde veramente tutta l’atmosfera e la magia del deserto a dormire con altre 30/40 persone intorno). Il silenzio del deserto, il calore della tenda che diventa un rifugio illuminato dalla luna, non lascia spazio a pensieri ma ad un grande benessere interiore ed un totale relax.

Fonte: My Amazighen

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L’arte della passamaneria in Marocco

L’arte della passamaneria custodisce in sè un savoir-faire antico e prezioso. Prima dell’introduzione della seta esisteva in Marocco una forte tradizione di passamaneria berbera, realizzata con delle lane colorate in verde, giallo e arancio. Inizialmente le trecce e i bottoni servivano ad ornare degli abiti femminili chiamati “Thhmel“, una sorta digilet ancora oggi indossati dalle donne berbere, decorati con pietre o paillettes. Furono gli andalusi, cacciati dalla Reconquista spagnola nelXV°secolo, che portarono in Marocco la tradizione del filo di seta lavorato. Gli artigiani ebrei introdussero in seguito l’uso del filo d’oro e d’argento abbinato alla seta, sviluppando una tecnica di lavorazione rimasta per lungo tempo un monopolio esclusivo. La passamaneria non è altro che un intreccio di fili che dimostra come la manualità artigianale sia un arte, che nasce da secoli e secoli lontani da noi. Solo recentemente i passamantieri si sono riuniti in corporazioni , proprio come nell’Europa del Medio Evo. Intorno alle loro attività gravitano un numero imprecisato di altre specializzazioni, sempre nell’ambito del filo di seta, perpetuando quest’arte meravigliosa e unica. A Marrakechsono decine gli artigiani che svolgono questa attività, installati generalmente nei souks della Medina antica, principalmente nel souk Kchechbia, che si trova nel quartiere di Mouassine. La maggiorparte di questi lavori sono opera di una moltitudine di donne che lavorano nelle loro abitazioni e sono divise secondo la tipologia del lavoro che devono svolgere. Le prime sono chiamate “Houlates” e si occupano di dividere le bobine disabra con l’aiuto di un arcolaio in legno per ottenere un filo pulito e lineare. Seguono poi le “Oukadates“, che confezionano i bottoni per i jellaba e c i caftani, senza dimenticare il lavoro degli “sfifa“, una sorta di galloniriccamente decorati e intrecciati finemente. Altre ancora realizzano dei piccoli ricami da decoro, pompons eembrasse per i tendaggi. Gli uomini confezionano generalmente delle splendide cinture femminili, molto alte e riccamente decorate con filo d’oro e d’argento. Sovente considerata come puro elemento decorativo, la passamaneria gioca un ruolo importante nell’arredamento di interni. Cuscini, tende, lenzuola, nappe, runners,tovaglie e altro ancora, dai più semplici ai più stravaganti, in un ventaglio di creazioni pressochè infinito, adattandosi ai più svariati gusti, sia tradizionali che contemporanei. Se l’arredamento da lungo tempo fa uso di questi prodotti anche i grandi nomi della moda internazionale hanno regalato a questi oggetti una certanobiltà, indispensabile per certe finizioni di alto livello, che rivestono borse, cinture, sacchi, bijoux e caftani, in abbinamento a rafie e cotoni pregiati. La materia prima, nobile e preziosa, è la seta, che rimane l’elemento indispensabile per la passamaneria di lusso. Verso gli anni ’60 la seta venne colorata con i pigmenti naturali, direttamente nei souks dei tintori, raggiungendo sfumature e toni sino ad allora impensabili. Con l’aumento dei costi della materia prima, importata dalla Cina, la seta venne sostituita progressivamente dalla sabra, una seta vegetale elaborata a partire dalle fibre del legno di sisal. Queste fibre vengono cardate, tessute e poi colorate. Quest’ultima operazione è la più complicata in quanto il fissaggio del colore è una operazione tecnica molto particolare e fu cosi’ che verso la fine degli anni ’80, la sabra inizio’ ad essere importata già con il finissaggio finale. Elastica al 15%, la sabra è praticamente indistruttibile ed è lavabile in lavatrice a 30°, quindi ideale per la decorazione di interni e per il prèt-à-porter. Altro straordinario valore aggiunto di questa seta “artificiale” è la sua straordinaria gamma di colori e sfumature, dovuta anche allasezione triangolare delle sue fibre che riflettono la luce donandole anche una morbidezza impalpabile. Per acquistare delle belle passamanerie basta tuffarsi nei souks della medina e curiosando tra i vari negozi troverete sicuramente l’oggetto del vostro desiderio, da mettere in valigia e regalare magari agli amici smaniosi di esotismo. Personalmente amo molto i segnalibri costruiti con sottile lamine incise che terminano con delle splendide nappe (costo circa 4 euro) o ancora certi modelli di embrasse per tendaggi che hanno inseriti dei lavori in metallo battuto, ovali o rettangolari (foto in alto), che diventano degli importanti “quadri” da appendere alle pareti (costo circa 40 euro la coppia). Da non dimenticare i tessuti in sabra, a telaio, di diverse misure e dai colori incredibili, per rivestire divani, poltrone, oppure da usare come copriletti o come tovaglieetniche. Il prezzo del 2 x 1.50 è di 25 euro, il 3mt x 2 costa 30 euro. Buon shopping!.

Fonte: My Amazighen

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Il Tadelakt, rivestimento marocchino

May 2, 2011 Leave a comment

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Il Tadelakt, rivestimento murale tipico di Marrakech é tradizionalmente usato negli Hammam e nelle sale da bagno. Questo materiale si ottiene con della calce ventilata di Marrakech e pigmenti naturali, viene poi lisciato con una pietra tonda di fiume o con delle spatole per ottenere un aspetto dolce e vellutato. Il Tadelakt puo’ essere utilizzato sia all’esterno (essendo impermeabile) che all’interno delle abitazioni. Anticamente veniva usato per assicurare la impermeabilizzazione delle riserve d’acqua, prima di diventare il materiale tradizionale degli Hammam e dei bagni nei Riad e nei Palazzi della Medina. Questa tecnica é nata da una calce con una mineralità particolare e dalla bravura delle maestranze dei palazzi imperiali marocchini. Il Tadelakt ha la particolarità che deve essere rifinito con una pietra liscia di fiume e trattato con del sapone nero per ottenere un aspetto definitivo dolce e fine, con ondulazioni in rilievo. Questo rivestimento murale (molto simile nell’aspetto al nostro stucco veneziano) é generalmente realizzato con calce locale in una sola mano. E’ proprio la calce particolare che dona delle proprietà impermeabilizzanti uniche e profondità. E’ usato anche per la costruzione ( a mano) di vasche, docce, lavabi e piscine, sempre pigmentato nella massa per creare un colore profondo e satinato. La sua composizione naturale lo rende un materiale assolutamente ecologico ed é un ottimo isolante termico, possiede inoltre delle proprietà funghicide e battericide importanti, grazie al suo PH elevatissimo. Ma ha anche dei difetti, haime!; é un materiale fragile ai colpi (i ritocchi sono chiaramente visibili in quanto trovare la stessa tonalità di colore é un impresa ardua) e necessità di una manutenzione regolare. Vero é che, personalmente, amo molto le pareti in Tadelakt “antiche“, con piccoli segni del tempo; le rughe di un materiale che vive come noi. Bisogna di fatto pulirlo ogni sei mesi (mai pulirlo con prodotti chimici!) con il sapone nero liquido (stemperato in una ciotola con acqua calda) per preservare il suo aspetto brillante e le sue qualità idrifughe. Le qualità estetiche e la sua impermeabilità non provengono solo dalla calce ma anche dal suo procedimento di posa che é unico. In arabo Tadelakt significa “levigato, liscio“. Questo nome sta a significare che il materiale e pazientemente levigato con una pietra di fiume, prima di essere coperto dal sapone nero a base di olio di oliva per renderlo lucido, rimuovendone poi l’eccesso. La posa é un operazione delicata che richiede molti anni di esperienza da parte dei maestri artigiani o “Maalem“. Per questo motivo il prezzo é elevato e sono nati prodotti “pronti all’uso’ che offrono garanzie in termini di qualità del prodotto. Ovviamente messi a confronto il Tadelakt originale é riconoscibile da occhi esperti e dal tatto, caratteristica tipica e unica di questa rifinitura che decora le più prestigiose abitazione di Marrakech e del Marocco. In Europa i grandi designer di interni hanno scoperto questo materiale vellutato e lo propongono sia per i bagni, pareti di cucine e nelle camere da letto, oltre che per splendide scale e mobili in muratura rivestiti. Il gusto non é ovviamente “orientale” con i colori caldi e brillanti di Marrakech, ma tonalità più minimaliste, pacate, che vanno dal nero al cioccolato, dal grigio perla al verde foncè. Se volete provarlo a casa vostra rivolgetevi esclusivamente a degli artigiani marocchini, che si trovano oramai in quasi tutte le città italiane, e chiedete un campione su tavola. I prezzi possono variare dai 100 ai 150 Euro a mq.

Fonte: My Amazighen

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