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Duomo di Milano

December 5, 2011 Leave a comment

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Il Duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo, è dedicato a Santa Maria Nascente ed è situato nell’omonima piazza nel centro della città. È una tra le più celebri e complesse costruzioni gotiche del mondo.
Poche chiese, in Italia, hanno avuto una costruzione così lenta e complessa come la ebbe il Duomo di Milano. Non solo, ma l’erezione dell’imponente monumento fu una impresa che interessò non solo la Lombardia, ma tutta l’Italia. Fu infatti attraverso essa che lo stile gotico fiorito d’Oltrealpe penetrò in Milano e influenzò l’Italia intera. La sua elaborazione fu assai lenta: essa comprese infatti un arco lunghissimo di ben cinque secoli, pur rimanendo tuttavia fedele ai principi dell’arte gotica. Sul luogo dove sorgeva la basilica di Santa Maria Maggiore, del IX secolo, si iniziò nel 1387 la costruzione del Duomo, dedicato a Santa Maria Nascente; costruzione voluta dall’arcivescovo Antonio da Saluzzo ed appoggiata non solo da Gian Galeazzo Visconti, all’epoca signore della città, ma da tutto il popolo milanese. In quell’anno era ingegnere Simone da Orsenigo, circondato da numerosi maestri campionesi. È fuori di dubbio, tuttavia, che l’intero progetto del Duomo fosse opera di una sola mente, sicuramente di un maestro oltramontano, perché, nonostante l’avvicendarsi di numerosi architetti alla fabbrica, il Duomo ha mantenuto un carattere straordinariamente coerente, e questo carattere è tipicamente d’Oltralpe. Tuttavia, questi schemi gotici, nelle menti degli architetti italiani, persero la loro caratteristica oltramontana e acquistarono quella più tipicamente nostrana. Intorno a Simone da Orsenigo, i nomi dei grandi maestri della pietra: Marco “de Frixono” da Campione, Matteo da Campione, e il più grande Giovannino de’ Grassi. Nel 1389 Simone da Orsenigo fu rimosso dall’incarico e fu fatto venire da Parigi Nicola di Bonaventura, che fornì il disegno dei finestroni absidali, aperti a traforo. Poi anch’egli, giunto a Milano il 7 maggio 1389, fu licenziato il 31 luglio 1390. Maestri italiani e stranieri si susseguirono, avvicendandosi, nella fabbrica del Duomo: i tedeschi Giovanni da Friburgo, Enrico Parler da Gmunden, Giovanni da Fernach, e gli italiani Bernardo da Venezia, Gabriele Stornaloco, piacentino, Marco da Carona, Giovannino de’ Grassi e Giacomo da Campione. Questi ultimi due rimasero legati stabilmente alla fabbrica dal 1392 e dettero al nascente Duomo la loro impronta decisiva, quello stile “gotico fiorito”, caratterizzato dall’esuberanza decorativa.
Alla morte del grande maestro, il parigino Jean Mignot criticò aspramente i lavori ma, trovando l’opposizione di Bernardo da Venezia e di Bertolino da Novara, fu ben presto licenziato: è da questo momento che la fabbrica del Duomo di Milano verrà diretta esclusivamente da maestri italiani. Nel 1400 era a capo dei lavori Filippino degli Ugoni: a lui si deve il disegno dei capitelli, delle volte, dei terrazzi. Si lavorava alacremente, nella fabbrica del Duomo, tanto che, nel 1418 veniva consacrato l’altare maggiore da papa Martino V. Con la salita al potere, alla metà del ‘400, di Francesco Sforza, le arti conobbero un nuovo indirizzo. L’architettura milanese del ‘400, e quindi anche quella del Duomo, fu “siglata” dalle tre generazioni dei Solari: Giovanni, il figlio Guinforte, e il figlio di questi, Pier Antonio. Il genero di Guinforte, il grande Giovanni Antonio Amadeo, fu il vincitore del concorso indetto nel 1490 per l’erezione del tiburio: nonostante il “nuovo corso” rinascimentale che aveva preso l’arte, L’Amadeo fu strenuo difensore dell’unità gotica dell’editicio e completò il tiburio nel 1500. Dieci anni più tardi sorgeva, gotica anch’essa, la prima delle quattro guglie contigue. Intanto, la grande fiammata del “gotico fiorito” andava lentamente spegnendosi, vinta dal nuovo senso plastico delle forme teorizzato da Filarete, da Luca Francelli, da Francesco di Giorgi e da Leonardo, chiamati da tutta Italia per dare nuovi consigli e nuovi pareri sulla fabbrica del Duomo. Dopo un più che breve intervento tedesco, un maestro di Strasburgo chiamato nel 1482 da Gian Galeazzo Sforza, fu messo a capo dei lavori Pellegrino Pellegrini, detto anche Tibaldi, architetto preferito dall’arcivescovo Carlo Borromeo. Il Pellegrini dette subito un vigoroso impulso alla costruzione, progettando i disegni per il pavimento e per gli stalli del coro. Nel 1572 San Carlo riconsacrò il Duomo. Nel1585, alla partenza dei Pellegrini per la Spagna, ottenne di succedergli Martino Bassi e quindi Lelio Buzzi, già autore del progetto della Biblioteca Ambrosiana. Sotto l’arcivescovado dell’altro grande Borromeo, Federico, fu Fabio Mangoni a soprintendere la fabbrica del Duomo, a cui poi seguirono il Richini e il Quadrio. Nel XVIII secolo non erano ancora terminati i lavori. La guglia maggiore fu eretta dal 1765 al 1769 e la facciata, secondo le valide proposte del Pellegrini, fu compiuta negli anni fra il 1805 e il 1813. I lavori continuarono per tutto l’Ottocento, completando l’erezione delle guglie e le torri scalari intorno al tiburio. Ma tutta questa complessa costruzione ebbe sempre bisogno di vaste opere di restauro: la prima nel 1935 e la seconda, ben più complessa e più dolorosa, dopo i bombardamenti aerei del 1943. Durante l’ultimo restauro, fu rinnovato il pavimento, furono sostituite quelle statue e quegli elementi decorativi che più avevano sofferto le ferite della guerra. Infine, l’8 dicembre 1966, fu inaugurato il nuovo sagrato.
L’interno
I cinquantadue pilastri dividono le cinque navate e sorreggono le volte simulanti un traforo gotico; queste vennero dipinte verso la metà del 1800 da Alberti e Alessandro Sanquirico.
Il pavimento, su disegno originale del Pellegrini, è un intreccio di marmi chiari e scuri con disegni intersecantisi infinite volte.
Nella prima navata a destra si trova il sarcofago dell’Arcivescovo Ariberto da Intimiano, l’inventore del Carroccio, sormontato dal Crocefisso in lamine di rame dorato che il vescovo donò al monastero di San Dionigi. Un piccolo marmo seicentesco riporta un’iscrizione che ricorda Seguono i sarcofagi degli arcivescovi Ottone Visconti e Giovanni Visconti, opera di un maestro campionese del primo XIV secolo su due colonne in marmo rosso di Verona, e di Marco Carelli, un mecenate che alla fine del XIV secolo donò trentacinquemila ducati alla Fabbrica del Duomo per accelerare i lavori di costruzione.
Alla sesta campata vi sono tre magnifici altari del Pellegrini, sul primo dei quali si trova un pregevole quadro di Federico Zuccari: la “Visita di Sant’Agata in Carcere da parte di San Pietro”.
Notevole nel transetto destro è il monumento a Gian Giacomo Medici detto il Medeghino, opera di Leone Leoni, la cui l’effigie campeggia nel centro, circondata da statue e bassorilievi. Interessante l’adiacente altare rinascimentale di marmo, decorato con statue di rame dorato. Di fronte al Mausoleo Medici vi è il “pezzo” più celebre di tutto il Duomo: il famosissimo “San Bartolomeo Scorticato”, opera di Marco D’Agrate, con la pelle gettata come una stola sulle spalle e sul corpo.
Il complesso del presbiterio, capolavoro del Tardo Rinascimento milanese, è formato dal coro con i suoi stalli lignei, dal “Tempietto” del Pellegrini, dai due pulpiti dai ciclopici telamoni rivestiti di rame e di bronzo e dai due giganteschi organi.
Il deambulatorio corre intorno al coro, e vi si ammirano i portali delle due sacrestie, alcuni affreschi (fra i quali la “Vergine dell’Aiuto”) e la statua di Papa Martino V, opera quattrocentesca di Jacopino da Tradate.
Nel transetto si trova il “Candelabro Trivulzio” che consta di due parti: un piede, tutto un intreccio di viticci, vegetali, animali fantastici, attribuito a Nicolas de Verdun (XIII secolo) e uno slanciato stelo a sette braccia, a volute e ricami della metà del 1500.
Dopo altri tre altari di Pellegrino Tibaldi nella navata sinistra si trovano l’edicola “Tarchetta” dell’Amadeo, il monumento Arcimboldi dell’Alessi, romaniche figure di Apostoli in marmo rosso e infine il classicheggiante Battistero del Pellegrini.
La prima campata è attraversata dalla lista di marmo e bronzo della meridiana. Nel mese di novembre, periodo dedicato a San Carlo Borromeo, vengono esposti i teleri (i cosiddetti “Quadroni”) della vita del Santo, dipinti da un gruppo di artisti tra cui spiccano Cerano e Giulio Cesare Procaccini. I finestroni della cattedrale sono chiusi da vetrate istoriate che nascono col Duomo e furono via via implementate sino ai giorni.
La facciata
La facciata è una sedimentazione di secoli di architettura e scultura italiana, che va dal Tardo Rinascimento del Pellegrini al Barocco di Francesco Maria Richino, allo pseudo-gotico napoleonico dell’Acquisti. L’impostazione tardo-rinascimentale è del Pellegrini, anche se nei dettagli si intravede il barocco nascente e la mano del Richino. Su questa base s’innesta il coronamento pseudo-gotico richiesto agli architetti del 1800 da Napoleone Bonaparte in persona. Spiccano particolarmente le grandi statue relative all’Antico Testamento di Luigi Acquisti.
Il portale e l’esterno
Il portale mediano è disegnato dal Richini, arricchito da sculture di G.B. Crespi e completato da porte di bronzo moderne. Una passeggiata intorno alla cattedrale permette di apprezzare l’infinito numero di sculture, di doccioni, di guglie, di archi rampanti. Sopra la selva di guglie si eleva quella del tiburio, su cui nel XVIII secolo è stata posata la Madonnina dorata, simbolo della città.
Uno sguardo particolare merita l’abside, la parte più antica, e più avanti la quattrocentesca guglia Carelli, la prima ad essere costruita.
Il Museo del Duomo ripercorre la storia dell’edificio e ospita alcune opere d’arte collegate allo storico edificio.
Alcune misure del Duomo:
• altezza della Madonnina dal suolo: 108,50 metri;
• altezza della Madonnina: 4,16 metri[1];
• altezza della facciata centrale: 56,50 metri;
• altezza della navata maggiore: 45 metri;
• lunghezza esterna: 158 metri;
• lunghezza interna: 148 metri;
• lunghezza della facciata principale: 67,90 metri;
• larghezza interna delle 5 navate: 57,60 metri;
• larghezza esterna: 93 metri;
• larghezza interna: 66 metri;
• colonne interne: 52;
• guglie: 135[2];
• altezza delle colonne interne: 24 metri;
• diametro della colonne interne: 3,40 metri.
La meridiana
In vicinanza dell’ingresso del Duomo una striscia di ottone incassata nel pavimento attraversa la navata, risalendo per tre metri sulla parete di sinistra (a nord). Sulla parete rivolta a sud, ad una altezza di quasi 24 metri dal pavimento, è praticato un foro attraverso il quale, al mezzogiorno solare, un raggio di luce si proietta sulla striscia del pavimento.
Ai lati della linea metallica sono installate delle lastre di marmo indicanti i segni zodiacali con le date di ingresso del sole.
Lo strumento fu realizzato nel 1786 e modificato nel 1827 in seguito al rifacimento del pavimento del Duomo.

Fonte: Duomo