Santorini, tramonto antica magia dell’isola
L’isola della Grecia fronteggia l’assalto dei visitatori: per 8 mesi è caos. Grandi navi e aeroporto in tilt, nel borgo ogni casa diventa un B&b
Immaginate una tipica isola cicladica, con le case calcinate a picco sul mare blu. Immaginate le stradine, le piazzette e le taverne direttamente sul mare. Se pensate che Santorini, “kallisté”, la “bellissima” degli antichi, sia questo, siete completamente fuori strada. L’antica Thira è stata il centro dell’anello delle Cicladi, è stata l’isola dei ciuchini che ti portavano dal porticciolo antico alla cima, dopo oltre 550 gradini a picco sul mare. È stata l’isola degli straordinari tramonti goduti in solitudine e del meltemi che spazza l’orizzonte. È stata perfino Atlantide. Ma sfido qualsiasi viaggiatore che l’abbia visitata prima degli Anni Ottanta a riconoscerla oggi.
Una visita a Santorini dovrebbe iniziare dai resti di Akrothiri, antica cittadina satellite di Creta, seppellita dai resti della più grande eruzione mai avvenuta nel Mediterraneo. Nel 1600 avanti Cristo, dopo giorni di terremoti ed emissioni di gas, l’isola esplode letteralmente, cancellando quasi completamente la raffinata civiltà che si era insediata sulle sue coste. Si è pensato che quella catastrofe potesse aver causato la fine della civiltà minoica, ma recenti studi permettono di escluderlo, lasciandogli forse solo un ruolo propedeutico. Per questo, comunque, molti hanno identificato in Santorini l’Atlantide di Platone. È certo l’azzurro della “stanza delle ragazze”, a seni nudi, truccate e acconciate, o gli affreschi delle scimmie dagli occhi allucinati a raccontare di una vita quotidiana felice e ricca. Nei resti scavati solo a partire dagli Anni Settanta, strade, piazze e palazzi, qualcuno addirittura con il bagno in casa, e soprattutto tonnellate di ceneri bianche che hanno seppellito tutto. Ma nessun cadavere, come se ci fosse stato il tempo per fuggire prima dell’epilogo. Un ibex d’oro, forse una statuina giocattolo, è l’unico bene ritrovato, un altro segno che fa la differenza rispetto a Pompei, dove una pausa nell’eruzione aveva dato l’illusione che si potesse tornare.
Ma quando arrivo dal mare il primo segno che qualcosa è cambiato lo vedo alla fonda o nel porto: fino a quattro o cinque enormi navi da crociera che stazionano dentro l’anello creato dalle pareti del vulcano e che vomitano migliaia di turisti al giorno in una miriade di pullman di ogni forma e grandezza. Incuranti delle piccole Nea Kameni e Palea Kameni, brandelli di isole vulcaniche all’interno dell’isola, testimoni delle ultime eruzioni del vulcano negli anni Cinquanta. A questi si aggiungono i turisti che decine di voli giornalieri portano da ogni parte del mondo. Tutti a cercare il panorama, a mangiare octopus e bere ouzo, ma, più di ogni altra cosa, tutti a guardare il tramonto. A ridosso del calar del sole, a migliaia si accalcano verso Oia, il paese del tramonto. Decine di pullman si incolonnano sulle stradine dell’isola e si ingorgano insieme con auto a noleggio, quad e camionicini di servizio, spesso senza neanche riuscire a scendere in paese.
Bar e ristoranti sono tutti orientati al tramonto. Le terrazze valgono oro e sono sempre tutte piene. Gli hotel si sono tutti trasformati in resort di lusso e spa, con piscina privata per ogni suite a picco sul mare che rimane comunque irraggiungibile, quasi un elemento d’arredo. Il privilegio del tramonto diventa un incubo che termina solo a tarda sera, quando anche l’ultimo dei pullman riesce a rientrare da Oia e a liberare le strade. Ed è così da aprile a novembre, unico caso di destagionalizzazione che non comporta alcun vantaggio per il turista, sballottato sulle stradine e ingolfato nel saliscendi dei centri abitati.
Grandi navi e aeroporto spiegano in un attimo perché Santorini sia diventata irriconoscibile: lo spazio dell’isola rivolto al tramonto resta sempre quello, ma i turisti incrementano. E la facilità di collegamenti non conferisce qualità alla vacanza. Il risultato è un caos indigesto, inadatto al godimento, molto peggiore di quello di Nanni Moretti in “Caro Diario” alla sua prima notte a Lipari. Fuggo a Pyrgos, dove qualche taverna conserva ancora il fascino delle Cicladi e da dove non si vedono né mare né tramonto. E rifletto sulla crisi economica che ha travolto la Grecia ma non le sue isole, dove i prezzi sono alti e i flussi non conoscono soste. È un bene per i suoi abitanti ma il consumo del bene-isola dovrebbe preoccupare: i grandi alberghi non appartengono quasi più ai greci e la ricchezza diffusa che un tempo accompagnava il turismo ha lasciato il posto a una concentrazione in cui l’unico ruolo a disposizione degli autoctoni è quello dei camerieri. E poi vive ancora qualcuno a Oia? Tutti gli edifici ospitano hotel, affittacamere, negozi, bar e ristoranti: non c’è più nemmeno una casa privata. Tutto in nome di un tramonto di cui si conosce molto bene il prezzo, ma non più il valore.
Mario Tozzi
Fonte: La Stampa