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Intervista di Viviana Musumeci a Elena Ghisellini
L’Italia non è un paese per giovani, si sa. Prima che alcuni talenti riescano ad affermarsi, solitamente, deve trascorrere molto tempo. Non solo: l’Italia non supporta i propri talenti e questo ci sta, alla lunga, impoverendo. Detto ciò ci sono alcune persone dotate, non solo di talento, ma anche di determinazione – fondamentale per affermarsi -. Elena Ghisellini è una di quelle persone dotate sia dell’uno che dell’altra. Amante fin da piccolissima dell’odore della pelle – unica, in una famiglia di studiosi di archeologia e ingegneria, a seguire il percorso di stilista di borse -, Elena si è diplomata allo Ied e fin da subito dopo il diploma ha maturato lunghe esperienze in prestigiose maison, seguendo sempre il coté della pelletteria: Bulgari, Trussardi,Ferragamo. Nel 2003, però, ha deciso di fare il passo più importante: lanciare il suo marchio EG-Elena Ghisellini. Oggi, a quasi dieci anni dalla nascita, vive e lavora a Firenze e si gode il suo meritato successo, anche se non si adagia sugli allori.
V.M.: Com’è nata la tua passione per la pelle?
E.G.: L’ho adorata fin da piccolo. Per questo fin da giovanissima ho studiato avendo già le idee chiare in proposito. Ho avuto la fortuna di lavorare con un personaggio come Nicola Trussardi che mi ha insegnato tutto sulla pelle e sulle conce, e poi anche Ferragamo, in particolare la signora Fiamma che è stata una grande scuola per me. Poi ho deciso che era arrivato il momento di mettermi in proprio e rischiare il tutto per tutto, aprendo il mio studio e lanciando il mio marchio. Sentivo il bisogno di fare qualcosa che non trovavo sul mercato. A me piacciono le cose belle ma che si uscino altrettanto bene. Mi piace che esista anche un’estetica del “gesto” perché aprire e chiudere una borsa in un determinato modo crea fascino.
V.M.: Come lavori?
E.G.: Io disegno poco, ma penso molto, soprattutto la notte. E poi quando realizzo le borse, non le disegno solo su un foglio, ma già sul manichino perché voglio vedere fin da subito come appariranno.
V.M.: Da cosa trai ispirazione?
E.G.: Mi ispiro alle donne per strada al modo in cui indossano le borse per capire cosa desiderano veramente. Ci deve essere armonia e poi le borse devono anche andare incontro alle esigenze quotidiane. Se viaggio, ad esempio, le borse ci devono stare in valigia. Mi ispirano, dunque, i materiali e le persone.
V.M.: Come si caratterizza oggi il mondo della pelletteria e degli accessori?
E.G.: Direi che ci sia una tendenza a creare borse iconiche. Solo che le grandi firme lo fanno perché hanno sia la comunicazione sia la distribuzione dalla loro parte. La riconoscibilità fa vendere. Io che gestisco un marchio più di nicchia creo borse che si fanno desiderare. E’ anche per questo che la mia ultima collezione è molto ludica, divertente e “toglie” la noia di dosso sfruttando però, interamente, il made in Italy – ndr direttamente a Firenze, affidandosi a conciatori fiorentini -.
V.M.: Ci sono dei colleghi che stimi?
E.G.: Ce n’è uno in particolare a cui costruirei una statua: si tratta di Edoardo Marziali di Bottega Veneta. E’ sempre un punto di riferimento e mi ha sempre rimessa sulla retta via con ottimi consigli. Non sbaglia mai un colpo. Lui è uno di quelli che non scende a compromessi. Bisogna sempre credere in ciò che si fa e non fare di tutto, invece, per piacere agli altri. Un altro che mi piace molto, anche se abbiamo uno stile diverso, è Gerome Dreyfuss. Mi piace la sua filosofia di lavoro.
V.M.: Perché nell’ultima collezione hai realizzato delle borse con delle maschere?
E.G.: Perchè volevo qualcosa di divertente. Qualcosa a cui la donna non sappia resistere. E poi la mascherina la puoi staccare e indossare anche in altre occasioni.
Fonte: VM-Mag
Intervista di Viviana Musumeci a Patrizia Bambi
Molto si è ormai detto di Patrizia Bambi, fondatrice, insieme al marito Claudio Orrea, del marchio Patrizia Pepe – il brand, in un certo senso, è l’alter ego della sua creatrice -. Da quando qualche stagione fa il marchio si lanciò in una comunicazione d’impatto dove una modella aveva il viso coperto e il claim chiedeva Who is Patrizia? – come a dire che tutte le donne sono un po’ Patrizia -, Patrizia Bambi, schiva per natura e concentrata sempre sul suo lavoro di imprenditrice e designer, ha rilasciato qualche intervista in più.
Viviana Musumeci l’ha incontrata nel suo quartier generale a Milano dietro la Stazione Centrale durante la Fashion Week milanese per parlare della sua nuova collezione e di altro
V.M.: A cosa si ispira la collezione attualmente in presentazione?
P.B.: La donna moderna che lavora e che deve essere pratica, perché ha mille impegni, ma al contempo vestita in maniera femminile e glam, è da sempre il fil rouge di ogni collezione. Questa, in particolare, ”Melody Rebel”, lo è ancor di più e si ispira in un certo senso agli anni 80. Non solo: la collezione è iper colorata perché è un messaggio che volevo mandare in questo periodo difficile in cui sembra, comunque, che molti soffino pessimismo che appesantisce ulteriormente il clima. Ho pensato alle stampe hawaiane ispirandomi ai writer metropolitani, visto che loro per primi sono dei ribelli che si esprimono attraverso la loro arte. E’ vero, la situazione è complessa, ma ci vuole anche tanta grinta.
V.M.: Quando lavora a una nuova collezione, so che si ispira a una canzone. Quale ha influenzato la creazione della collezione s/s 2013?
P.B.: In realtà non parlerei di una sola canzone. Io amo molto ascoltare la musica, soprattutto quella rock quando creo, E’ il genere di ritmo che mi ispira atmosfere glamour che poi traduco in abiti. Per questa collezione mi sono ispirata alla musica degli anni 80 e se fosse una compilation sarebbe composta solo da cantanti donne.
V.M.: Quali sono i suoi cantanti preferiti?
P.B.: Dei gruppi attuali mi piaccono molto i Kasabian o i Linking Park. Del passato amo molto i Cure e David Bowie. Quest’ultimo è il cantante a cui mi ispiro quando devo realizzare la collezione maschile. Bowie è un’icona degli anni 80 e mi dà la giusta ispirazione quando creo per la linea maschile. E’ glam rock.
V.M.: E’ un periodo indubbiamente difficile che coinciderà, il prossimo anno, con l’anniversario della vostra nascita -1993 -. Che cosa ricorda di quel periodo?
P.B.: E’ stato l’inizio di un’avventura. All’epoca ricordo che la nostra città, Prato, ci ha sostenuto moltissimo. Qualcuno ci ha persino regalato metri e metri di stoffa scommettendo su Claudio e su di me.
V.M.: A proposito di Prato, come considera Firenze?
P.B.: La mia città è e sarà sempre Prato, tuttavia Firenze è la mia seconda città del cuore, non solo per la vicinanza con Prato, ma anche perché è una città d’arte bellissima che mi ispira moltissimo. Il connubio tra Prato e Firenze è fortissimo.
V.M.: Da imprenditrice cosa consiglierebbe oggi a un giovane?
P.B.: Di focalizzarsi su un progetto e portarlo avanti a ogni costo senza arrendersi mai. Bisogna avere consistenza.
V.M.: A quali progetti state lavorando?
P.B.: E’ nostra intenzione realizzare nuove aperture per il marchio Loiza. Stiamo lavorando anche su Cina e Russia per allargare la nostra presenza con Patrizia Pepe. Inoltre, stiamo iniziando a fare un pensiero sull’ipotesi di portare in house sia la linea di intimo sia quella di beachwear che finora sono state realizzate su licenza. E poi lavoreremo molto sugli accessori – borse e scarpe -.
V.M.: La vostra è un’azienda familiare. Cosa significa lavorare a stretto contatto con suo marito? Vi capita di litigare sul lavoro?
P.B.: Premesso che non portiamo mai a casa “il lavoro” e questo, probabilmente ha preservato il nostro rapporto negli anni, ovviamente, anche se abbiamo ruoli ben distinti, ci capita di avere delle posizioni diverse su alcune materie e, sì, ammetto che qualche volta ci capita di discutere. Ma, come dicevo, la divisione dei ruoli aiuta molto.
Fonte: VM-Mag
Intervista di Viviana Musumeci a Lanfranco Beleggia
La storia del brand Rosato, prima dell’acquisizione da parte del Gruppo Bros Manifatture, avvenuta lo scorso anno, è stata, a dir poco, travagliata. L’azienda, infatti, a causa del fallimento Burani e in seguito a una serie di sfortunate coincidenze a catena, aveva chiuso i battenti nel giugno del 2011. Ma la forza del brand, costruita a colpi di ”charms”, expertise aretina nell’ambito dell’oreficeria e testimonial di lusso – Demi Moore e Elizabeth Hurley hanno incarnato i valori glam e aspirazionali del marchio hanno avuto la meglio e grazie a un’azienda marchigiana come Bros Manifatture, il marchio è ritornato sul mercato, con un’anteprima che si è tenuta alla recente Fiera di Vicenza.
Intervista all’amministratore unico di Bros Manifatture, Lanfranco Beleggia
V.M.: Con quale modalità e quando è stata acquisita Rosato e quali sono gli accordi per l’acquisizione?
L.B: La motivazione che ha animato la scelta dell’acquisizione, avvenuta alla fine dello scorso anno, è stata ed è, l’esigenza di poter misurare il know how, la sensibilità verso i cambiamenti di mercato, il vissuto e l’esperienza del gruppo Bros Manifatture con un marchio e un settore merceologico nell’ambito dell’alta gioielleria. La nostra continua pulsione verso nuove sfide, ci ha spinto a misurarci con un brand dal passato e dalla filosofia importanti, per mettere a frutto il nostro vissuto e la nostra esperienza, ma in abiti nuovi.
V.M.: Siete in contatto on la signora Rosato? Avrà un ruolo?
L.B: Il contributo della Signora Rosato e di tutto il management aretino, è stato prezioso, ci hanno appoggiato e aiutato a ricostruire la storia del marchio ma ora tocca a noi proseguire e dimostrare di sapergli dare una rinnovata identità.
V.M.: Sarà prodotto ancora nel distretto aretino?
L.B: Sicuramente al distretto aretino spetterà la parte principale ma ci avvarremo anche di altri produttori italiani che lavorano già per i grandi marchi.
V.M.: Come sarà caratterizzato il brand nella nuova era?
L.B: Il nostro intento è quello di posizionarci nelle gioiellerie con un prodotto in grado di coprire un mercato ancora scoperto. Vogliamo creare pezzi unici, collezionabili in grado di fare vivere il mondo delle donne attraverso un gioiello.
V.M.: Dal punto di vista della comunicazione, quali sono le strategie che metterete in campo per il rilancio, visto che un tempo per il brand gli investimenti pubblicitari erano alti? Utilizzerete ancora testimonial internazionali?
L.B: Credo che attualmente ci troviamo in un momento di forti cambiamenti e la comunicazione deve sempre più farsi portavoce di nuove esigenze. L’utilizzo di testimonial così forti davano un carattere al prodotto molto legato alla figura e alla personalità del personaggio stesso. Oggi il consumatore ha bisogno di chiarezza, vuole vedere il prodotto, e la filosofia che c’è dietro a quel prodotto, ha bisogno di sensazioni e sentimenti reali e non lontani come quelli di una diva, che seppur apprezzata rappresenta sempre un ideale irraggiungibile.
V.M.: Come sta andando il mercato dell’oro e del gioiello in questo momento?
L.B: In un contesto in cui la crisi c’è, il settore dei beni di lusso continua a crescere. Questo perchè il made in Italy rappresenta un modello di business unico, un punto di forza per l’economia grazie alla creatività, alla cultura e all’artigianato che lo contraddistinguono. Sono convinto che per i prodotti di un “certo livello”, quelli destinati ad una specifica nicchia di pubblico, non ci saranno mai problemi.
V.M.: Che cosa rappresenta per Brosway l’acquisizione di un brand come Rosato?
L.B: Pur facendo entrambi i marchi capo alla stessa azienda, ovvero Bros Manifatture, Brosway e Rosato hanno storie ed identità molto diverse tra loro. Nello specifico Rosato ha un management totalmente nuovo, una rete vendita indipendente così come il prodotto e la comunicazione, senza nessuna contaminazione fra brand.
Fonte: VM-Mag
Intervista di Viviana Musumeci a Claudio Busillo
Marville è un marchio italiano nato come progetto di total look da uomo, che si ispira al canadian lifestyle – non a caso il logo del brand è una foglia di acero rosso stilizzato -. Il marchio è in forte espansione grazie anche allo spirito intraprendente del fondatore e amministratore delegato, Claudio Busillo, che mira ad incrementare i punti vendita anche a livello internazionale.
Intervista di Viviana Musumeci a Claudio Busillo
Quanto è importante il retail per un marchio come Marville?
Direi che sia fondamentale e infatti stiamo investendo molto da questo punto di vista, Qualche tempo fa abbiamo inaugurato un monomarca in Porta Venezia a Milano, ma entro la fine del 2013 giungeremo, secondo le nostre previsioni, a 20 monomarca, tra cui uno a Roma, uno in provincia di Milano, uno a Venezia – al momento in trattativa – e poi, oltre i confini italiani, a partire dall’Austria. Stiamo lavorando anche all’apertura di un immenso monomarca a Parma, tra l’altro, in uno spazio innovativo. Un negozio di 280 mt quadrati.
V.M.: Quali sono, invece, i paesi in cui siete già distribuiti?
C.B.: In Europa siamo presenti in Francia, Spagna, Russia. Dalla p/e 2013 saremo presenti anche in Germania e poi in Medio Oriente. Il nostro interesse, in questo momento, ci spingerebbe ad andare nei paesi del nord europa.
V.M.: A quanto è ammontato il fatturato 2011?Che previsioni si sente di fare per l’anno in corso?
C.B.: Il fatturato è ammontato a 13 milioni di euro, ma la cifra è comprensiva anche del marchio Dekuba che abbiamo ceduto di recente. Per il 2012 pensiamo di restare in linea con i risultati dello scros anno.
V.M.: Siete specializzati nell’abbigliamneto da uomo. Non avete mai pensato di realizzare una linea da donna?
C.B.: In realtà è da un po’ che ci stiamo pensando e infatti è possibile che nel 2014 lanceremo la prima linea femminile sotto forma di capsule che potrebbe diventare, successivamente, una collezione a tutti gli effetti. Da poco, invece, abbiamo lanciato la linea di calzature da uomo.
V.M.: Come gestisce l’azienda? Che tipo di leader è?
C.B.: Si tratta di un’azienda dove l’approccio è moderno, ma la gestione è molto friendly. La sede è a Desio. L’azienda è grande, ma la media di chi ci lavora si attesta sui trent’anni. Siamo molto giovani pertanto il mio tipo di approccio tende a coinvolgere le persone che lavorano con me in maniera informale.
Fonte: VM-Mag
Intervista a Renato Curzi di Viviana Musumeci
Le dolci colline marchigiane hanno dato vita a molte aziende specializzate nelle calzature che hanno fatto scuola e che tutt’oggi, anche con la crisi, continuano a produrre e vendere grazie al carattere forte e determinato dei marchigiani e agli imprenditori che solitamente sono poco attenti ai fronzoli, e molto concentrati sui loro prodotti. Linea Marche, è il calzaturificio fondato nel 1972 a Piticchio di Arcevia in provincia di Ancona, che ha dato vita ai tre marchi Vic Matié, Vic e O.X.S. Oggi le collezioni di questi brand sono distribuite nel mondo attraverso gli showroom di Milano, Roma, Parigi Dusseldorf, New York e Shanghai, ma i punti vendita altamente qualificati dove i prodotti di Linea Marche sono venduti, sono distribuiti tra Italia, Europa, Russia, Medio ed Estremo Oriente, USA, Canada e Cina.
Viviana Musumeci ha intervistato il fondatore e attuale presidente Renato Curzi
V.M.:Siamo nella seconda metà dell’anno. E’ già possibile fare un bilancio sull’andamento del 2012?
R.C.: E’ dal 2007 che non cambiamo rotta, anche se a un certo punto abbiamo pensato di operare un riposizionamento e per questo abbiamo, se mi è consentito il termine, “ripulito” i nostri retailers. Il 2012 lo chiuderemo, all’incirca, con gli stessi risultati conseguiti nel 2011. Non cresceremo, ma perlomeno, abbiamo terminato la pulizia riportando la barra stazionaria sul nostro cammino di qualità. Il fatturato ammonterà sui 34 milioni di euro. Premesso che per me, oggi, il mercato Italiano lo inserisco alla voce mercato Europeo, posso dire che siamo partiti alla conquista di Russia, Cina, Corea del Sud, area indonesiana, Medio Oriente. Da circa due anni poi, abbiamo iniziato a internazionalizzare anche negli Stati Uniti. Grazie a questo processo, con il calo di vendite che ha caratterizzato il mercato italiano, abbiamo recuperato quote su e grazie ad altri mercati.
V.M.: Quali sono le strategie che adotterete per i vostri tre marchi (Vic Matié, Vic, OXS)?
R.C.: La comunicazione è importante, ma la collezione lo è di più. La pagina della collezione si presenta bianca in ogni stagione. E’ una pagina bianca che deve essere riempita bene. La comunicazione è fondamentale e si muove attraverso due canali: i magazine nazionali e internazionali e il web.
V.M.: Come si rispecchia sul vostro operato il clima di incertezza che stiamo respirando ultimamente?
R.C.: Io credo nel design, nella qualità, nei prodotti italiani. I nuovi ricchi cinesi o russi vogliono il cibo italiano, il marchio italiano, le borse italiane. Gli accessoristi devono fare cose belle, ma con prezzi più veri. Per noi questa è la vera chance. Finché si parla di Europa si arriva dappertutto, abbiamo una cultura simile, gli Usa sono gia un mercato lontano. La Cina è un’opportunità ma non è ne leggera ne facile. Là non ci si va da soli. Anche là ci sono le persone giuste e bisogna trovarle. In Cina abbiamo tre monomarca O.X.S e vogliamo farne altri 10 entro il 2013, Più altri 50 shop in shop. Sempre in Cina, entro la fine dell’anno chiuderemo una o due partnership. Siamo anche concentrati sull’est europa perché rappresenta il 15% del fatturato. Comunque vorrei dirle una cosa: quella che stiamo vivendo non è una crisi, ma un cambiamento. Per il made in italy non ci sono altre chance: design, qualità, emozioni. Alla fine saranno quelli che si relazionano con verità. Lavoro in questa nicchia da quarant’anni. Se non me lo potrò permettere mi ridimensionerò.
V.M.: La sua è un’azienda familiare, visto che anche sua moglie e le sue figlie vi lavorano. Cosa vorrebbe che facessero le sue figlie? Le ha cresciute a “pane e suole”?
R.C.: Io credo che per un’azienda delle nostre dimensioni la famiglia sia un valore enorme. L’anima dell’azienda è legata. Ho due figlie, una è art director l’altra ha appena terminato gli studi. Mia moglie si occupa di pr. Io, le mie figlie, in realtà, non le ho volute portare in azienda, sono loro che sono venute. Non volevo rovinarle. L’età media oggi è di 34 anni e mi dà energia positiva. I miei occhi vedono per il mio vissuto, gli occhi delle mie figlie vedono in maniera diversa. Dobbiamo cambiare pensare che gli atteggiamenti sono cambiati. La seconda delle due mie figlie, forse realizzerà una linea di abbigliamento. Vedremo.
Intervista a Giampaolo Murzi sull’accordo distribuzione Giaroli da Azimut Yachts
GIAROLI’ s.a.s. è stata nominata da AZIMUT YACHTS come nuovo rappresentante per Piemonte e Liguria della Collezione MAGELLANO by AZIMUT ed ha inaugurato il 14 luglio 2012 i nuovi uffici al Marina di Varazze gestiti dall’Ing. Valeria Ribaldi e con back up dalla sede storica di Orbetello -Cala Galera e da La Napoule (Francia).
La linea al momento comprende un 50′ ed il 74′. Ai prossimi saloni di Cannes e Genova sarà presentato un nuovo e più piccolo modello. Lo stile della barca deriva dalla collaudata collaborazione tra il designer olandese Cor D. Rover – con il team del cantiere Azimut Yachts, da sempre interprete di un gusto per i dettagli che contraddistingue il migliore Made in Italy.
Due diverse visioni che, insieme, hanno permesso di realizzare un’imbarcazione dal fascino tutto nuovo. La Collezione Magellano è di fatto una rivisitazione in chiave moderna dei Trawler dei quali ripropone una serie di caratteristiche tecniche, funzionali e di utilizzo degli spazi di bordo affiancandole in maniera inedita con un design esterno accattivante, interni più contemporanei e ambienti più adatti a promuovere la socialità di bordo. Magellano è un prodotto dall’ottimo rapporto qualità/prezzo e dagli elevati contenuti tecnici.L’introduzione del nuovo Magellano ad un prezzo competitivo porterà GIAROLI’ s.a.s. a privilegiare la promettente fascia di mercato 40′- 45′.
L’ingegner Gianpaolo Murzi ci racconta nello specifico molto su Giaroli e sull’accordo di distribuzione con MAGELLANO by AZIMUT.
Perché un ufficio a Varazze?
G.M.: Oltre ad essere uno dei marina più moderni ed alla moda è anche la location ideale per la nostra già numerosa Clientela del Nord Italia che da anni ci ha dato fiducia coi Grand Banks e che potremmo meglio seguire con una presenza dedicata. Ovviamente essendo ‘home base’ di Azimut ciò faciliterà nuovi rapporti con Clientela interessata alla collezione Magellano; l’ufficio è gestito da un giovane ingegnere navale, Valeria Ribaldi, che ha già maturato interessanti esperienze tecniche in cantieri della zona e si occuperà di vendite per le regioni Liguria e Piemonte.
Attuale organizzazione della Giaroli’ s.a.s.?
G.M.: Oltre alla sede di Orbetello disponiamo di un ufficio estivo nel Marina di Cala Galera e 2 succursali con uffici di nostra proprietà e già da diversi anni operativi in Francia (La Napoule) ed in Croazia (Spalato); abbiamo registrato ditte anche a Singapore, Spagna e Turchia e ci teniamo pronti per lo sviluppo oltre che di nuove dealership anche di attività di brokeraggio con interscambi tra le varie sedi.
Il suo background nautico? Da quando collabora con Grand Banks?
G.M.: Ho da sempre avuto passione per le barche ed i motori in generale; i miei utilizzavano barche degli Abbate e poi negli anni 80’ ho corso in offshore con Tullio. Nel 1979 approfittando della residenza a Singapore della mia famiglia, acquistammo un Grand Banks 42MY e di li a poco la rappresentanza per l’Italia; siamo stati negli ultimi 5 anni top dealers worldwide della Grand Banks e solo nel 2011 il nostro ufficio francese ha venduto più dell’Italia.
Prospettive future per Grand Banks e Magellano?
G.M.: A mio parere il futuro della nautica da diporto nel range da 40’ a 100’ è nei trawlers; imbarcazioni con velocità contenute, di facile ed economica gestione, con ampie volumetrie per consentire lunghe e comode navigazioni e tranquilla vita a bordo. Grand Banks ha inventato il concetto di trawler da oltre 55 anni; molti cantieri di recente hanno ampliato la gamma introducendo imbarcazioni analoghe. Azimut con la linea Magellano ha voluto applicare il suo spirito innovatore anche in questo segmento reinterpretando il trawler in chiave più italiana; i primi 2 modelli 50’ e 74’ hanno avuto un ottimo successo soprattutto in considerazione dell’attuale periodo di mercato; gli altri in gestazione lasceranno sicuramente il ‘segno’.
Azimut è leader e da sempre un trend setter nel settore nautico ed i nuovo Magellano saranno sicuramente avanzati sotto il profilo tecnologico e qualitativo, garantendo un ottimo rapporto qualità prezzo, cosa che in futuro sarà vincente per determinare le scelte della Clientela.
La fascia di mercato nautico secondo lei più promettente per il mercato italiano nei prossimi anni?
G.M.: Decisamente quella tra 40’ e 45’; i clienti torneranno a comprare imbarcazioni senza leasing, come nei gloriosi anni 80’ e 90’, ci saranno downgradings di taglie e tipologie anche per rinunciare ad avere personale imbarcato a bordo, e vivere il mare in maniera più ‘diretta’. La Giaroli’ s.a.s. in queste misure offre la più variegata tipologia di modelli, tutti sotto l’insegna della qualità non solo costruttiva ma anche di vita a bordo: Magellano – Grand Banks – Targa – Nauticat – Linssen e con diverse tipologie anche Magnum ed Hinckley .
Come vede il service nel rapporto coi Clienti?
G.M.: Negli anni 80 o 90 vendendo Grand Banks con motori piccoli e scarso tecnicismo non abbiamo ritenuto opportuno impegnarci direttamente nel service con strutture dedicate e personale qualificato; al momento disponiamo di un network di service points tra Italia, Francia e Croazia molto efficienti. Le attuali imbarcazioni sono diventate più complicate, la Clientela sempre più giustamente esigente, ma è necessario accontentare sempre tutti perché il successo di questo lavoro dipende principalmente dalla customer satisfaction.
Intervista di Chiara Mattarozzi a Lucia Parisini, creatrice del marchio LUnique
Intervistiamo Lucia Parisini, una bravissima giornalista-designer creatrice del marchio LUnique, una linea di gioielli artigianali, in argento 925, personalizzabili con frasi, dediche e poesie…
C.M.: Una vita a scrivere di bijoux e gioielli e poi finalmente nasce una linea tua, come mai ti sei decisa solo ora?
L.P.: È stato un percorso lento ed inconscio… Fin da piccola ho una vera passione per i gioielli, soprattutto per il design. Dopo anni passati a scrivere di collezioni di bijoux è scattata la voglia di crearne una mia.
C.M.: Come nasce l’idea di associare parole, poesie all’argento?
L.P.: Ho sempre subito il fascino delle parole e della loro capacità di trasmettere messaggi e toccare le corde del cuore, anche grazie agli insegnamenti di un padre giornalista, dall’indole poetica. Negli anni ho raccolto in un file le frasi che mi colpivano, aforismi, canzoni, claims sicura che un giorno mi sarebbero tornate utili. Ho sempre amato i gioielli artigianali in argento massiccio: materiale deciso e forte. Et voilà, è nata l’idea di unire queste passioni in un marchio di gioielli unici, speciali e personalizzabili come i gioielli LUnique, che custodiscono incisioni private, da indossare come ricordi.
C.M.: So che sei un’appassionata di cavalli e hai realizzato una linea bellissima (forse la mia preferita perché c’è molto di te ndr) con dettagli equestri me ne parli?
L.P.: Si, tra le mie passioni da sempre ci sono i cavalli, fin da piccola ho frequentato il mondo equestre subendo il fascino del cuoio e della sua lavorazione. Quindi non poteva mancare la linea “Saddlery” dedicata agli amanti dell’equitazione, che abbina il cuoio all’argento e ripropone simboli tipici come il ferro di cavallo.
C.M.: Stai già pensando alla collezione autunno-inverno, puoi darmi qualche anticipazione?
L.P.: La caratteristica di questa linea è proprio la non stagionalità, ogni pezzo è timeless, anzi nasce già con un aspetto vintage, da portare sempre. Le novità nascono da un’ispirazione ma non seguono le mode, mi piace proporre creazioni o simboli da indossare senza i vincoli delle tendenze, ma per sempre come dice il claim: “gioielli con l’anima e senza tempo.
C.M.: A chi ti rivolgi?
L.P.: A tutti, la mia clientela è molto trasversale. Chi acquista uno dei miei gioielli desidera avere un oggetto che custodisca una scritta speciale con un significato e che abbia un fascino particolare.
C.M.: Che pezzo consiglieresti a una vera addicted?
L.P.: Le più fashion non possono lasciarsi sfuggire l’anello fascia con poesia, il bracciale catena con cuore e il bracciale bangle inciso con un piccolo pendente, tutti rigorosamente incisi.
C.M.: Il pezzo più venduto e quello a cui sei particolarmente affezionata?
L.P.: Tra i più richiesti ci sono i bracciali bangle, o in cuoio con le targhe e gli anelli a fascia incisi con frasi o parole personali, spesso per regali mirati e pensati, a mio avviso i migliori che rimarranno nel tempo. Ma anche tanti cuori. Sono particolarmente affezionata alle fedine su cui incido pillole di saggezza e di vita e ad un anello a ferro di cavallo.
C.M.: Le lettrici dove possono trovare le tue collezioni?
L.P.: Per ora vendo personalmente con richieste via mail o per chi riesce visitando, su appuntamento, lo show-room di Bologna con il campionario a disposizione.
























