Archive

Archive for the ‘Portraits’ Category

Elika Gibbs, regina delle wardrobe organizer londinesi

September 16, 2011 Leave a comment

Oggi vorrei presentarvi Elika Gibbs, nickname PracticalPrincess, la regina delle wardrobe organizer di Londra. Rovista negli armadi delle celeb. sceglie cosa tenere e cosa buttare, le aiuta a preparare le valigie per le grandi occasioni o per le vacanze. Dietro lo stile di molte Vip c’è proprio lei. Kate Moss la definisce un “genio pratico”. Tamara Mellon, dalla sede di Jimmy Choo, dice: «Ha cambiato la mia vita». Elika lavora al motto di “Creo ordine dove c’è caos, semplicità nella complessità. L’ordine porta efficienza, l’efficienza porta al successo”. La sua tariffa si aggira attorno alle 450 sterline al giorno.
Ma Elika non dispensa solo consigli a domicilio, cliccate http://www.practicalprincess.com un vero e proprio sito di e-commerce. Dateci un’occhiata e troverete tante idee su come organizzare al meglio il vostro guardaroba, visto che tra poco saremo tutte alle prese con il cambio degli armadi…

Fonte: My Vanity Blog

Categories: Portraits Tags:

Apple, sono gli anni della verità

August 30, 2011 Leave a comment

Solo dal 2001, grazie alla presentazione dell’iPod, Apple è cresciuta e si è fatta conoscere in tutto il mondo. Grazie all’iPhone, all’iPod ed alla strategia di marketing che tutti conosciamo, Apple ha superato ogni record, ogni aspettativa negli ultimi anni. Al momento la sua popolarità è massima e ancora in crescita. Ora però, per vari motivi potrebbe cambiare qualcosa. Con l’abbandono “parziale” di Steve Jobs e con una concorrenza sempre più insistente, Apple si troverà di fronte ad un bivio: diventare ancora più popolare arrivando ad un monopolio, oppure iniziare un periodo di declino. Scopriamo come e perché…

L’impatto di Steve Jobs

Steve Jobs si può riassumere in una sola frase: l’uomo che ha avuto il più grande impatto di sempre su una azienda. E questo è un dato di fatto, ha risollevato Apple dalla crisi a partire dal suo ritorno nel ’96. Fino a quell’anno Apple faceva l’errore di presentare troppi prodotti, anziché pochi prodotti e fatti bene. Dopo aver presentato l’iMac, nel 2001 presentò l’iPod e nel 2007 l’iPhone. Steve Jobs non solo ha risollevato Apple dalla crisi, ma:

  • È diventata una delle aziende più ricche al mondo, in grado di fatturare 76 miliardi di dollari con nessun debito e con un tesoretto da quasi 30 miliardi di dollari, pronti per essere investiti
  • Ha creato un’immagine grazie all’attenta ed innovativa strategia di marketing basata sull’hype e sulla presentazione di pochi prodotti ma fatti bene, con un design semplice e diverso da tutti i concorrenti
  • Ha presentato prodotti che non solo hanno avuto un enorme successo, ma sono diventati, per molte persone, fondamentali nella loro vita quotidiana

Io certamente non ho le abilità per descrivere al meglio l’importanza e l’impatto che Steve Jobs ha avuto sull’economia e sullo stile di vita, ma se mastichi un po’ di inglese di consiglio di leggere un articolo di un giornalista di Fobes David Martin, figlio di un ex dipendente di Apple assunto nel 1976 direttamente da Steve Jobs. Nel suo articolo David si chiede più volte come Steve sia riuscito a capire cosa fosse importante e cosa non lo fosse nelle strategie di Apple, con una determinazione e “chiarezza” (come dice il titolo: “Jobs and the Impact of Clarity”) che nessun CEO ha mai avuto. Poi è ovvio, non è stato certamente il mago della situazione, è riuscito a fare tutto questo però grazie alle sue capacità di accerchiarsi di collaboratori “perfetti”, in grado di aiutarlo a far crescere Apple.

Certa gente crede che Steve Jobs non debba essere “santificato” in questo modo, io credo sia difficile non venerare un uomo che, senza ombra di dubbio, ha trasformato un’azienda in crisi nera all’azienda più invidiata al mondo.

Il bivio: monopolio oppure declino

Tempo fa avevo scritto già un articolo riguardo il futuro di Apple senza Steve Jobs. Non avrei mai creduto che il cambio di successione fosse così vicino. In ogni caso è arrivato il momento della verità per Apple. Bisogna solo capire se questo momento della verità arriverà entro 1-2 anni o ci vorrà ancora parecchio tempo per smaltire tutti i residui delle idee di Steve Jobs. In ogni caso, nei prossimi 5 anni Apple è destinata a raggiungere il bivio che la condurrà ad affermarsi l’azienda più potente del mondo diventando quasi un monopolio negli smartphone (e forse, in un futuro lontano, anche nei computer), oppure la condurrà verso un periodo di declino. D’altronde Apple è già molto potente, se riuscisse a continuare a crescere e conquistare fette di mercato resterà ben poco ai concorrenti.

L’iPhone economico

Andiamo più a fondo. Come farà Apple a conquistare quella fetta di mercato che gli manca per dare un colpo letale alla concorrenza negli smartphone, in particolar modo ad Android? Semplice, eliminando l’ultimo ostacolo che allontana ancora molti potenziali e futuri possessori di iPhone: il prezzo. Nel sondaggio recente di Skimbu.it dal titolo “Che effetti avrebbe un iPhone economico sulla concorrenza?“, il 44% dei votanti (la maggioranza) crede che un eventuale iPhone economico avrebbe un’effetto veramente devastante sulla concorrenza. C’è poi però un 43% che crede non sarà presentato, un 23% pensa che molti utenti Android passeranno ad iPhone mentre la restante percentuale (5%) non crede che un iPhone economico avrà successo. Se Apple non è stupida, presenterà al più presto un valido iPhone economico, che sarà un dispositivo dalle caratteristiche interessanti e diverse da qualsiasi altro iPhone (non sarà quindi il modello precedente di iPhone con il prezzo ribassato, come è sempre accaduto). Sarà dunque un iPhone pensato appositamente per chi non spende più di 200-300 euro per uno smartphone.
Sicuramente, con un iPhone da 200-300 € fatto bene Apple conquisterà un’ulteriore fetta di mercato, costituita da privati ma soprattutto anche da aziende che fin ad ora utilizzavano come smartphone aziendale Blackberry. Negli ultimi anni infatti Blackberry ha perso parecchio nei confronti dei concorrenti, e per ora a RIM (l’azienda che sviluppa Blackberry) rimangono solo le aziende. Con iOs 5 però Apple ha reso l’iPhone uno smartphone in grado di soddisfare finalmente anche le imprese, e se mai producesse anche un iPhone in grado di soddisfarle economicamente, allora l’era di RIM potrebbe finire.
Per concludere, non dimentichiamo che oltre all’iPhone economico (che potrebbe avere un nome particolare del tipo iPhone Nano?) Apple presenterà l’iPhone 5, che sarà ancora più potente e sottile dell’iPhone 4 e che potrà conquistare altri consumatori.

Mac, tablet e iPod

Come avrai capito, il futuro di Apple ruota soprattutto nel campo degli smartphone, dove c’è la concorrenza più agguerrita e dove basta poco per vedere calare vertiginosamente i propri profitti, basta vedere che è successo a Nokia e Motorola negli ultimi anni.
Mentre con i Mac, tablet e iPod cosa succederà? Nel campo dei tablet Apple è sicuramente più avvantaggiata, così come accade con gli iPod. Per un semplice motivo: se qualcuno nomina la parola tablet pensa subito all’iPad come miglior scelta. Così come accade esattamente con i lettori MP3. Per mantenere ed accrescere la propria popolarità nei tablet e negli iPod Apple dovrà semplicemente continuare il lavoro che sta facendo in questi anni, aggiornare i propri prodotti aggiungendo quelle piccole novità necessarie per mantenere la popolarità, e stare soprattutto attenta al design, che è ciò che l’ha portata ad avere tanto successo con gli iPod e con l’iPad.
Riguardo ai Mac, è difficile prevedere cosa succederà. La concorrenza con Windows, nonostante si sia attutita negli ultimi anni, continuerà ancora per molto. Windows 7 ha rivitalizzato le vendite e la popolarità del sistema operativo più comune al mondo, e sarà difficile per Apple rubare grandi fette di mercato ai PC, salvo grandi colpi di scena e novità inaspettate. Una cosa è certa: Apple sta guadagnando campo nell’hardware, non molto nel software. Mentre Microsoft ha sempre puntato sul vendere a tutti il proprio OS, Apple ha mantenuto una strategia chiusa, in cui Mac OS X viene installato solo sui computer Apple. Questa è la grande differenza che separa Windows da Macintosh. Apple può contare sulle proprie potenzialità per migliorare i propri computer, Microsoft deve per forza affidarsi a terzi (HP, Dell, Sony…) per accrescere le vendite dei PC. Se un giorno i produttori di PC inizieranno a “cedere” di fronte alle novità dei Mac, allora Windows e Microsoft si troverebbero in seria difficoltà.

Nuovi prodotti: la vera incognita

Ciò che ha fatto Apple un’azienda ammirata è la capacità di innovare e inventare. Ed è proprio qui che interveniva Steve Jobs. Lui era ed è un grande ideatore. Molte idee dei nuovi prodotti Apple provenivano da lui. Sicuramente, nonostante non sia più CEO, contribuirà a proporre nuove idee e molti Apple-fan si aspettano nuovi prodotti in arrivo, tra cui la cosiddetta Smart TV, la televisione targata Apple. In ogni caso già da ora il suo contributo è inferiore e presto toccherà a Tim Cook avere le nuove idee per mandare avanti Apple. Ed è questa la vera incognita, nessuno può sapere se Tim Cook sarà in grado di inventare quanto Steve Jobs, nessuno può sapere quanto l’assenza di Steve Jobs si farà sentire sui nuovi terreni, dove, metaforicamente, non ha ancora seminato.

Alberto Ziveri

Fonte: Skimbu

Categories: Portraits Tags:

Francesco Pasinetti

August 13, 2011 Leave a comment

Francesco Pasinetti

Nipote di Guglielmo Ciardi, uno dei grandi della pittura veneta dell’800, Francesco Pasinetti ha dedicato la breve ma intensa vita alle “nuove” immagini, quelle del XX secolo: la fotografia e il cinematografo. Laureatosi primo in Italia (1933) con una tesi nella quale la X Musa entrava a far parte del novero delle arti, ha poi ampliato e corretto lo scritto (1939), che è diventato quella “Storia dal cinema dalle origini ad oggi” che è stata la prima trattazione organica apparsa nel nostro paese. Contemporaneamente aveva cominciato anche a collaborare come critico e polemista su quotidiano e riviste, a costruire con il Cineclub prima e il Cineguf poi, opere largamente sperimentali, arrivando, nel 1934, fondata una sua casa di produzione, a girare Il canale degli angeli, il suo unico lungometraggio. Perché poi, per quanto ci abbia provato, non è riuscito a realizzare che straordinari cortometraggi. In parte dedicati alla sua Venezia (tra gli altri nel 1942 Venezia minore, La Gondola, I piccioni di Venezia e nel 1947 Piazza San Marco e Il Palazzo dei Dogi), ma anche attenti a valori sociali (Nasce una famiglia, 1943) al mondo dell’arte (I pittori impressionisti e Arte Contemporanea, alla Biennale del 1948) e all’industria (Lumiei e Piave Boite Vajont, 1947). Si è cimentato con il teatro e la lirica (lavorando con Gian Francesco Malipiero). Ma, soprattutto, dopo aver fondato con il fratello Pier Maria il trisettimanale “Il Ventuno”, ha identificato e aiutato a imporsi giovani talenti negli ambiti più diversi: Glauco Pellegrini e Michelangelo Antonioni, Pietro Ingrao e Renato Guttuso, Alida Valli e Carla del Poggio… Insomma era già un maestro conclamato quando, stabilitosi a Roma come Direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia morì stroncato da un aneurisma aortico nel 1949: non aveva ancora compiuto 38 anni. Il primo giugno u.s. a avrebbe compiuto 100 anni. Un comitato regionale inizia con la preinaugurazione della Mostra del Cinema la programmazione degli eventi che celebreranno il centenario della sua nascita.

Fonte: Biennale di Venezia

Zapruder Filmakersgroup

Zapruder nasce dal sodalizio tra David Zamagni e Nadia Ranocchi; a loro si unisce nel 2001 Monaldo Moretti e risale al 2006 l’inizio della collaborazione con il musicista Francesco “Fuzz” Brasini. Dal 2005 il gruppo esplora ed applica i principi delle tecniche stereoscopiche per la produzione di film e installazioni che recuperano le tecniche del cinema 3-D, progettando e costruendo sia i dispositivi di ripresa stereoscopica sia quelli di visione realizzando ciò che il gruppo definisce “Cinema da Camera”, sorta di cinema incarnato e tattile ma anche forma di teatro incorporeo. Nel gennaio 2011 ha inaugurato zapruderie.com, galleria on line completamente anaglifa con estratti della produzione stereoscopica di Zapruder.

Oltre a una costante presenza in autorevoli festival e sedi espositive internazionali (fra cui Centre Pompidou di Parigi, Museo Reina Sofia Madrid, Triennale di Milano, Rencontres Internationales Paris/Berlin/Madrid, StadtKino Wien, Biennale de l’image en mouvement Ginevra, Milanesiana, Steirischer Herbst Graz, Kunsten Festival des Arts Brussel) contributi significativi del lavoro di Zapruder sono legati alla collaborazione con compagnie di spicco del teatro di ricerca italiano quali Motus Fanny&Alexander Romeo Castellucci/Societas Raffaello Sanzio. Tra i riconoscimenti: Werkleitz Award al 48° Oberhausen Short Film Festival 2002, Premio Iceberg 2002, Premio Riccione TTV Performing Arts on Screen 2006, nel 2010 Zapruder ha ricevuto il Premio “Lo Straniero” 2010, riconoscimento attribuito dall’omonimo mensile fondato e diretto da Goffredo Fofi, per “la natura ibrida e anti-commerciale del suo ‘cinema da camera’ che rende questa esperienza un importante esempio di resistenza e radicalità nel panorama nazionale ed internazionale”.

Zapruder ha base a Roncofreddo (FC); collaboratori assidui ai progetti del gruppo sono il sound designer Mattia Dallara, Andrea ‘Mario’ Marini, web e digital effects, ed Elena Biserna.

Dopo aver presentato alla 66. Mostra i film sperimentali e tridimensionali Cock-Crow e Daimon, Zamagni e Ranocchi sono stati presenti anche alla 67. Mostra, Fuori Concorso, con il loro primo lungometraggio in 3D, All Inclusive (Italia/Austria).

Fonte: Biennale di Venezia

Categories: Portraits

Marrakech oltre…

August 1, 2011 Leave a comment

Era il 1969 e il grande stilista Yves Saint Laurent, nel suo gandoura bianco, passeggiava e intratteneva i suoi ospiti nella splendida villa Oasis, a Marrakech. Come Brigitte Bardot, qualche anno dopo con Saint Tropez, cosi’ lo stilista franco-algerino fece scoprire al jet-set  internazionale il fascino e lo charme orientale di Marrakech. A partire dagli anni ‘70 Marrakech diventò un passaggio obbligato dei ricchi  che la divisero con Gstaad, Sain Barth o Ibiza. La lista dei proprietari di immobili oggi nella Ville Rouge parla da sola: Naomi Campbell, Jean Paul Gaultier, Serge Luten, Bernard Herny Lévy, Marta Marzotto, le sorelle Sozzani di Vogue Italia, Bulgari, Giorgio Armani, Alain Delon, Aznavour, Marella Agnelli, Madonna, Kate Moss e altri. Nei locali notturni bazzicano personaggi famosi, direttamente da Los Angels e da Londra, con pruderie mediorentali. Un famoso editorialista mondano americano, dopo un suo viaggio a Marrakech, ha scritto: ” L’unica cosa che non mi ha fatto credere di essere a Los Angeles è stata la musica tradizionale con i tarbouches e i loro tamburini“. “Marrakech è diventata un terreno di gioco per il jet-set internazionale dove tutti i capricci sono realizzabili e, dietro le mura delle case, succedono cose tutt’altro che irreprensibili“,  mi confida Rachid, figlio di un grande industriale e habitué delle serate mondano-private della città. Droga, prostituzione, gigolo’,  proposte sessuali indecenti…luogo di tutte le follie!. Alla fine del 2010, il figlio di un dirigente africano è stato soprannominato “il nababbo di Marrakech” dopo aver organizzato una serata smisurata, fatturata in milioni di dh (centinaia di migliaia di euro); 80 indossatrici provenienti da tutto il mondo erano presenti alla festa e una parte del buffet, composto ovviamente da quintali di caviale, venne trasportato in aereo direttamente dalla Russia!. Qualche mese dopo un miliardario russo spese oltre 90.000 euro in una sola giornata a Dakla, nel Sahara occidentale, accompagnato da uno staff di 30 persone, affittò un intero Hotel, shopping nella Regione e permesso di pesca in acque protette. Per rispondere alle esigenze di un pubblico così particolare vengono alla luce settimanalmente ville di alto standing assolutamente fashion e trendy in zone come la Palmeraie. Locali come il Pacha (già presente a Ibiza), classificato dalle riviste del settore come il più grande Disco-Club in terra fricana, il Nikki Beach (creato a S.Tropez), il Comptoir Darna (gemello dell’omonimo club parigino) o ancora La Plage Rouge, offrono un servizio all’altezza di questa clientela “huppée“.

Per il suo primo ingresso in Marocco, il Gruppo Hôtelier di lusso Barrière ha scelto, a suo tempo,  Marrakech, centrando la previsione di fatturati a sei cifre. Tornei di poker, rally di Ferrari, competizioni di golf, Festival Internazionale del Cinema, elicotteri e jet privati…tutti i servizi di lusso sono oramai disponibili in Marocco e a Marrakech in particolare. “La vicinanza con l’Europa, la dolcezza del clima, la sicurezza, ma in primis la qualità della vita, sono le principali attrattive di Marrakech“, mi spiega Jawad Kadiri, manager di un importante locale notturno dell’Hivernage, uno dei quartieri europei chic della città. Artisti, uomini d’affari, aristocratici, hanno contribuito a scrivere la leggenda di Marrakech, aprendo le loro case mostrando l’art de vivre marocchina. Il cuore del jet -set in Marocco è però anche edonista e innamorato della way of life di questo paese, rifuggendo a volte dall’eccesso di mediatizzazione. Senza cedere alla semplice immagine, conferma il giornalista Simo Benbachir, le belle auto o lo champagne a fiume nei locali non sono forzatamente lo status del jet- set marriakchi, dove la parola chiave è sempre più discrezione. Per penetrare in questo mondo segreto non è necessario il puro denaro, serve la classe, la raffinatezza e un accentuato sense of humor amalgamato alla cultura. I V.I.P marocchini poi, sono in generale giovani eredi di grandi famiglie del Reame, hanno viaggiato, frequentato le migliori scuole e sono poliglotti. Sono in buona parte artisti e professionisti  che costruiscono amicizie attraverso il mondo. Dandy o uomini d’affari, vivono in un mondo parallelo, cittadini estemporanei con passaporti diplomatici internazionali. Un mondo che regala lusso dove i soldi non sono un problema e dove tutti i tabù sono stati bruciati;  dove l’omosessualità in primis, il divorzio, l’adulterio, sono la moneta corrente. Con buona pace dei fondamentalisti islamici, sempre più numerosi e in crescita vertiginosa nel Califfato.

Fonte: My Amazighen

Il Re dell’Atlas

July 30, 2011 Leave a comment

Si racconta  che dei leoni erano presenti alla corte dei sultani e dei re del Marocco, come segno di obbedienza per i nobili e per il popolo berbero che era parte dell’Atlas, come gli ultimi leoni di Barberia (Panthera leo leo). Nel 1953, quando il sultano  Sidi Mohammed Ben Youssef ( e più tardi il re Mohammed V) venne costretto ad abdicare e messo in esilio, i leoni reali (21 in totale) persero il loro domicilio al  Palazzo, nella foresteria reale. Tre di loro furono inviati allo zoo di Casablanca e il resto del gruppo venne trasferito allo zoo di Meknès. Quando il  re rientrò dall’esilio in Madagascar  nel 1955, i leoni rientrano a Rabat. Durante tutto questo tempo, il mondo continuò a credere che il leone di Barberia era estinto: questa convinzione prematura divenne quasi un fatto accertato quando una malattia respiratoria colpì il re dei leoni alla fine degli anni ’60. A quel punto, SAR Hassan II, allora proprietario dei soggetti, decise di ridurre i rischi di mortalità e di apportare delle migliorie alla vita dei leoni. Un nuovo parco cintato venne costruito a Temara, nei pressi di Rabat, nella casa rerale dei leoni, verso la fine degli anni ’60. Nel 1973 questa struttura venne assorbita dall’amministrazione del Ministero dell’Agricoltura, e divenne lo zoo di Rabat. Nella storia antica gli egiziani furono i primi a cacciare questo superbo animale, con arco e frecce. I Berberi, che vivevano in piccoli villaggi arroccati sulle montagne dell’Atlas e dell’Africa del nord, circa 3.000 anni fa, si difendevano dagli attacchi dei felini ma non costituirono mai una minaccia per la popolazione dei leoni di Barberia. È nell’Impero romano che la popolazione dei leoni di Barberia diminuì drasticamente. Gli imperatori romani cercavano di divertire la popolazione rassicurandoli sul fatto che la loro civiltà aveva il controllo sulla natura. Gli antichi romani esportarono migliaia di leoni dall’Africa del nord per utilizzarli nei giochi del Colosseo a Roma e in altre arene sparse nell’Impero. I leoni vennero trucidati dai gladiatori e la mattanza terminò soltanto verso la fine del VI° secolo, ma i problemi per i leoni di Barberia non erano ancora terminati. Con l’invasione  degli arabi nell’Africa del nord, sempre più numerosi, i leoni si ritirarono progressivamente a causa di una caccia spietata, in quanto rappresentavano un pericolo. Per ogni leone ucciso era prevista una lauta ricompensa. Con l’avvento poi dei cacciatori europei nel corso dell’ultimo secolo, il numero dei leoni crollò. Le guide locali nelle montagne della Tunisia e del Marocco permisero agli europei di cacciare i leoni per sport e per le collezioni dei musei naturalistici, oltre al catturarli vivi per rinchiuderli negli zoo europei. I leoni di Barberia si estinsero in Tripolitania (ovest della Libia) nel 1700. L’ultimo leone di Barberia visto in Tunisia venne ucciso nel 1891 a Babouch, tra Tabarka e Aït-Draham. L’ultimo leone conosciuto in Algeria venne ucciso nel 1983 presso Batna, a 97 km da Costantino. I turchi contribuirono notevolmente a questa carneficina perchè pagavano profumatamente le pelli dei leoni per abbellire l loro palazzi. Numerosi francesi in Africa del nord divennero cacciatori professionisti di leoni, attività molto redditizia all’epoca.  In Algeria, oltre 200 leoni di Barberia vennero uccisi tra il 1873 e il 1883. I leoni sparirono dal lato del confine marocchino nella metà del 1800. In Marocco, alcuni gruppi di leoni sono esistiti sino al XX° secolo e si estinsero alla fine degli anni ’40. L’ultimo animale venne ucciso nel 1942 sulla costa nord del colle del Tichka, in prossimità della strada tra Marrakech e Ouarzazate. Le cause della sua estinzione sono molteplici, ma sicuramente la più importante è la mano dell’uomo. La caccia quindi ma anche i cambiamenti dell’ecosistema indotto dalla coltura intensiva e dai pascoli. Le foreste sono state distrutte per lasciare spazio ai pascoli di bestiame, sempre più numerosi e anche i cervi e le gazzelle (principali nutrimento dei leoni di Barberia) vennero a mancare.

Oggi un programma è avviato tra il governo marocchino  e un ONG di scienziati oxfordiani, ma  stenta a decollare. Si tratta di un lavoro di reintroduzione su dieci anni che comporterà diversi fasi di lavori, tra cui una zona protetta di oltre 10.000 ettari in una regione poco popolata, che sarà cintata e protetta. Saranno introdotti alla sua creazione cervi, mufloni, ungulati, scimmie e gazzelle, che dovranno acclimatarsi nella nuova zona. Parallelamente, gli scienziati di Oxford dovranno selezionare i  capostipiti della nuova generazione di leoni di Barberia che verranno inseriti nell’area protetta, poi soggettati ad un programma di riproduzione in cattività. Al governo marocchino tutto questo piace in quanto sarà fonte di reddito per il mercato del turismo ecologico, creando nuovi posti di lavoro. I finanziamenti saranno apportati da alcune sovvenzioni europee. Ma è necessario fare i conti con l’oste: la popolazione locale non sembra essere entusiasta davanti a questo progetto; la reputazione sulla ferocia del leone dell’Atlas suscita molta inquietudine. Anche il bracconaggio potrebbe riprendere il suo corso, a meno che la riserva sia controllata professionalmente. E ancora, il Marocco non giova di una buona reputazione in materia di protezione dell’ambiente. Nello spazio di un secolo, centinaia di specie animali e vegetali si sono estinte nell’indifferenza generale. A titolo di esempio, il coccodrillo del Nilo si estinse in Marocco nel 1930, mentre negli anni ’50 la campanella d’allarme suono’ per lo struzzo, l’oryx e l’addax. Attualmente la pantera è da inscrivere nella lista degli animali estinti in Marocco, anche sono state segnalate in diverse zone del paese, senza però prove tangibili di un loro riconoscimento. In serio pericolo la iena, il ghepardo, il lynx caracal, il gatto delle sabbie, il gatto gigante, il fennec e lo sciacallo. Per chiudere, anche gli ambienti naturali sono nella stessa misura in pericolo. Il deserto avanza e il bestiame non controllato si avventura nelle foreste, causando gravissimi danni irreparabili all’ecosistema. L’estinzione del superbo e magnifico leone dell’Atlas (estinzione prevista entro venti anni se nulla sarà fatto) costituirà una tragedia supplementare alla biodiversità e alla conservazione delle specie, ma le condizioni di reintroduzione del superbo re delle montagnenon sembrano  idilliache.

Fonte: My Amazighen

Categories: Portraits Tags: , ,

Intellectual Ventures, il valore dell’innovazione

Gli assidui lettori di Wired non avranno problemi a capire di cosa vorrei parlarvi oggi. Intellectual Ventures è la compagnia fondata da Edward Jung e Nathan Myhrvold, ill quale illustra, sul numero di giugno di Wired, la ricerca che ha portato al suo libro Modernist Cuisine, uscito a Marzo. Intellectual Ventures, a mio avviso, è una delle compagnie più interessanti del nostro tempo e in questo articolo vi spiego il perchè. Scommettiamo che al termine della lettura ne sarete affascinati?

La compagnia

Come dicevo nell’introduzione, Intellectual Ventures è stata fondata nel 2000 da da Edward Jung e Nathan Myhrvold, ex CTO di Microsoft. La compagnia è famosa perchè è una delle cinque società che detengono più brevetti negli Stati Uniti. E sono proprio questi brevetti la base di Intellectual Ventures. Per farvi capire la filosofia che sta alla base vi riporto una frase di Myhrvold:

“An industry dedicated to financing inventors and monetizing their creations could transform the world.”

Che tradotta suonerebbe come:

“Un industria che finanzia gli inventori e monetizza le loro creazione potrebbe trasformare il mondo”

Non poteva essere più chiaro! Ma alla pratica come funziona? In questa compagnia si fanno fondamentalmente due cose: inventare e brevettare. Si sperimenta e inventa di tutto all’interno dell‘Intellectual Ventures Lab che raccoglie alcune tra le menti più brillanti del mondo e degli scienziati più promettenti. Ma prima di parlare dei laboratori e delle idee che nascono in quelcapannone di 3.000 mq, vorrei parlarvi un po’ di Nathan Myhrvold. perchè senza di lui Intellectual Ventures avrebbe molto meno fascino.

Nathan Myhrvold, CEO e fondatore

Nathan Myhrvold ha lavorato in Microsoft per 13 anni, è stato CTO, ossia Chief Technology Officer, e ha fondato Microsoft Research. Insomma, è stato un pezzo grosso in quel di Redmond.

Tuttavia non è la carriera di Myhrvold ad affascinare, o almeno non solo. Quello che attrae è la sua personalità. Myhrvold è un imprenditore, ma anche un genio eclettico dei nostri tempi. Passa da un interesse all’altro con una facilità impressionante e questo si riflette nel suo modo di parlare. Stiamo parlando di un uomo che ha lavorato in Microsoft per più di 10 anni per poi darsi alla cucina. Ma l’ha fatto in un modo mai visto prima, ossia approcciandola come una vera e propria scienza.

Il suo libro, Modernist Cuisine: The Art and Science of Cooking, è una guida ma anche un’encicolpedia che nasce dalle ricerche condotte da Myhrvold nell’Intellectual Ventures Lab insieme ai suoi collaboratori. Il libro si compone di ben 6 volumi per un totale di quasi 2.500 pagine e 21kg di peso.  Sul palco del TED, questa volta a Longbeach in California, l’autore ha parlato del suo libro e delle sue ricerche, quindi vi invito a guardare il video perchè chi meglio di lui potrebbe spiegarvi la sua cucina modernista?

Pensate sia tutto? E invece no. Nathan è uno dei più grandi finanziatori di ricerche antropologiche,ricerche che sono tra le più fruttuose del pianeta, e ha anche proposto una soluzione al riscaldamento globale basata sulla geoingegneria.

Una persona decisamente interessante vero?

Intellectual Venture Lab

Il laboratorio di ricerca è stato creato soltanto due anni fa ma ha già ottenuto notevoli risultati, brevettando circa 450 invenzioni all’anno. Niente male vero?

Ma su cosa si fa ricerca nei 3.000 mq dell’Intellectual Venture Lab? Su un po’ di tutto! Le idee sono tra le più svariate e alcune sono state anche molto criticate.

StratoShield

L’idea più discussa è stata la soluzione proposta per il riscaldamento globale perchè Myhrvold e il suo gruppo di scienziati sostengono che sia possibile ridurre gli effetti di questo fenomeno ricreando artificialmente le condizioni che seguono un’eruzione vulcanica. Naturalmente questageoingegnerizzazione del clima globale sarebbe possibile grazie alla tecnologia sviluppa nei laboratori di Intellectual Ventures, tecnologia volta a creare lo “StratoShield“. Questo scudo fa aumentare la quantità di aerosol di zolfo immesso nell’ atmosfera di circa l’1%, un processo che in natura avviene ogni volta che i vulcani eruttano, permettendo alla nostra atmosfera di respingere parte dei raggi solari.

Il laser anti-zanzara

Sul sito dell’Intellectual Ventures Lab troviamo la sezione Malaria, un problema che viene affrontato in molti modi e da molti punti di vista. Se da un lato le menti brillanti di questa compagnia lavorano perridurre i tempi per la diagnosi e trovare nuovi strumenti per farlo, basati sull’ottica e il magnetismo, dall’altra menti altrettanto brillanti hanno pensato ad una soluzione più pratica per ridurre il contagio:uccidere le zanzare.

L’invenzione si chiama Photonic Fence e rileva le zanzare a distanza che vengono poi eliminate con il laser. Il sistema è molto preciso perchè riesce a discriminare tra diversi insetti confrontando il battito delle ali e la dimensione e per di più consente di stabile se si tratta di un maschio o di una femmina!

Altre ricerche e invenzioni

Tra le tante invenzioni che escono dal laboratorio di Myhrvold ce n’è una che riguarda il nucleare. All’Intellectual Ventures Lab è stato progettato un reattore nucleare, più sicuro, che è in grado di sfruttare le scorie di uranio oppure il torio. Questo progetto ha vinto il MIT Technology Review Top 10 Emerging Technologies nel 2009.

Altre ricerche hanno permesso invece di sviluppare modelli computerizzati di alcune malattie, ma anche di avvicinarsi alla creazione di vaccini. Senza contare ovviamente la ricerca in ambito informatico, di cui Myrvhold è maestro considerando gli anni passati in Microsoft.

Coclusioni

Intellectual Ventures è una di quelle compagnie per cui vorrei lavorare. Qui i ricercatori sono piedi di entusiasmo e di idee, a partire da Nathan Myhrvold che sembra un bambino in un negozio di caramelle in mezzo a tutte invenzioni. Le idee e le tecnologie che nascono nei loro laboratori hanno qualcosa di estremamente affascinante.

Che dite? Scommessa vinta?

Fonte: Skimbu

René Caovilla, history of shoes

C’era una volta un artigiano veneto, curioso e piuttosto intraprendente, che nei primi anni nel Novecento iniziò a farsi conoscere per le sue creazioni a Stra, sulla Riviera del Brenta, dove aprì una piccola bottega in cui esprimersi in piena libertà. Nel 1938 il bravo Edoardo decise di lasciare le redini della sua fortunata attività a suo figlio, Renè Fernando, che ha il merito di essere riuscito ad aggiungere allo spirito artigianale tanto caro al padre un tocco di innovazione e unicità, utilizzando gemme e tessuti preziosi che non solo lo hanno consacrato come “genio del lusso” nell’ ambito delle calzature, ma lo hanno avvicinato a quello che è poi diventato il padrino del marchio Caovilla: Valentino Garavani. Il sodalizio tra i due “maestri” ha fruttato ad entrambi un meritato successo mondiale, e per Renè questo ha anche segnato l’inizio di numerose collaborazioni con altri stilisti come Christian Dior, per il quale vengono proposte creazioni fiabesche e “immaginifiche”, Karl Lagerfeld per Chanel, Ralph Lauren, John Galliano e Gianfranco Ferrè.
Ma il principe Renè non ha conquistato il mondo da solo, perché come in ogni favola che si rispetti anche in questa c’è bisogno di una principessa, che in questo caso è sua moglie, Paola Buratto Caovilla.
Paola non si occupa soltanto di comunicazione e relazioni esterne, ma disegna personalmente i modelli che poi vengono realizzati e comprati in tutto il mondo. Quello stesso mondo che sembrava stesse aspettando Renè e le sue creazioni, perché si è inchinato ai suoi piedi nel giro di pochissimi anni, rimanendo completamente conquistato dai suoi sandali, stagione dopo stagione; in un’intervista che Sua Maestà ha rilasciato lo scorso anno, nel corso dei festeggiamenti per i 75 anni di attività, ha affermato che “abbiamo aperto la prima boutique a Milano, a settembre 2004, e nel giro di poco più di due anni sono seguite Roma, Parigi, Tokyo, Dubai, Palm Beach e infine Londra, il mese scorso. Sette concept store, tutti rigorosamente nel cuore dello shopping internazionale e caratterizzati da arredi e decori preziosi che rispecchiano la mia grande passione per l’arte del Settecento veneziano: spazi a metà tra il salotto e la galleria d’arte, dove si possono cogliere le suggestioni che danno vita alle mie creazioni. Grazie ad una rete di multibrand selezionatissimi, circa 200 worldwide, siamo presenti nelle boutique più belle del mondo, raggiungendo le amanti del nostro brand da Rio de Janeiro a Hong Kong.”
Nel corso di questi 75 anni di crescita vorticosa la maison ha realizzato una quantità sconvolgente di scarpe da sogno (ma anche borsette preziose e bijoux), 3000 dei quali sono stati scelti personalmente da Renè e ad oggi sono conservati gelosamente in un archivio che per molte di noi rappresenta un mix tra il giardino dell’Eden e il Santo Graal: sappiamo che esiste, ma non possiamo accedervi. Ma abbiate fiducia, perché il nostro Renè si sta preparando ad aprire un museo a suo nome in cui esporli tutti al pubblico, come è stato fatto a Firenze per Salvatore Ferragamo.
Il marchio Caovilla, ad oggi, può vantarsi di aver rafforzato quel legame solido con il passato pur avendo guardato però verso il futuro, proponendo iniziative sempre più moderne e particolari, come lo sbarco dei sandali-gioiello nel mondo virtuale di Second Life. E’ per questo quindi che la favola del principe che invece che correre per il regno a cercare la sua Cenerentola ha creato per tutte le donne scarpe da sogno, da vere principesse metropolitane pronte ad osare ci stupirà ancora, perché all’originalità del lusso Made In Italy nulla può porre limiti.

Fonte: Shoeplay

Categories: Portraits Tags:

Strauss-Khann e Marrakech…

July 15, 2011 Leave a comment

Nel quartiere di Sidi Mimoun,  in prossimità del Palazzo Reale, è situato il riad datato XIX° secolo di Anne Sinclair e di Dominique Strauss-Khann, a qualche centinaio di metri dalla Place Jemaa el Fna. Il Riad, acquistato nel 2000 è un oasi di pace della coppia che si reca nella Ville Rouge un paio di volte all’anno e dove hanno concluso un certo “Patto di Marrakech”  con Marthine Aubry e Laurent Fabius. Il riad è allo stesso tempo un luogo dove si ospitano gli amici e ne cito alcuni: l’avvocato Jean Veil, il cantante Patrik Bruel, il giornalista Michel Field e il filosofo Bernard-Henry Lévy, proprietario dell’immenso palazzo della  Zahia, due passi più in giù. Luogo di misteri il riad di DSK; la stampa internazionale non ha mai avuto il  permesso di entrarci e quindi poco si sà dei suoi movimenti. Nel libro “Majestè, je dois beaucoup à votre père..France-Maroc, une affaire de famille”  (Maestà, devo molto a vostro padre..Francia-Marocco, un affare di famiglia) di Jean Pierre Tuquoi, DSK racconta che “Anne possedeva una casa a Valbonne, nel Midi (…). La rivendette per acquistare, cinque anni fa, un riad nel cuore di Marrakech. Tutto era da rifare. Non esisteva acqua nè eletrricità. Oggi, è perfetto. Marrakech è la mia base per rilassarmi“.  Il riad apparteneva ad una nobile signora marrakchie ed era chiamato Dar Chrifa (casa della donna nobile, discendente del Profeta Maometto). Infatti il primo occupante di questo riad è stato il cadi Si Mustapha, uno dei quattro principali giudici di Marrakech, che aveva sposato una parente del sultano Hassan I, e da qui il titolo blasonato del riad. Dopo la morte, nel 1988, di Lalla Aïcha, una discendente di Si Mustapha, gli ereditieri decisero di separarsene. Un imprenditore ebreo marocchino lo acquistò un anno dopo, per la somma di 1,9 milioni di DH (167.000 euro c.ca). La proprietà comprendeva 8 camere, un salone e una cucina, oltre a due pati con giardino. Nel 1997, il riad venne acquistato da Laura Gomez, ex-moglie di Kylie Eastwood, figlio di Clint. Nel 2000 infine, Sinclair e DSK lo acquisirono. Secondo diversi rumors, Sinclair possiede nove decimi del riad. Prezzo della transazione: 5,5 milioni di DH (500.000 euro c.ca). Non si conosco le spese sostenute per il restauro, sicuramente tante, di fatto pero’ già solo visto dall’esterno questo Riad è sontuoso e affascinate nel suo mistero.

Fonte: My Amazighen

Beyond Skin, oltre la pelle c’è di più

This slideshow requires JavaScript.

Voglio iniziare questa settimana dedicando un post ad uno dei pochi marchi specializzati nella produzione di scarpe eco-compatibili, per dare una sferzata di autostima agli eco-nerd che passeranno di qui: essere glamour nel rispetto della natura è possibile, e con Beyond Skin è anche colorato e divertente!
Beyond Skin è un marchio inglese, nato nel 2011 dal profondo desiderio di poter finalmente dare vita ad una collezione di scarpe cruelty free piacevoli da indossare, belle e alla moda; l’obiettivo è stato raggiunto, ma ci sono voluti ben due anni per trovare la fabbrica giusta che garantisse standard qualitativi accettabili per l’anima vegan che giace dietro il progetto. Negli anni, non senza difficoltà, il marchio è cresciuto grazie anche ad un’ambasciatrice d’eccezione, Natalie Portman, che non ha mai nascosto di indossare solo accessori vegani. Ad oggi le scarpe Beyond Skin sono prodotte sotto il sole di Alicante, in Spagna, e vengono vendute in tutto il mondo, anche tramite il sito: appena avrò scelto un modello tra le tante tentazioni giuro che lo acquisterò e vi farò sapere se davvero si tratta di scarpe morbide e durature come le sorelle in pelle, anche se al momento non ho motivi per dubitarlo!

Fonte: Shoeplay